Incontri vocalici in fonosintassi

Spazio di discussione su questioni di fonetica, fonologia e ortoepia

Moderatore: Cruscanti

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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:
Infarinato ha scritto:Di norma, no. Anche se, come giustamente chiosa il Fiorelli nella nota 186, la prima parola (tronca) normalmente ritrae l’accento davanti alla seconda parola (accentata sulla prima sillaba: líberta útile), quest’ultima non perde né sposta mai il suo accento, ergo l’iato rimane.
Con di norma intende dire esclusa la poesia?
E il canto… ma questo ovviamente equivale a spostare l’accento della seconda parola, e l’effetto, se non appositamente ricercato per fini particolari, rischia di essere comico (oltre che di compromettere seriamente la comprensione dell’enunciato).
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ivan92 ha scritto:Come si sillaba Mario e Aurelio? ma-rioeau-re-lio?
Anche perché, in Allegroform, si può avere /ˌmarjauˈrɛljo/.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Infarinato ha scritto:E il canto… ma questo ovviamente equivale a spostare l’accento della seconda parola, e l’effetto, se non appositamente ricercato per fini particolari, rischia di essere comico (oltre che di compromettere seriamente la comprensione dell’enunciato).
La ringrazio. :)

Altri due semplici quesiti:

1- Non ricordo dove, ma ho letto da qualche parte che dopo una congiunzione come ma si ha solitamente dialefe. Mi chiedo: essendo ma una parola proclitica, non dovrebbe appoggiarsi alla parola che segue senza che si crei un iato?

2- Il Fiorelli porta a esempio la coppia di parole verdi alberi, composta d'una vocale asillabica e d'una accentata. Se pronuncio queste due parole, formo molto spontaneamente un dittongo: ver-dial-be-ri. Ora, il Fiorelli, poco più avanti, ci dice che è anche possibile formare un iato. Mi chiedo: non dovrebbe essere l'unico modo di pronunciare la coppia di parole in questione? Se mai mi sognerei di formare un dittongo pronunciando la parola riarmo, come mai mi viene spontaneo pronunciare verdi alberi senza che si formi un iato? Il fatto che le vocali appartengono a due parole diverse c'entra qualcosa? Cambia anche la nostra percezione?
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:Non ricordo dove, ma ho letto da qualche parte che dopo una congiunzione come ma si ha solitamente dialefe. Mi chiedo: essendo ma una parola proclitica, non dovrebbe appoggiarsi alla parola che segue senza che si crei un iato?
Appunto. Quando ritrova il passo incriminato, ne riparliamo. :P
Ivan92 ha scritto:Il Fiorelli porta a esempio la coppia di parole verdi alberi, composta d'una vocale asillabica e d'una accentata. Se pronuncio queste due parole, formo molto spontaneamente un dittongo: ver-dial-be-ri. Ora, il Fiorelli, poco più avanti, ci dice che è anche possibile formare un iato.
No, foneticamente parlando, si può solo formare un iato, essendo le due vocali separate da una differenza accentuale (l’accento di alberi [ˈalːbeɾi]), a meno che (e risiamo nel caso precedente) non si sposti innaturalmente l’accento.

Ciò che può piú realisticamente accadere è che, a ritmo [molto] allegro, la [i] finale di verdi diventi [j], nel qual caso, però, non si ha dittongo, ma la sequenza eterofonica [ja]. ;)
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Intervento di Ivan92 »

Infarinato ha scritto:Appunto. Quando ritrova il passo incriminato, ne riparliamo. :P
Trovato! :D È vero, dice un po' meno frequentemente, ma ciò non toglie che possa esserci dialefe...

Infarinato ha scritto:No, foneticamente parlando, si può solo formare un iato, essendo le due vocali separate da una differenza accentuale (l’accento di alberi [ˈalːbeɾi]), a meno che (e risiamo nel caso precedente) non si sposti innaturalmente l’accento.
Che dire allora del verso pascoliano (vo-ceal-ta)? Semplice licenza? A me non suona cosí innaturale.
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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:Trovato! :D È vero, dice un po' meno frequentemente, ma ciò non toglie che possa esserci dialefe...
La dialefe può esserci un po’ ovunque, ma questo non vuol dire che sia in alcun modo naturale e non sia invece sempre un artificio retorico: veda oltre.

La giustificazione per ma etc. è che queste congiunzioni possono essere spesso lette facendole seguire (piú o meno artificiosamente) da una pausa.
Ivan92 ha scritto:Che dire allora del verso pascoliano (vo-ceal-ta)? Semplice licenza? A me non suona cosí innaturale.
Sí, è una licenza poetica. A Lei non sembra cosí innaturale perché molto probabilmente non fa realmente sentire la sinalefe quando legge. :P Per farla sentire davvero, deve infatti spostare l’accento di alta dalla prima alla seconda sillaba… Le sembra sempre naturale ora? ;)

(Un modo assai piú naturale di rendere la sinalefe è di elidere la [e] di voce.)

La rimando a un mio vecchio intervento.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Carnby ha scritto:
Ivan92 ha scritto:Come si sillaba Mario e Aurelio? ma-rioeau-re-lio?
Anche perché, in Allegroform, si può avere /ˌmarjauˈrɛljo/.
Forse troppo allegro :-), così sembra Mario Aurelio. Mi pare più probabile /ˌmarje̯auˈrɛljo/.

ma-rioeau-re-lio mi pare ai limiti della pronunciabilità. Ha una progressione di approssimanti appena accettabile, ma mi pare che lì in mezzo alcuni suoni tendano a fondersi in altri meno definiti.
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Ivan92 ha scritto:Con di norma intende dire esclusa la poesia? Nel parlato è sicuramente difficile formare un dittongo se le due vocali sono ambedue accentate. Ma in poesia la coppia vocalica di cui sopra non potrebbe far parte della stessa sillaba?
Di per sé, un dittongo in libertà utile è articolabilissimo... il problema è che sembra di dire una cosa che non c'entra niente con l'espressione originale.

La poesia (e il canto, aggiunge giustamente Infarinato) sono fatti per essere pronunciati, quindi sono legati in maniera stretta al parlato e non possono allontanarsi più di tanto da esso [1].

Per quanto riguarda il canto, il mio orecchio e le sue statistiche spannometriche dicono che uno iato (presente nel parlato) viene lasciato intatto [2]. Fanno eccezione alcune sequenze con /u/ che passano a /w/, ma forse si tratta di casi che potrebbero essere già presenti in un parlato molto veloce.

Esempio: casuale

Però non ricordo casi di fusione in situazioni analoghe a libertà utile: sembra che i cantautori non siano tentati di fare questa violenza alla lingua.

[1] La sillabazione tradizionale può permettersi questo lusso, perché serve solo per spezzare le parole quando si va a capo. ;-)

[2] Vale invece l'inverso: che una sillaba (anche semplice, monofonematica) venga cantata su più note è comunissimo.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Vi ringrazio. :)

P.S. Ma alla luce di quel che s'è detto non si dovrebbe riconsiderare il verso del nostro GFR? Mi sembra che il discorso fatto per verdi alberi valga anche per ultima ora, ché la a di ultima e la o di ora sono separate da una differenza accentuale. Sì, è vero: l'elisione di ultima davanti a ora è normale, ma ciò non significa che sia obbligatoria... O forse sì? :)
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Riconsiderarla in che maniera, di preciso? Intendo, con quale realizzazione?

L'elisione lascia una sola vocale, mi pare quindi banale il risultato (una sola sillaba).
E' più interessante capire cosa può venir fuori se non si elide.

In generale, penso che tra la coda di un aggettivo e la testa di un sostantivo sia l'ultima a rimanere più integra.
E salta fuori un'asimmetria: in verdi alberi la coda di verdi si attenua facilmente con il passaggio /i/ -> /j/. Nell'altro caso, /a/ non riesce a fungere da approssimante per /o/ e quindi una sequenza tautosillabica delle due finisce per essere il dittongo /ao/ che troviamo in Paolo.
Dittongo in cui /a/ è più forte di /o/, e che quindi va a attenuare la testa di ora piuttosto che la coda di ultima.

Una domanda: solo a me suona malissimo ultimàora?
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Carnby
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Intervento di Carnby »

valerio_vanni ha scritto:Nell'altro caso, /a/ non riesce a fungere da approssimante per /o/ .
In realtà anche /a/ può (almeno in teoria) passare ad approssimante (semi-prevelare). Canepari usa un suo simbolo (cambiato nelle edizioni successive dei suoi volumi) che in AFI ufficiale si può trascrivere con [j̈˕̱].
valerio_vanni ha scritto:quindi una sequenza tautosillabica delle due finisce per essere il dittongo /ao/ che troviamo in Paolo
Anche qui, /ao/ può essere dittongo o ïato, secondo la grammatica tradizionale (che però è troppo rigida), anche se foneticamente tende a essere tautosillabico (sotto l'aspetto morfofonologico forse è meglio considerarlo appartenente a due sillabe distinte).
valerio_vanni ha scritto:Una domanda: solo a me suona malissimo ultimàora?
Anche a me. :)
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Carnby ha scritto:
valerio_vanni ha scritto:Nell'altro caso, /a/ non riesce a fungere da approssimante per /o/ .
In realtà anche /a/ può (almeno in teoria) passare ad approssimante (semi-prevelare). Canepari usa un suo simbolo (cambiato nelle edizioni successive dei suoi volumi) che in AFI ufficiale si può trascrivere con [j̈˕̱].
Di questo mi piacerebbe sentire l'audio.
In particolare sentire una sequenza /a/ /o/ che possa fluire al pari di /i/ /a/ , /e/ /a/ etc.
Mi pare inarticolabile... non è da escludere che sia un mio limite, ovviamente.
valerio_vanni ha scritto:quindi una sequenza tautosillabica delle due finisce per essere il dittongo /ao/ che troviamo in Paolo
Anche qui, /ao/ può essere dittongo o ïato, secondo la grammatica tradizionale (che però è troppo rigida), anche se foneticamente tende a essere tautosillabico (sotto l'aspetto morfofonologico forse è meglio considerarlo appartenente a due sillabe distinte).
Mi pare che secondo la grammatica tradizionale /ao/ possa essere solo iato.
Con tutte le contraddizioni che ne conseguono, e di cui ogni tanto parliamo :-)

Ma, a dire il vero, non prendevo minimamente in considerazione la grammatica tradizionale.
valerio_vanni ha scritto:Una domanda: solo a me suona malissimo ultimàora?
Anche a me. :)
Se si riuscisse a realizzare la sequenza di cui si parlava (e che non mi pare fattibile: /a/ approssimante, /o/ nucleo di sillaba, niente iato) potrebbe anche piacermi.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

valerio_vanni ha scritto:Riconsiderarla in che maniera, di preciso? Intendo, con quale realizzazione?
Mi spiego meglio: se l'elisione di ultima davanti a ora è obbligatoria, l'ultima ora è un quaternario e l'intero verso è un endecasillabo. A me però non sembra che vi sia l'impellente necessità d'elidere la vocale di ultima. In poche parole: mi suonano bene sia ultim'ora sia ultima ora. Per converso, non direi mai *lo albero, ma soltanto l'albero. Intendevo semplicemente dire che se l'autore decide di scrivere ultima ora, per me è un quinario. L'elisione è sempre possibile, certo, ma non la ritengo obbligatoria.
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