Presente storico

Spazio di discussione su questioni che non rientrano nelle altre categorie, o che ne coinvolgono piú d’una

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
Federico
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Presente storico

Intervento di Federico »

Recentemente ho appreso che il presente storico è proprio di uno stile sciatto, e soppianta il passato remoto nello stile meno sorvegliato per via dell'influenza della prosa giornalistica, spazzatura per eccellenza. Di conseguenza il passato remoto è "antiquato" rispetto al presente storico, ma anche piú elegante e da "bello scrivere".

Devo dire che tutto ciò non mi trova molto concorde, e anche Serianni mi pare non la pensi cosí:
Serianni, Grammatica italiana, XI.372d ha scritto:Presente storico - Può considerarsi l'inverso del presente pro futuro e consiste nell'uso del presente per fatti collocati nel passato. Frequente nella prosa descrittiva, storica, fiabesca, ma ben rappresentato anche nella lingua orale, il presente storico è stato variamente interpretato. Qui basterà osservare che la sua funzione essenziale è quella di "drammatizzare" il narrato, coinvolgendovi il lettore o l'ascoltatore; "con metafora tecnologica, si potrebbe dire che il presente storico rappresenta l'equivalente, per certi versi, dell'effetto zoom delle riprese filmiche" (Bertinetto 1986). [Seguono esempi di Spini, Manzoni e altri.]
Eppure i miei interlocutori rimangono fermi sulle proprie posizioni, imperturbabili. Mi viene il dubbio di avere torto, perciò mi rivolgo a voi: che ne pensate?
Brazilian dude
Moderatore «Dialetti»
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Intervento di Brazilian dude »

Il presente storico esiste in tutte le lingue che mi sono familiari.

Brazilian dude
Ladim
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Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Nella penna di chi sa il fatto suo, il «presente storico» vale quanto qualsiasi altro tempo verbale. Tutto sta nel valutare l'opportunità della strategia discorsiva: per il giornalismo, e cioè la cronaca, la 'drammatizzazione' aiuta a coinvolgere il lettore; la relativa semplicità e frequenza d'uso del «presente», a non costringere ancora lo stesso lettore a confrontarsi con tempi verbali sentiti meno familiari (specie il «passato remoto»): l'alta 'esposizione' giornalistica, in questo caso, potrebbe sì far pensare a una qualificazione d'uso, suggerendo quindi un'immotivata 'squalificazione' stilistica; ma per chi è 'avvertito', l'«appropriatezza» testuale resterebbe sempre e comunque l'unico principio ordinatore.
Avatara utente
Federico
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Intervento di Federico »

Grazie Ladim, il suo parere mi conforta: coincide esattamente col mio.
Uri Burton
Interventi: 235
Iscritto in data: mar, 28 dic 2004 6:54

PRESENTE STORICO

Intervento di Uri Burton »

Federico e Ladim, per il presente storico e altri usi consimili del presente leggetevi (se non l’avete già letto) Tempi verbali e narrativa italiana dell’Otto/Novecento di Pier Marco Bertinetto (2003: Edizioni dell’Orso). Io l'ho trovato molto interessante.
Cordialmente,
Uri Burton
Avatara utente
Federico
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Iscritto in data: mer, 19 ott 2005 16:04
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Intervento di Federico »

Grazie mille. Spero non sia troppo difficile da trovare...
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
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Re: Presente storico

Intervento di Marco1971 »

Federico ha scritto:Eppure i miei interlocutori rimangono fermi sulle proprie posizioni, imperturbabili. Mi viene il dubbio di avere torto, perciò mi rivolgo a voi: che ne pensate?
Ladim ha già risposto in maniera inappuntabile e completa: nulla da aggiungere, se non che, forse, i suoi interlocutori, con tale pervicacia, tradiscono la loro poca dimestichezza con la nostra migliore letteratura...
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Federico
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Re: Presente storico

Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:
Federico ha scritto:Eppure i miei interlocutori rimangono fermi sulle proprie posizioni, imperturbabili. Mi viene il dubbio di avere torto, perciò mi rivolgo a voi: che ne pensate?
Ladim ha già risposto in maniera inappuntabile e completa: nulla da aggiungere, se non che, forse, i suoi interlocutori, con tale pervicacia, tradiscono la loro poca dimestichezza con la nostra migliore letteratura...
Come si dice in questi casi? Hanno tante altre qualità...
Di certo un po' di modestia non farebbe male. Ma sicuramente ho sbagliato anch'io nel presentare la questione.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Veramente non so chi siano i suoi interlocutori (siccome lei non l’ha precisato), ho dato per iscontato che non fossero insegnanti (o fini conoscitori) di lingua e letteratura, ma posso ovviamente sbagliarmi. Mi dispiace di essere parso immodesto. Non di cenere, ma di cera il capo mi cospargo. :D
Avatara utente
Federico
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Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:Veramente non so chi siano i suoi interlocutori (siccome lei non l’ha precisato), ho dato per iscontato che non fossero insegnanti (o fini conoscitori) di lingua e letteratura, ma posso ovviamente sbagliarmi. Mi dispiace di essere parso immodesto. Non di cenere, ma di cera il capo mi cospargo. :D
No, dicevo che loro potrebbero essere piú modesti!
Cioè potrebbero evitare di lanciare simili anatemi grammaticali, cosa imprudente di per sé ma ancor piú per i non linguisti...

P.s.: anch'io ho avuto la tentazione di essere tremendamente immodesto e "gridar" loro che sono degli zotici ignoranti, ma mi sono trattenuto. :D
P.p.s.: gli interlocutori sono dei wikipediani... Tremendamente irragionevoli, talvolta (se si è sfortunati).
Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Ho dato una rapida occhiata alla discussione cui rimanda Federico. E oltre a confermarmi nell’idea che la pecca d’internet resta la dispersione, ovvero l’incontrollata verbosità – che a me, a volte, pare quasi peggio, se non pari al silenzio assoluto –, noto quanto sia diffuso un certo dilettantismo, pregevole e comunque ottimo se consapevole, meno utile quando si presenta vestito di sedicente competenza. Sotto questo rispetto sarebbe vivamente consigliabile far muovere sempre le proprie considerazione da quelle di chi, auspicabilmente, ne sa più di noi; ecco perché Federico sarebbe nel giusto anche solo per aver ricordato l’autorevole parere di Serianni.

Ma penso, in specie, all’esempio di Cesare e alla considerazione sulla temporalizzazione e sulla valenza aspettuale della sua nascita – per cui il «presente» sarebbe ‘inadatto’ da un punto di vista ‘logico’, e dallo stesso punto di vista l’«antiquato passato remoto» più appropriato (tra l’altro, preciserei sùbito che non esisterebbe alcun uso «antiquato» del «passato remoto»). Un primo suggerimento, allora, equivarrebbe a spostare l’attenzione dall’ambito ‘logico’ (non pertinente per respingere l’uso del «presente storico» in un contesto enciclopedico – per cui sarebbe ad ogni modo consigliabile il «passato remoto») a quello ‘pragmatico’, ovvero a quello testuale inteso soprattutto dai punti di vista dell’«efficienza» e della «effettività». In poche parole, il «presente storico» verrebbe adottato solo ed esclusivamente là dove si ritiene necessario «attualizzare» i fatti, cioè a dire ad accordare maggiore efficacia a una particolare forma di narrazione (cfr. anche la «drammatizzazione»). L’atteggiamento auspicato nella persona del lettore da parte di chi scrive costituirebbe l’elemento discriminante, suggerendo in ultimo l’adozione di questo o di quel tempo verbale. Chi legge una voce enciclopedica non si attende alcuna drammatizzazione, anzi: ciò che si aspetta è un comportamento discorsivo misurato e per certi versi distaccato, in quattro parole: ‘il più possibile oggettivo’ (questo perché oggi la letteratura scientifica implica appunto un siffatto atteggiamento da parte del ricercatore-compilatore). Il «passato remoto», suggerendo stilisticamente la consapevolezza di un distacco cronologico, aiuta a collocare l’enunciazione in un preciso quadro storico, in un riferimento che muove dall’oggi per osservare con scrupolo il passato. Diversamente, il «presente», se «storico», punterebbe sull’emotività del lettore etc. L’errore di un uso enciclopedico del «presente storico» risiederebbe proprio in questo: nella sua mancata convenienza, o per usare una categoria più che secolare, in una qualche ignoranza delle regole riconducibili all’aptum.

Quindi, per rovesciare il discorso a vantaggio del «presente», logicamente errato sarebbe dire «*uno più uno faceva due»; ma qui (ovvero in «uno più uno fa due») non si tratterebbe comunque di «presente storico»…

In più, di passaggio, sempre pensando alla discussione dell’altro forum, ricorderei che in alcuni casi la «doppia negazione», in italiano, si è «grammaticalizzata» ormai da tempo (una negazione rafforza l’altra), e per tanto è corretta (chi volesse divertirsi un po’, forse, potrebbe leggersi allora la parte finale di un pregevolissimo racconto gaddiano, Accoppiamenti giudiziosi, in cui si discute funambolicamente la scelta foscoliana, comunque corretta, di «Né più mai toccherò le sacre sponde»).
Avatara utente
Federico
Interventi: 3008
Iscritto in data: mer, 19 ott 2005 16:04
Località: Milano

Intervento di Federico »

Grazie, Ladim, per il suo intervento: temevo che questa discussione fosse già terminata.

Credo che lei abbia centrato il punto della questione (mentre lí si è parlato di aria fritta, come dicevo).
Sulla questione della «drammatizzazione», mi chiedevo anch'io se in realtà loro subodorassero questo problema e si giustificassero poi impropriamente su un altro piano.
Secondo me non è di per sé un male, anche se comunque non è un effetto scontato del presente storico, che può anche essere molto discreto: dipende da come lo si usa. Ma se il contesto è partigiano, il passato remoto non serve a dare oggettività alla trattazione.

Comunque il fatto è che spostandosi dal piano dell'errore (logico) assoluto a quello del "disdicevole" non si può piú stabilire una regola cosí precisa e netta. In effetti si può fare molto raramente in campi grammaticali che non siano la morfologia, mi sembra.
Ladim
Interventi: 216
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Federico ha scritto: Ma se il contesto è partigiano, il passato remoto non serve a dare oggettività alla trattazione.
Però – forse – l'effetto, sui più 'deboli', potrebbe essere proprio quello d'indurre a ritenere 'oggettivo' ciò che non lo è (per restare all'emotività del lettore, pensi al caso letterario ultimamente in voga [di cui taccio, per verecondia, nome e titolo]: facendo le dovute e monumentali distinzioni, nemmeno Manzoni avrebbe potuto sperare di ottenere, attraverso 'lo' strumento letterario, una tale adesione da parte del suo lettore. Ma pensi anche all'entimema, che condizionerebbe la ricezione proprio attraverso un'implicazione – il più delle volte – del tutto opinabile).

Comunque, il problema sarebbe puramente 'formale', quindi convenzionale, situazionale, contestuale. Lei potrebbe decidere, poniamo, di riscrivere la storia della Milano del 1859, proponendo un'interpretazione dei fatti in certo modo rivoluzionaria, adoperando tranquillamente il «presente storico». Poi, starebbe al Suo uditorio decidere se la scelta è appropriata o meno (ma se si tratta di un uditorio 'informato', sotto questo rispetto, il giudizio cadrebbe ad ogni modo sulla forma, non sul contenuto, che potrebbe essere comunque pertinente e accettabile, infine 'oggettivo' – si intenda, per «oggettivo», 'auspicabilmente e onestamente oggettivo' etc.). Quando comunichiamo, dovremmo sempre (platonicamente) pensare al nostro destinatario, alle convenzioni (alle «regole», mai irreggimentate una volta per tutte) che gestiscono lo scambio comunicativo (qui l'uso del «passato remoto» avrebbe sì orientativamente una pertinenza di natura diafasica-diamesica; ciò non toglie che gli storici decidano, di tanto in tanto – e meno male! –, di condire la propria esposizione con alcuni aneddoti proposti al «presente» etc.).
Avatara utente
Federico
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Iscritto in data: mer, 19 ott 2005 16:04
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Intervento di Federico »

Ladim ha scritto:Però – forse – l'effetto, sui più 'deboli', potrebbe essere proprio quello d'indurre a ritenere 'oggettivo' ciò che non lo è
Sinceramente non comprendo perché. L'unica cosa che si può dire – mi sembra – è che il passato remoto, al contrario del presente storico, confina l'evento nel passato, lo qualifica come inevitabilmente altro, lo allontana da noi e ci permette cosí di analizzarlo meglio nel suo contesto: riagganciandosi all'esempio riportato da Serianni, allarga l'immagine invece che concentrarsi su un dettaglio alla volta. Il presente storico invece ha come obiettivo ed effetto (anche) la drammatizzazione, che è il contrario dell'analisi razionale, ragionevole e ponderata degli eventi. Inoltre tende ad accelerare la narrazione, dando cosí meno tempo per riflettere.
Queste però sono pure astrazioni, sono caratteristiche tendenziali e non automaticamente tanto nette.
In ogni caso, si può al massimo dire che tendenzialmente il presente storico non è adatto a una presentazione scientifica dei fatti e delle opinioni; per questo una qualunque trattazione storica interamente al presente storico sarebbe ben strana.
Non è però detto che concentrandosi su dei dettagli e accelerando la narrazione si perda di vista il contesto e ci si abbandoni all'emotività. Anche perché comunque, se pure si descrive un fatto al presente storico, restano dei commenti estranei alla narrazione che non per niente hanno come riferimento temporale il presente reale (né potrebbe essere altrimenti): «si pensa [nel XXI sec.] che volesse [allora]», ma anche «in questo modo si accingeva» o «sarebbe poi successo che» ecc. Queste interruzioni si potrebbero quasi definire metateatrali.
Insomma, secondo me per usare il presente storico in modo fuorviante bisogna che lo scrittore sia molto abile: ma allora non sarebbe certo il passato remoto a salvare il lettore sprovveduto.

Invece, il presente storico presenta dei notevolissimi vantaggi non solo in quanto può permettere di coinvolgere maggioramente il lettore (che non è mai un male: non vedo perchè un testo serio debba essere noioso – come alcuni credono –), ma anche per le non trascurabili semplificazioni di consecutio temporum che permette, specialmente se i fatti sono molto concitati (ed è prevalentemente in questi casi che si usa il presente storico): basti pensare alla possibilità di usare il passato prossimo e l'imperfetto, che in una narrazione al passato remoto sono impossibili, o all'imperfetto; ma non è una brutta cosa neanche poter fare a meno del condizionale composto per la posteriorità (per non parlare poi del trapassato congiuntivo!).
Ladim
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Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 14:36

Intervento di Ladim »

Per non ripetere ancora il ripetuto, ricorderei soltanto che all'interno di uno stesso testo possono sussistere diverse istanze enunciative, specie in un «testo pragmatico» quale quello storico: enunciati descrittivi si accompagnano a quelli argomentativi, espositivi, infine narrativi; va da sé che il «presente storico» interesserebbe soltanto questi ultimi. In più, preferibilmente, non si dà una narrazione interamente al «passato remoto» (a meno che non si voglia dar forma a un ircocervo testuale): la dimensione aspettuale consiglierebbe via via l'uso del «perfetto» o dell'«imperfetto».

In ultimo, in italiano, per esprimere il futuro nel passato è possibile ricorrere esclusivamente al «condizionale composto» – rinunciarvi equivarrebbe a immiserire un aspetto fondamentale della matrice cognitiva che coordina le percezioni temporali.
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