Non lo dica a me: quante volte correggo quest'errore. Mi riferivo esclusivamente al contesto di una narrazione al presente storico.Ladim ha scritto:In ultimo, in italiano, per esprimere il futuro nel passato è possibile ricorrere esclusivamente al «condizionale composto» – rinunciarvi equivarrebbe a immiserire un aspetto fondamentale della matrice cognitiva che coordina le percezioni temporali.
Presente storico
Moderatore: Cruscanti
Non avrei mai pensato, caro Federico, che lei potesse avere qualche dubbio con il «condizionale composto»: in questo caso, diversamente, mi riferivo proprio alle strutture cognitive temporali, ovvero – in poche parole – a ciò che può arricchire la narrazione, senza peraltro renderla «noiosa» (semmai, è il modo in cui si sfruttano le risorse della lingua che può rendere noiosa una scrittura, al presente come al passato, e non le risorse stesse etc.), coordinando con rigore il momento dell'enunciazione con quello degli eventi narrati...
Piuttosto, avrei sentito non troppo debole l'ipotesi (da verificare comunque) che a una presentazione dei fatti al «presente storico» possa seguire l'esigenza di una più o meno serrata sequenza 'argomentativa'. Ovvero, dopo aver 'attualizzato' una successione di eventi storici (attraverso il «presente»), si passerebbe preferibilmente a una sezione testuale più propriamente esplicativo-interpretativa. Ho dato un'occhiata ad alcuni 'saggi' (più o meno divulgativi), e pare che sia una strategia discorsiva abbastanza diffusa — Sergio Valzania, ad esempio, nel secondo capitolo di un suo Jutland (Mondadori), romanzescamente intitolato «La prima cannonata», dapprima stende tre commi al «presente storico»:
1. Poco dopo le 14 del 13 maggio 1916 il viceammiraglio David Beatty ordina alle unità della sua squadra di cambiare rotta...;
2. Sotto il suo comando si trovano sei incrociatori...;
3. Gli ordini impartiti a Beatty stabiliscono che...
dopodiché, con il quarto comma, non più narrativo, assegna al proprio periodare un carattere appunto esplicativo-interpretativo – e qui, ovviamente, il 'tempo presente' rimanda al momento dell'enunciazione:
4. La ragione di questi complicati appuntamenti in alto mare stava nel fatto che la corsa agli armamenti...
etc.
Piuttosto, avrei sentito non troppo debole l'ipotesi (da verificare comunque) che a una presentazione dei fatti al «presente storico» possa seguire l'esigenza di una più o meno serrata sequenza 'argomentativa'. Ovvero, dopo aver 'attualizzato' una successione di eventi storici (attraverso il «presente»), si passerebbe preferibilmente a una sezione testuale più propriamente esplicativo-interpretativa. Ho dato un'occhiata ad alcuni 'saggi' (più o meno divulgativi), e pare che sia una strategia discorsiva abbastanza diffusa — Sergio Valzania, ad esempio, nel secondo capitolo di un suo Jutland (Mondadori), romanzescamente intitolato «La prima cannonata», dapprima stende tre commi al «presente storico»:
1. Poco dopo le 14 del 13 maggio 1916 il viceammiraglio David Beatty ordina alle unità della sua squadra di cambiare rotta...;
2. Sotto il suo comando si trovano sei incrociatori...;
3. Gli ordini impartiti a Beatty stabiliscono che...
dopodiché, con il quarto comma, non più narrativo, assegna al proprio periodare un carattere appunto esplicativo-interpretativo – e qui, ovviamente, il 'tempo presente' rimanda al momento dell'enunciazione:
4. La ragione di questi complicati appuntamenti in alto mare stava nel fatto che la corsa agli armamenti...
etc.
Eppure vedo che l'uso dell'indicativo futuro per indicare la posteriorità in una narrazione al passato è registrato nella Grammatica di Serianni, col nome di "futuro retrospettivo" – però è associato al presente pro futuro, classificato come colloquiale.Ladim ha scritto:Non avrei mai pensato, caro Federico, che lei potesse avere qualche dubbio con il «condizionale composto» [...]
Debole? Non credo affatto che lo sia. Infatti (se non ho frainteso) è quello che avevo detto (cercato di dire) due messaggi fa:Ladim ha scritto:Piuttosto, avrei sentito non troppo debole l'ipotesi (da verificare comunque) che a una presentazione dei fatti al «presente storico» possa seguire l'esigenza di una più o meno serrata sequenza 'argomentativa'.
Questi commenti possono essere miscelati diversamente colla narrazione. Quando sono un'estesa analisi dei fatti, mi sembra inevitabile che acquistino una certa autonomia (nuovo capoverso/paragrafo) e siano interamente al "tempo reale". E in generale, separare nettamente il momento narrativo (al presente storico) da quello di commento (al tempo reale) può essere necessario o comunque positivo in quanto risparmia troppo repentini e frequenti cambiamenti di riferimento temporale.Federico ha scritto:se pure si descrive un fatto al presente storico, restano dei commenti estranei alla narrazione che non per niente hanno come riferimento temporale il presente reale (né potrebbe essere altrimenti).
Al di là della marca 'colloquiale' del «futuro retrospettivo» (non ho con me il Serianni, e quindi mi rimetto a quello che mi dice lei) etc., l'uso del «presente» per il «passato» richiede, tra coloro che partecipano alla comunicazione, una peculiare «rinegoziazione» funzionale del tempo verbale: chi legge sa quindi che al «presente» della narrazione corrisponde momentaneamente, e retoricamente, il «presente» della lettura (e così si spiegherebbe il principio 'attualizzante' e, più in generale, anche la nostra 'drammatizzazione' etc.): in questo caso, però, il futuro nel passato (reso attraverso l'indicativo) sarebbe (ancorché perspicuo) puramente mimetico, non crono-logico etc.
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