Istat, l'uso della lingua italiana e dei dialetti in Italia

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Millermann
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Istat, l'uso della lingua italiana e dei dialetti in Italia

Intervento di Millermann »

Conoscevo già il rapporto Istat sull'uso dei dialetti relativo all'anno 2006, non abbastanza attuale da discuterne in questa sede.
Ora ho finalmente trovato la versione aggiornata al 2012, e ho subito pensato di proporvela.

Si tratta di una pubblicazione di 13 pagine che forse qualcuno di voi conoscerà già, dato che risale a un paio d'anni fa.

È interessante perché presenta numerosi dati statistici sull'uso della lingua italiana, dei dialetti e anche sulla conoscenza delle lingue straniere nel nostro paese. :)

I dati tengono conto del contesto relazionale, e sono presentati per classi d'età, aree geografiche, tipologie di comuni, occupazione e altro ancora. Vi è anche il confronto con le rilevazioni precedenti, a partire dal 1995, che evidenzia le tendenze.

Da questo confronto, in particolare (Prospetto 1 di pag. 2), non ho potuto fare a meno di notare come la tendenza alla diminuzione dell'uso del dialetto si sia accentuata dal 2006 in poi!

In particolare sembra trovare conferma il fatto che tra i giovani il dialetto non goda piú di grande popolarità, e resti relegato a ruoli sempre piú marginali, nonostante i recenti tentativi di rilancio (vedi la diffusione di siti in vernacolo) provenienti in gran parte proprio dai giovani.

Mi piacerebbe leggere le vostre considerazioni su questi dati, in particolare su quelli che vi sembrano piú significativi. :)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

La ringrazio, caro Millermann, dell’interessante documento. Il dato che piú mi colpisce (e rattrista) è il declino del dialetto in famiglia. Se perde la dimensione famigliare, il dialetto è destinato a una rapida estinzione, purtroppo.

Significativo è l’anno a partire dal quale è incominciato il declino. Tra il 2006 e il 2012 sono accaduti due fatti importanti: l’affermazione delle reti sociali come strumenti di comunicazione quotidiana; la diffusione dei telefonini intelligenti, che permettono un uso ininterrotto delle suddette reti sociali.

Insomma, si può dire che il Prosopologo (©Infarinato) e compagnia bella, complici smartofoni e altri ammennicoli, hanno completato l’opera iniziata dalla televisone, unificando ancor di piú l’Italia sotto l’aspetto linguistico e dando un’altra mazzata all’uso del dialetto, già in ambasce.

Noto infine un’altro dato:
  • L’uso dell’italiano con gli estranei si dimostra nel 2012 prevalente in tutte le ripartizioni geografiche: lo usa il 92,5% dei residenti del Nord-Ovest, il 79% degli abitanti del Nord-Est, il 92% di quelli del Centro e il 77,8% di coloro che vivono al Sud e nelle Isole.
Nordeste e Meridione sono uniti da un piú forte attaccamento al dialetto rispetto alle altre aree d’Italia, situazione che è ben descritta dalla percentuale di persone che si rivolgono agli estranei nel proprio vernacolo. Stando a questi dati, in Veneto una persona su cinque si rivolgerebbe a un toscano, un marchigiano o un romano nella sua lingua natía. Nel mio piccolo, posso confermare che è piú o meno cosí.
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Millermann
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Intervento di Millermann »

Grazie a lei del suo commento, caro Ferdinand! :)
Mi ha pienamente convinto la sua teoria sui motivi che stanno determinando il declino dei dialetti specie a partire dal 2006.
Ferdinand Bardamu ha scritto:Stando a questi dati, in Veneto una persona su cinque si rivolgerebbe a un toscano, un marchigiano o un romano nella sua lingua natía. Nel mio piccolo, posso confermare che è piú o meno cosí.
Forse qui esagera un pochino... estranei non significa necessariamente estraregionali: lo sono anche coloro che provengono dalla città vicina! ;)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ha ragione: ho esagerato, e non poco. :oops: In ogni caso, mi è capitato di sentire gente (non necessariamente anziani) cercare di parlare in dialetto persino con «estraregionali».
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Stando a questi dati, in Veneto una persona su cinque si rivolgerebbe a un toscano, un marchigiano o un romano nella sua lingua natía. Nel mio piccolo, posso confermare che è piú o meno cosí.
A me è successo, con una donna veneta. Ma so cosa significano tosa, canseo ecc. Il problema semmai dei veneti è che discorrono troppo veloce. :)
A Trieste (città venetofona) nessuno parlava dialetto, anzi mi è sembrato un italiano piuttosto corretto con qualche parola locale (mulo per ‘ragazzo’, nero per ‘caffè espresso’ ecc.). Sono stato di recente a Ferrara, dove ho trovato una bottiglia con una simpatica massima veneta (sebbene il frarés locale, che parlano davvero in pochi, sia un dialetto emiliano): «El sapiente el sa poco, l'ignorante el sa massa, el mona el sa tuto». A parte quel massa (presumo voglia dire ‘parecchio’), il significato è più che chiaro. :)
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Sí, è una massima diffusa da noi, o almeno da me. Massa (o masa) vuol dire «troppo». :)
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Sixie
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Intervento di Sixie »

Avanti di questo passo, in un paio d'anni non si parlerà più dialetto in Italia e tanto meno in Veneto. :(
Ho delle riserve su quanto riportato dall'indagine, in parte basate sulla mia esperienza professionale e di vita e confermate da un paio di documenti che vorrei sottoporre alla vostra attenzione: l'ultimo, in ordine di tempo, del 2016 dal titolo emblematico Il dialetto resiste: è la lingua di famiglia e il primo, risalente al 2008, con una introduzione di Gianna Marcato, intitolata Il dialetto rimane la lingua del Nord Est.
Allora, questa lingua-dialetto, rimane o scompare? Speriamo rimanga, almeno in famiglia, e con gli amici. Con i foresti useremo altre lingue o lingue altre, con livelli di competenza più o meno avanzati rispetto alla prima lingua. :D
We see things not as they are, but as we are. L. Rosten
Vediamo le cose non come sono, ma come siamo.
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Io sono per il plurilinguismo: nessuno ha mai detto che si debba parlare un solo idioma. Dialetto o vernacolo (perché il toscano non è un dialetto eh! 8)) con gli amici e italiano a scuola o sul posto di lavoro (e possibilmente una buona conoscenza di inglese, francese e tedesco).
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