Quando usare «…» e quando il corsivo

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draco37
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Quando usare «…» e quando il corsivo

Intervento di draco37 »

Buona sera gentili signori, avrei una domanda da porvi.
Se volessi enfatizzare un'espressione, o ascriverla quale modo di dire bizzarro, quale sarebbe il criterio giusta al quale scegliere tra i simboli << >> e il corsivo?
Lo ammetto; finora ho sempre fatto un po' a naso [non cavandone un ragno dal buco], cosicché ora vorrei chiedervi quali sono le vostre considerazioni al riguardo.
Per fare un esempio, riporto la frase dalla quale m'è sorto il dubbio:

"Sin da prima che dilagasse la corsa all’Internet, le imprese avevano già tentato diversi espedienti per penetrare la soglia d’attenzione, uno dei più efficaci tra i quali era la stimolazione della paura".

Per l'espressione in grassetto, è preferibile l'uso del corsivo o dei simboli <<>>?
Provo a contestualizzare. Ho tratto la frase suindicata dall'introduzione della mia tesi di laurea, che titola così: "Fear Arousal in Commercial Advertising: the optimal level to not impact with people's defensive responses" ("La stimolazione della Paura in pubblicità commerciali: il livello ottimale per non collidere con le risposte difensive delle persone"). La metafora [decadentista] vuole riprendere il discorso, espresso poc'anzi nel testo, secondo cui oggigiorno Internet è la miniera dei guadagni del XXI secolo.
Grazie a chiunque vorrà rispondermi.

Post Scriptum: Titolo ancora in fase di FORTE revisione.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Non saprei darle un'indicazione ragionata, ma forse può esserle utile questo consiglio a margine: per inserire le virgolette basse ("caporali") basta digitare, tenendo premuto il tasto ALT, 174 («) e 175 (»).
Lo dico perché mi pare che lei si sia arrangiato con i simboli di maggiore e minore. :wink:

Un altro consiglio non richiesto: visto che il titolo è ancora in fase di revisione, io lo metterei in italiano e poi, eventualmente, fornirei tra parentesi la traduzione in quell'altra lingua. Per non "collidere con le risposte difensive" (o, più probabilmente, offensive) dei Cruscanti. Ri :wink:
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
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marcocurreli
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Intervento di marcocurreli »

Io userei le classiche "virgolette".
domna charola
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Intervento di domna charola »

Essendo una tesi di laurea, di solito ci si attiene (cioè, ci si deve attenere...) comunque a quello che alla fine vuole il relatore...
Al di là delle battute, in effetti ogni ambito disciplinare ha le sue "regole tipografiche", spesso puramente convenzionali ma condivise, a cui difficilmente rinuncia, proprio perché convenzionali quindi è indimostrabile chi abbia ragione.
Tanto per fare un esempio eclatante: da geologo, dopo anni di pubblicazioni ufficiali di geologia, ovviamente seguendo tutte le sacre regole, mi son trovata, nella tesi di laurea triennale di facoltà umanistica a imparare nuovamente "come si scrive" la bibliografia, perché le norme correnti nei due settori sono totalmente diverse.

"Di solito" (con le virgolette per quanto detto sopra), il corsivo viene usato per le parole straniere, e questa è norma che mi pare tutti rispettino e tutte le case editrici serie pretendono. Inoltre viene richiesto - a volte - per la citazione di un intero brano, sia pur breve, di un'opera già esistente, anziché le virgolette.
Con le virgolette invece si usano racchiudere le espressioni gergali, personali, colorite etc., ovvero tutti quei modi non ortodossi ma che rendono l'idea, e che poi magari vengono chiariti nel testo (e però per i quali la dicitura informale resta più trasparente e immediata di tutta la successiva spiegazione).
In questo senso, la sua frase per me sarebbe un tipico esempio da virgolette.
Ripeto... secondo le norme tipografiche che ho incontrato sinora. Poi, però, veda cosa si usa nella sua facoltà. Nel senso che sarà il docente, alla fine, a fare un sussulto e dirimerle il dubbio, oppure continuare a leggere come nulla fosse... :wink:

p.s. istintivo anche per me il commento di Animo Grato, ma temo che a quel punto dovremmo pretendere che lei scriva in italiano tutta la tesi, e che non sia solo una questione di titolo...
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draco37
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Intervento di draco37 »

Animo Grato ha scritto:Non saprei darle un'indicazione ragionata, ma forse può esserle utile questo consiglio a margine: per inserire le virgolette basse ("caporali") basta digitare, tenendo premuto il tasto ALT, 174 («) e 175 (»).
Lo dico perché mi pare che lei si sia arrangiato con i simboli di maggiore e minore. :wink:
Grazie, dice bene; non m'ero nemmeno accorto ch'erano due simboli diversi. In generale, uso sempre le virgolette alte.

Come ha fatto gentilmente notare Animo Grato, intendevo le virgolette basse «». :)
marcocurreli ha scritto:Io userei le classiche "virgolette".
Le virgolette alte e basse sono fungibili? Perché le prime le uso già per i discorsi diretti e le citazioni.
domna charola ha scritto:"Di solito" (con le virgolette per quanto detto sopra), il corsivo viene usato per le parole straniere, e questa è norma che mi pare tutti rispettino e tutte le case editrici serie pretendono. Inoltre viene richiesto - a volte - per la citazione di un intero brano, sia pur breve, di un'opera già esistente, anziché le virgolette.
Con le virgolette invece si usano racchiudere le espressioni gergali, personali, colorite etc., ovvero tutti quei modi non ortodossi ma che rendono l'idea, e che poi magari vengono chiariti nel testo (e però per i quali la dicitura informale resta più trasparente e immediata di tutta la successiva spiegazione).
In questo senso, la sua frase per me sarebbe un tipico esempio da virgolette.
Ripeto... secondo le norme tipografiche che ho incontrato sinora. Poi, però, veda cosa si usa nella sua facoltà. Nel senso che sarà il docente, alla fine, a fare un sussulto e dirimerle il dubbio, oppure continuare a leggere come nulla fosse... :wink:
Grazie!

Estendo a tutti la stessa domanda che ho fatta al sig. Curreli.
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Intervento di Carnby »

Animo Grato ha scritto:le virgolette basse ("caporali")
Le virgolette doppie basse «» si chiamano più propriamente sergenti. I caporali sono questi ‹›.
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Intervento di Animo Grato »

Carnby ha scritto:Le virgolette doppie basse «» si chiamano più propriamente sergenti. I caporali sono questi ‹›.
Gli inconvenienti di non aver fatto il militare... :roll:
:wink:
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Intervento di marcocurreli »

draco37 ha scritto:Le virgolette alte e basse sono fungibili? Perché le prime le uso già per i discorsi diretti e le citazioni.
Per come le uso io, dovrebbe essere l'esatto contrario: per discorsi diretti e citazioni virgolette basse, per il resto quelle alte.
Oppure tutto con le alte.
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Intervento di Carnby »

La miglior tradizione tipografica latina (francese, spagnola, italiana) prevede tradizionalmente come primo livello virgolette basse «» e come secondo livello di virgolette quelle alte “”; eventualmente gli apici ‘’ come terzo livello. Per il discorso diretto si può usare anche la lineetta – (non il trattino!).
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Intervento di Infarinato »

[url=viewtopic.php?p=56729#p56729]Carnby[/url] (corsivo mio) ha scritto:La miglior tradizione tipografica latina (francese, spagnola, italiana) prevede tradizionalmente come primo livello virgolette basse «» e come secondo livello di virgolette quelle alte “”; eventualmente gli apici ‘’ come terzo livello.
No, codesto è semplicemente l’uso moderno piú sciatto. L’uso tradizionale francese per il secondo livello è quello di ripetere i sergenti (Lexique des règles typographiques en usage à l’Imprimerie Nationale, Parigi 2002, p. 51)…
Immagine
…mentre quello moderno piú ricercato è quello di ricorrere ai caporali, e faremmo bene ad atternervici anche noi. ;)
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Intervento di Carnby »

Infarinato ha scritto:No, codesto è semplicemente l’uso moderno piú sciatto. L’uso tradizionale francese per il secondo livello è quello di ripetere i sergenti
Chiedo venia, è così che ho trovato nelle edizioni francesi, anche prestigiose, più recenti. L’uso che ho descritto io è comunque raccomandato dalla Real Academia Española (Ortografía de la lengua española, p. 380).
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