«Body shaming»

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G. M.
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«Body shaming»

Intervento di G. M. »

Riporto la voce completa dai Neologismi Treccani:
  • body shaming (body-shaming) s. m. inv. Il fatto di deridere qualcuno per il suo aspetto fisico. ♦ Dopo anni di lotta alla cellulite e di non accettazione del proprio corpo, molte star hanno imparato ad amarsi così come sono. L’ultimo post pubblicato su Instagram da Emma Marrone dove mostra una leggera pancetta suona come una vera e propria liberazione da stereotipi, canoni e costrizioni per una vita nettamente più felice e non più vittima del body-shaming. (Alice Rosati, Glamour.it, 13 luglio 2016, Viso e corpo) • [tit.] Come difendersi dal body shaming: i consigli degli psicologi. (Repubblica.it, 23 agosto 2016, Tecnologia) • Il body shaming è un ciclone di commenti offensivi, sarcastici e velenosi, su chi si mostra “troppo grasso”, “troppo magro” o semplicemente ha un corpo che non corrisponde ai parametri imposti dalla società. È una piaga del nuovo millennio e colpisce chiunque, da Rihanna e Vanessa Incontrada, da Gigi Hadid a Hilary Duff, da Val Kilmer al Wentworth Miller di Prison Break. Colpisce, di riflesso, tutte le donne e gli uomini che possono sentirsi bersaglio dei medesimi apprezzamenti. (Stefano Carnazzi, Lifegate.it, 10 agosto 2017, Salute) • Ultimamente si sente spesso parlare di body shaming, ma cos'è e cosa significa riferita a corpi e bellezza estetica? Si tratta letteralmente di giudicare le forme del corpo delle persone, in particolare attraverso il web e i social network. Una tendenza a dir poco imbarazzante e inaccettabile per chiunque si permetta di praticarlo anche involontariamente. Si pensa che sia proprio del mondo femminile e invece anche gli uomini ne subiscono gli effetti, seppur sicuramente in forma minore. (Elisa Castellano, Grazia.it, 17 luglio 2018, Lifestyle).
    Espressione ingl. composta dal s. body (‘corpo’) e dal v. sostantivato shaming (‘il far vergognare qlcu.’).
La difficoltà della traduzione, mi pare, sta nel fatto che i termini italiani mancano della sfumatura di "far vergognare", quindi sortire (più o meno deliberatamente) un effetto psicologico: derisione, irrisione mi sembrano termini troppo "leggeri"; forse umiliazione ci si avvicina di più. (O forse sono io che mi faccio troppi problemi con le sfumature? :P)
Ditemi che ne pensate.
Ultima modifica di G. M. in data mer, 16 gen 2019 12:33, modificato 1 volta in totale.
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Ferdinand Bardamu
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«Body shaming», «slut shaming», «hair shaming»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Lo shaming non si limita al body: c’è anche lo slut shaming e addirittura l’hair shaming! Potevano i nostri giornalisti e intellettuali non importare simili chicche? Ovviamente no.
  • È palese che dagli anni Sessanta la possibilità di confronto nello spazio pubblico tra donne e uomini sia mutata in modo formidabile, mettendo tra le ‘buone maniere’ del galateo che hanno appreso le nostre nonne e lo slut shaming un abisso semantico, sociale e culturale spalancatosi in uno spazio temporale che ha travolto ogni linguaggio, e forse anche la possibilità di comprenderne la portata stessa. Ma un aspetto pare immutato, a ben pensarci. (da Micromega)

    Siete voi che decidete chi e cosa volete essere, non lasciate che l'hair labelling [!!! nota mia] e l'hair shaming vi costringano in ruoli e definizioni a cui sentite di non appartenere. I capelli non devono più essere un motivo per cui sentirsi a disagio, ma una gioiosa espressione di quello che volete comunicare. (da Grazia)
La mia modesta proposta è di abbandonare, in questo caso, ogni velleità di traduzione. A meno che non si vogliano creare composti francamente ridicoli come somatoderisione (o somatoumiliazione), tricoderisione e pornoderisione (quest’ultimo è indubbiamente il peggiore della serie, perché usa il prefissoide porno- nel suo significato etimologico, inusitato e ignoto ai piú).
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Body shaming, slut shaming, hair shaming... :roll:
Una volta era semplicemente "dire pane al pane e vino al vino", ma oggi non va più di moda. :evil:
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
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Re: «Body shaming», «slut shaming», «hair shaming»

Intervento di G. M. »

Ferdinand Bardamu ha scritto:A meno che non si vogliano creare composti francamente ridicoli [...]
Sì, anch'io eviterei composti come questi, lunghi e poco trasparenti...
Ho appena trovato un termine (alquanto ovvio, in realtà) che mi sembra molto interessante: svergognamento.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Animo Grato ha scritto:Body shaming, slut shaming, hair shaming... :roll:
Una volta era semplicemente "dire pane al pane e vino al vino", ma oggi non va più di moda. :evil:
Sí, con un po’ di suscettibilità in meno questi termini inglesi non sarebbero stati importati (né sarebbero stati creati). Ricordo che molti cognomi nascono dall’evidenziazione di caratteristiche fisiche: es. Drezza (= treccia, è hair shaming?), Calvi (vedi sopra), Panza (è body shaming?). E cognomi come Casadei, imposti ai trovatelli, celano forse la volontà di fare slut shaming, visto che alcuni di questi bambini erano frutto di relazioni estraconiugali?
G. M. ha scritto:Sì, anch'io eviterei composti come questi, lunghi e poco trasparenti...
Tuttavia, credo che non ci sia alternativa ai composti neoclassici, se si vogliono evitare lunghe perifrasi come mortificazione (umiliazione, svergognamento) sulla base delle caratteristiche fisiche, dell’acconciatura, dei comportamenti sessuali, ecc. Peraltro, la loro comica magniloquenza potrebbe indurre qualcuno a esser meno permaloso: pensi per esempio a una frase come «Non fare body shaming!», che potrebbe essere resa con una bellissima retroformazione quale «Non somatoderidermi!». :mrgreen:

Ah, alla sfilza di shaming bisogna aggiungere anche il fat shaming, la lipoumiliazione.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Peraltro, la loro comica magniloquenza potrebbe indurre qualcuno a esser meno permaloso
Body shaming, slut shaming, hair shaming, fat shaming... tutti scemi! :wink:
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domna charola
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Intervento di domna charola »

Il problema secondo me non è linguistico, ma mentale, e quindi di più difficile soluzione. No, non fraintendetemi...
Voglio dire, a monte dei termini, stiamo importando una mentalità - che non ci appartiene in questa misura - catalogatrice, portata a quantificare e descrivere anche la banalità quotidiana secondo i protocolli di un laboratorio avanzato.

Una volta avremmo semplicemente detto che "Tizio ha deriso / preso in giro Caio", o, in situazioni più colloquiali, avremmo usato qualche analogo, più ricco di sensazioni, termine del patrimonio locale. Poi avremmo magari specificato per quali motivi, o magari no. Il tutto in maniera più rilassata, più leggera.
Adesso no. Inizia la stampa a suggerire l'idea che anche nel variegatissimo e creativo campo dell'ingiuria e della derisione - le cui radici affondano addirittura nel mondo medievale, alle origini della lingua - occorre classificare e inchiodare un'azione antica quanto l'uomo con una serie di termini precisi, in maniera analoga alle malattie, agli atti giuridici, ai composti chimici etc.
Così l'azione lievita, diviene un problema, una persecuzione che colpisce duramente il perseguitato, con la gioia dell'odiatore - ma in passato non c'era la vicina acida che aveva sempre da sparlare con tutti e di tutti? eppure nessuno dei colpiti andava dallo psicologo per superare il trauma o si chiudeva in casa per non affrontare il mondo che "sapeva"... - e la tragedia interiore della vittima.
Così si creano le psicosi e le reazioni abnormi che spesso leggiamo sulla stampa, e anche le vittime - vere - che di tanto in tanto non reggono a tale pressione. Per soggetti fragili, fa differenza anche il pensare di essere semplicemente stati "derisi" - cose che passano - anziché essere "oggetto di body-shaming" o anche solo di "svergognamento per la forma del corpo".

Classificare, dare un nome, è alla fine rendere reale l'oggetto, dargli diritto di esistere e trasformarlo in un problema. In questo caso, in cui il "reato" è minimo, non ne vale la pena, secondo me, perché il rischio dall'altra parte è maggiore. Il termine preciso, asettico, scientifico crea anche la vittima, gli suggerisce l'idea che quella caratteristica fisica è, deve essere un problema. E questo non va.

Ad esempio, ho un nipote adolescente; da un po' di tempo fa un sacco di storie su cosa mangiare e cosa no "perché se no mi vengono i brufoli e mi prendono in giro", dice ridendo.
Molto diverso, molto meno tragico dal rendersi conto che "se no mi *brufol-shamizzano".

Non so, forse sono andata fuori tema... chiedo scusa, però inizio ad essere stufa di tutto ciò.
Dobbiamo resistere non solo contro l'invasione di termini stranieri, ma soprattutto contro un modo di pensare la lingua, la comunicazione, e di riflesso i suoi oggetti.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Niente da aggiungere. Condivido tutto ciò che ha scritto Domna Charola. Al cui discorso collego anche ciò che dicevo sopra: meglio non cercare una traduzione precisa per non legittimare la catalogazione di simili «banalità quotidiane», alla stregua dell’entomologo che trafigge con uno spillone ed etichetta l’esemplare raro.
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Intervento di G. M. »

Anch'io condivido l'analisi di Domna Charola. Voglio però fare un piccolo appunto sul nostro dibattere, proporre e «resistere» nel concreto. Il problema è che questo cambiamento di mentalità sta avvenendo e avviene, su una scala molto grande che va ben oltre i confini del nostro idioma. In Italia l'espressione body shaming è usata, e se le cose vanno avanti così continuerà ad esserlo. Questo processo di "importazione d'una mentalità" non sarà fermato, purtroppo, dal fatto che manca una traduzione italiana: i giornalisti, gli utenti delle reti sociali, gli intellettuali, gli psicologi continueranno a dirlo (in inglese). Il massimo che possiamo fare noi quattro gatti qui è proporre, nei limiti del possibile, una traduzione che perlomeno non enfatizzi tutto ciò. Da questo punto di vista (cercare di non essere "entomologi"), mi sembra allora preferibile un traducente trasparente (svergognamento del corpo?) piuttosto che un composto dal sapore più marcatamente scientifico come, per esempio, somatoderisione.
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Intervento di Infarinato »

G. M. ha scritto:[M]i sembra allora preferibile un traducente trasparente (svergognamento del corpo?) piuttosto che un composto dal sapore più marcatamente scientifico come, per esempio, somatoderisione.
Ovvóve! Semmai, derisione estetica.
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

La mia proposta somatoderisione è piú scherzosa che altro. Ma devo dire che derisione estetica è un traducente tutto sommato neutro, che potrebbe comprendere tutte le derisioni sulla base dell’aspetto fisico. Non va bene però per slut shaming (derisione sessuale?).

Ho chiesto un parere a Gabriele Valle, per sapere se questi anglicismi siano comparsi anche in spagnolo e se siano stati proposti traducenti. Vi farò sapere.
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Intervento di Infarinato »

In realtà, io mi riferivo piú che altro a svergognamento del corpo, quasi aulico in sé, ma troppo poco neutro (atto di «[f]ar vergognare qualcuno rimproverandolo in presenza di altre persone, o rivelando qualche sua colpa o mancanza», quando non addirittura quello di «[r]endere» di pubblico dominio le colpe, le azioni disoneste o riprovevoli di una persona» [Treccani]).

Poi è anche vero che non vado matto per i composti grecolatini…

Un iperonimo di slut shaming potrebbe essere derisione comportamentale, ma non arriverei al punto di dare un nome alla messa alla berlina d’un comportamento frivolo o lascivo. :?
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Intervento di Animo Grato »

Ferdinand Bardamu ha scritto:Non va bene però per slut shaming (derisione sessuale?).
Scusate la brutalità, ma slut shaming è semplicemente dar della mignotta. Sintetico, comprensibile e già affermatissimo nell'uso. Non capisco i tentativi di cercare un equivalente italiano "educato" per tradurre un'espressione che contiene già, in partenza, un epiteto volgare (slut).
D'altro canto, l'affermarsi (se, come presumibile, avverrà :roll: ) di espressioni come questa conferma la "profonda ragione" per cui tanti italiani le adottano senza riserve: perché hanno poca contezza di ciò che dicono nella propria lingua, e punta di ciò che ripetono in quella altrui.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
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valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Animo Grato ha scritto:
Ferdinand Bardamu ha scritto:Non va bene però per slut shaming (derisione sessuale?).
Scusate la brutalità, ma slut shaming è semplicemente dar della mignotta. Sintetico, comprensibile e già affermatissimo nell'uso.
In effetti ci stavamo perdendo in un bicchier d'acqua.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ho buttato un occhio alle tendenze di Google. Nei grafici si notano picchi di ricerche in concomitanza con pseudonotizie che hanno fatto discutere sulle reti sociali. Se dobbiamo fare affidamento su questi dati, notiamo come queste siano parole di recentissima introduzione, con un «interesse nel tempo» piuttosto basso.

Finché l’etichettatura del concetto rimane tra pochi «appassionati», direi che possiamo fare a meno di scervellarci. Le soluzioni che sono state indicate sopra da Animo Grato e Domna Charola, che peraltro non implicano nessun’assurda «organizzazione dello svergognamento» in categorie predefinite, rimangono a mio avviso le piú naturali.

Eppoi, se dobbiamo star dietro all’ansia catalogatrice del politicamente corretto, non la finiamo piú. Dobbiamo veramente per prima cosa accogliere e in secondo luogo cercare di tradurre mansplaining o manspreading? Ecco: ho l’impressione che tutte queste parole, per la loro astruseria e patente inutilità, siano destinate ad avere vita breve anche presso i parlanti itanglesi.
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