Il «nuovo» Treccani

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Fausto Raso
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Il «nuovo» Treccani

Intervento di Fausto Raso »

Il Treccani ha cambiato vestito.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Teo
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Intervento di Teo »

Sono molto deluso dall'attuale politica editoriale della Treccani. Ieri alla Fiera della piccola e media editoria hanno presentato (sia pur con relatori eccellenti, come Luca Serianni e Claudio Marazzini, presidente della Crusca) come "nuovo" dizionario Treccani non certo un'eventuale riedizione di quello in cinque volumi, ma un insieme di volumi costituiti da un vocabolario monovolume molto ridotto, che è nulla più che un buon prodotto scolastico, come lo Zingarelli o il Nuovo Devoto-Oli. Poi un volume sui neologismi, che mi sembra una mera raccolta di vocaboli effimeri, una grammatica che è un repertorio di regole e dubbi in ordine alfabetico, non una vera grammatica sistematica come quella di Serianni e come ci si sarebbe aspettati dalla Treccani, e un cosiddetto Thesaurus, ossia un dizionario dei sinonimi e contrari.
Teo Orlando
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Intervento di Infarinato »

Teo ha scritto:Ieri alla Fiera della piccola e media editoria hanno presentato (sia pur con relatori eccellenti, come Luca Serianni e Claudio Marazzini, presidente della Crusca) come "nuovo" dizionario Treccani non certo un'eventuale riedizione di quello in cinque volumi, ma un insieme di volumi costituiti da un vocabolario monovolume molto ridotto, che è nulla più che un buon prodotto scolastico, come lo Zingarelli o il Nuovo Devoto-Oli.
Concordo in toto, caro Teo. Ho recentemente acquistato quella che deve essere l’edizione numerica (:mrgreen:) di codesto volume [per dispositivi iOS].

L’unica cosa positiva è un motore di ricerca molto veloce e versatile, ma «e’ ci ’orre un bào», non solo con l’edizione in linea, ma anche con le precedenti edizioni per dispositivi mobili. :cry:
Teo
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Intervento di Teo »

Sui limiti della cosiddetta Grammatica Treccani ho già avuto modo di riferire (già molti anni fa osservai che era assolutamente inconcepibile che la Treccani vendesse con il suo prestigioso marchio una specie di prontuario non dissimile da recenti opere essenziali e divulgative come il Prontuario di grammatica di Giuseppe Patota, la Grammatica pratica dell'italiano dalla a alla z di Max Bocchiola e Ludovico Gerolin, e Italiano A-Z di Aldo Gabrielli e Massimo Pivetti. Né hanno per nulla migliorato quest'ultima edizione).
Ma quello che è più stupefacente è l'inutile volume di neologismi (compilato attingendo solo ai giornali, con molti, troppi effimerismi, e per giunta riferiti solo al decennio 2008-2018: per quelli precedenti bisogna ricorrere a un altro volume, peraltro fuori commercio): ma a chi può interessare trovare in un'opera di consultazione che dovrebbe avere una certa pretesa di durevolezza neologismi come "fioroniani" (seguaci dell'ex ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni) o "lolliani" (seguaci del politico Giovanni Lolli, presidente dell'Abruzzo)? Qui siamo anche al di là dell'effimerismo: siamo piombati, se mi si concede il neologismo, negli "inutilismi". Quanto al fatto che il repertorio sia stato compilato solo attingendo ai giornali, ciò dipende da un'esplicita scelta dei curatori, e in particolare della professoressa Valeria Della Valle, che sull'argomento mi sembrò a suo tempo, quando le feci presente che forse in alcuni casi sarebbe stato meglio ricorrere ad articoli su riviste specialistiche, alquanto intransigente e irremovibile.
Comunque la cosa più sconcertante è la decisione "commerciale" di non vendere più il Dizionario in cinque volumi, la cui ultima edizione aggiornata risale peraltro al 2015!
Ultima modifica di Teo in data lun, 03 gen 2022 23:48, modificato 1 volta in totale.
Teo Orlando
Teo
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Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di Teo »

Purtroppo quello che ho constatato ieri presso il padiglione della Treccani alla Fiera della piccola e media editoria di Roma-Eur supera di gran lunga le mie perplessità di un anno fa. Si tratta infatti della nuova "filosofia" di fondo che ha ispirato le ultimissime versioni delle opere lessicografiche Treccani. Ho subito rilevato che il "nuovissimo" dizionario monovolume non solo non è minimamente comparabile a quello "antico" in cinque volumi, ma è stato drasticamente e intollerabilmente ridotto nel lemmario sia rispetto alle versioni precedenti in un solo volume (anche quello di solo un anno fa!), sia rispetto a dizionari monovolume di altri editori, come lo Zingarelli e il Devoto-Oli (anche se nella pubblicità, neanche a dirlo, parlano del "Nuovo Treccani, ancora più innovativo, completo e approfondito rispetto all'edizione precedente"). L'impressione, datami dalla disposizione in due colonne (non più in tre) e dal numero delle pagine (poco più di 1000, contro le 2000 della versione precedente e le 2500 dello Zingarelli), è stata confermata da una ricerca un po' casuale che ho compiuto immediatamente, mirata sul lessico della filosofia: non ho cercato lemmi specialistici da dizionario di filosofia anziché da dizionario "generalista" della lingua italiana (come potrebbero essere abderitismo, eleuteronomia, emergentismo od ontoteologia). No, ho cercato alcuni vocaboli che sono presenti in TUTTI i manuali destinati ai licei, anche quelli meno esaustivi: aporia, apofantico, cognitivismo, intuizionismo, falsificazionismo. Ebbene, TUTTI questi lemmi sono assenti (mentre Zanichelli e Devoto-Oli continuano a registrarli). Posso capire che, per esempio, di intuizionismo possa mancare il significato che ha in filosofia della matematica (in Brouwer e Weyl), ma come termine generico della filosofia della conoscenza dovrebbe essere registrato e definito: anche i manuali di letteratura italiana accennano invariabilmente all'«intuizionismo di Bergson», quando trattano del decadentismo. E ogni trattazione di filosofia antica parla delle aporie presenti nei dialoghi socratici di Platone.
Le cortesissime persone della redazione della Treccani presente alla fiera mi hanno spiegato che tutto ciò rientrerebbe in una nuova filosofia che mirerebbe a diffondere le opere lessicografiche Treccani a tutti i livelli di istruzione e cultura, al fine di migliorare e consolidare il lessico di base dei cittadini italiani, che ormai le statistiche mostrano essere estremamente carente, con problemi anche nelle abilità di lettura fondamentali. Sarà, ma rafforzare il lessico di base non vuol dire espungere il lemma aporia o espungere dal lemma falsificazione il significato che gli diede Popper (e prima ancora, udite, udite, Dante Alighieri), come sinonimo di confutazione di una teoria scientifica.
CIliegina sulla torta: nella cosiddetta Grammatica Treccani hanno inserito tavole esplicative a fumetti, che la fanno proprio assomigliare a una grammatica per le scuole medie, come il Vocabolario sembra diventato un lessico per studenti di scuola media e per il biennio delle superiori.
Teo Orlando
Utente cancellato 676

Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di Utente cancellato 676 »

Teo ha scritto: dom, 08 dic 2019 8:22 Ho subito rilevato che il "nuovissimo" dizionario monovolume non solo non è minimamente comparabile a quello "antico" in cinque volumi, ma è stato drasticamente e intollerabilmente ridotto nel lemmario sia rispetto alle versioni precedenti in un solo volume (anche quello di solo un anno fa!) [...] numero delle pagine (poco più di 1000, contro le 2000 della versione precedente e le 2500 dello Zingarelli)
Mille pagine decurtate ad edizione? Alla prossima non resterà che la copertina...
Le cortesissime persone della redazione della Treccani presente alla fiera mi hanno spiegato che tutto ciò rientrerebbe in una nuova filosofia che mirerebbe a diffondere le opere lessicografiche Treccani a tutti i livelli di istruzione e cultura, al fine di migliorare e consolidare il lessico di base dei cittadini italiani, che ormai le statistiche mostrano essere estremamente carente, con problemi anche nelle abilità di lettura fondamentali.
Se neppure le case editrici più prestigiose si preoccupano di alzare il livello culturale del Paese, anziché assecondare la sciatteria imperante, perché mai dovremmo preferire una loro pubblicazione a quelle di una ben più economica Hoepli (esempio del tutto casuale)?
Avatara utente
Marco1971
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Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di Marco1971 »

Canape lasco ctonio ha scritto: ven, 20 dic 2019 16:58 Se neppure le case editrici più prestigiose si preoccupano di alzare il livello culturale del Paese [...]
E questo ha conseguenze drammatiche: la povertà di lessico implica la povertà di pensiero, e l’attuale ricorso sistematico a anglicismi per le cose e i concetti piú semplici e comuni ne è la spia. Non si riesce piú a pensare in italiano perché spesso manca la conoscenza del termine esatto (e del significato del forestierismo). Cosí, ammantando i concetti con vocaboli di cui s’ignora il senso preciso (un esempio recente è quello di droplet per distanza di sicurezza), ci si esime dalla responsabilità di una comunicazione cristallina e efficace; forse si riesce a far colpo sul lettore o l’ascoltatore piú sprovveduto, ma in realtà, si ricama sul vuoto, si emettono nuvoli di fumo, si esclude il destinatario. E queste parole superfetatorie si diffondono, entrano nei vocabolari, e si accatastano le une sopra le altre in una gigantesca piramide fatta di scatole vuote, riempibili a proprio beneplacito.

Compito precipuo di un dizionario, perdipiú prestigioso, dovrebbe essere quello di garantire la presenza di tutto il lessico italiano, e in particolare di quello intellettuale, filosofico e scientifico, senza il quale una civiltà declina, sfiorisce, tramonta. Il dizionario è lo strumento che dà accesso alla nominazione della realtà e alla formazione e formulazione del pensiero. Ormai, purtroppo, buona parte di chi dirige concretamente le redazioni degli «ospizi ufficiali della lingua» pare che non abbia piú, come una volta, una vasta cultura; e un orizzonte ristretto non agevola né lo spirito critico, né il senso del passato, del presente e del futuro. Di qui anche il progressivo cancellamento delle note normative, l’assenza, in generale, di assistenza al consultatore alla ricerca di «qual è la forma piú corretta».

Viviamo tempi difficili, si dirà. Vero. Ma tutti i tempi sono difficili per ragioni diverse, e ciò non può costituire una scusante di fronte allo sfacelo della lingua e all’abbuio dello spirito. Non so se esistano soluzioni realistiche, ma so che esistono metodi, e il primo è di mettere a disposizione dei cittadini la possibilità di conoscere la lingua tutta, e non solo una parte limitata e limitante. Magari uno sfoglia il dizionario a caso, impara una parola nuova, e da quella parola, forse, un giorno, per mille concatenazioni, sorgerà un universo.

La politica secondo la quale s’intende promuovere la conoscenza del lessico di base non ha nulla che fare con l’esclusione dall’opera dei vocaboli di piú bassa frequenza. Le parole fondamentali possono essere evidenziate tipograficamente, ad esempio con un colore diverso. Sospetterei qui, piuttosto, interessi commerciali.

In conclusione, per me, proporre un dizionario ridotto significa isterilire l’ingegno e ratificare l’impossibilità di crescere.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
francescobenzi
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Iscritto in data: ven, 30 ott 2020 11:25

Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di francescobenzi »

Ho appena scoperto questa comunità. L'unica, mi sembra, che discuta della produzione editoriale dei vocabolari, e che "osi" mettere in discussione il mostro sacro Treccani.
Condivido in pieno le osservazioni della discussione, e di Teo in particolare, sull'assurdità del volume dei Neologismi, per il quale mi pare che Treccani non voglia minimamente fare autocritica, persistendo, e anzi promuovendo il volume con le nuovissime parole come "piazzapulitismo".
Nulla impedisce a Treccani di rivolgersi ad una platea più estesa, con opere ad hoc, ma non certamente venendo meno al suo ruolo storico.
Segnalo inoltre che da anni cerco inutilmente una sede di quotidiano, di rivista o di sito internet (con questa eccezione) in cui si intervenga criticamente sulle nuove pubblicazioni di questo ambito. Vi ringrazio se potete segnalarmene.
Teo
Interventi: 165
Iscritto in data: dom, 16 apr 2006 9:47
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Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di Teo »

Le rispondo rapidamente:
  1. Ho sempre avuto una notevole ammirazione e venerazione per la Treccani. Anch'io la consideravo un mostro sacro, anche quando mi capitava di rilevarne alcune piccole carenze. Ad esempio mi accorsi che il Vocabolario in cinque volumi aveva definizioni ottime (solo quelle del Devoto-Oli potevano rivaleggiare), ma alcuni settori specialistici erano un pochino trascurati. Ad esempio, il lessico filosofico era senza dubbio amplissimo, ma mancavano molti termini della filosofia analitica (a mio parere più per una scelta di Tullio Gregory – il quale non amava quel tipo di filosofia – che perché ritenuta troppo specialistica). Ciononostante, il livello delle definizioni e delle esemplificazioni era così elevato (derivante dall'impostazione data da Bruno Migliorini e Aldo Duro al Dizionario enciclopedico degli anni '50) che ogni critica non poteva inficiare l'eccellenza generale dell'opera.
  2. Sull'assurdità del volume dei neologismi "parole non appulcro" ulteriormente. In realtà io non avrei nulla in contrario nei confronti di un repertorio periodico di neologismi da pubblicare come quaderni di lavoro o anche come documentazione in linea. Ma se devono pubblicarlo come un'opera lessicografica rilegata da libreria, che si presume destinata a durare nel tempo, sarebbe mille volte preferibile inserire tecnicismi della fisica, della matematica, dell'ingegneria aerospaziale, della genetica, della biologia molecolare, della filosofia della scienza che includere ridicoli effimerismi come "piazzapulitismo", "gifuniano" o "fioroniano". Ma tant'è...Poc'anzi poi rilevavo che nell'ennesima edizione del Devoto-Oli, per far posto a vari neologismi, sono stati espunti vocaboli considerati arcaici o desueti, come “addoparsi” (collocarsi dietro o dopo), “adustezza”. Il vero problema, a mio modesto parere, consiste nella decisione di espungere parti cospicue del patrimonio storico "glorioso" di una lingua come l'italiano (patrimonio documentato in una lunga tradizione letteraria) per far posto a coniazioni neologistiche spesso effimere, "modaiole" e relative ad ambiti culturali non sempre di autentico rilievo.
  3. Per quanto riguarda una sede di quotidiano, di rivista o di sito internet (con questa eccezione) in cui si intervenga criticamente sulle nuove pubblicazioni di questo ambito, forse potrebbe esternare le sue rimostranze a riviste specialistiche, come Lingua Nostra, Lingua e stile e Studi linguistici italiani. Oggi, mercoledì 11 novembre 2020 alle ore 17:00, comunque ci sarà un seminario di Giuseppe Patota, curatore delle ultime edizioni del Treccani monovolume, nell'ambito dei corsi della Fondazione "I lincei per la scuola". Dato che il seminario sarà telematico, si potrà forse interloquire anche a distanza. E al limite porgli domande su queste decisioni relative alla lessicografia italiana.
Teo Orlando
Teo
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Iscritto in data: dom, 16 apr 2006 9:47
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Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di Teo »

Domani, presso la Fiera della Piccola e Media Editoria, che si tiene a Roma EUR nell'edificio chiamato "La Nuvola", progettato da Massimiliano Fuksas, verrà presentata la "nuova" edizione (2022) del Vocabolario Treccani, che, secondo quanto si legge nel sito dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, "è un progetto ambizioso e rivoluzionario , nel quale tradizione e progresso si fondono per testimoniare i cambiamenti socio-culturali del nostro Paese e riconoscere – validandole – nuove sfumature, definizioni e accezioni in grado di rappresentare e raccontare al meglio la realtà e l’attualità, attraverso le parole che utilizziamo per viverla e descriverla". Tanta enfasi perché "Treccani presenta il primo ‘Dizionario della lingua italiana’ che lemmatizza anche le forme femminili di nomi e aggettivi tradizionalmente registrati solo al maschile, promuovendo inclusività e parità di genere. Diretto dai linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, Il Vocabolario Treccani è molto più che la versione aggiornata dell’opera pubblicata nel 2018: è lo specchio del mondo che cambia e il frutto della necessità di validare e dare dignità a una nuova visione della società, che passa inevitabilmente attraverso un nuovo e diverso utilizzo delle parole. I tre nuovi volumi del Vocabolario raccontano la nostra lingua secondo tre approcci diversi, che si soffermano oltre che sulle definizioni sulle diverse possibilità d’uso, anche sulla più classica (seppur affrontata in modo assolutamente originale) analisi etimologica e sul rapporto tra parole e immagini".
Ora a prescindere dal fatto che gli altri due volumi sono del tutto inutili e incoerenti con un'opera lessicografica (si tratta di una Storia dell’italiano per immagini e di un repertorio storico-etimologico di appena 521 parole. Molto più utili erano il Dizionario dei sinonimi o la Grammatica Treccani, misteriosamente scomparse dal catalogo), il dizionario continua ad avere i difetti e la penuria del lemmario che già osservai per l'edizione 2018. E il fatto che si sia deciso di registrare le forme femminili di nomi e aggettivi insieme a quelle maschili, seguendo l'ordine alfabetico, è una scelta che potrà piacere o no, ma poco o nulla aggiunge alla qualità intrinseca del dizionario.
Si tratta infatti della nuova "filosofia" di fondo che ha ispirato le ultimissime versioni delle opere lessicografiche Treccani. Ho di nuovo constatato che il "nuovissimo" dizionario monovolume non solo non è minimamente comparabile a quello "antico" in cinque volumi, ma è stato drasticamente e inspiegabilmente ridotto nel lemmario sia rispetto alle versioni precedenti in un solo volume, sia rispetto a dizionari monovolume di altri editori, come lo Zingarelli e il Devoto-Oli. L'impressione, datami dalla disposizione in due colonne (non più in tre) e dal numero delle pagine (poco più di 1000, contro le 2000 della versione precedente e le 2500 dello Zingarelli), è stata confermata da una ricerca un po' casuale che ho compiuto immediatamente, mirata sul lessico della filosofia: non ho cercato lemmi specialistici da dizionario di filosofia anziché da dizionario "generalista" della lingua italiana (come potrebbero essere abderitismo, eleuteronomia, emergentismo od ontoteologia). No, ho cercato alcuni vocaboli che sono presenti in TUTTI i manuali destinati ai licei, anche quelli meno esaustivi: aporia, apofantico, cognitivismo, intuizionismo, falsificazionismo, pragmatismo (come corrente filosofica), proposizionale. Ebbene, TUTTI questi lemmi sono assenti (mentre Zanichelli, Garzanti e Devoto-Oli continuano a registrarli). Posso capire che, per esempio, di intuizionismo possa mancare il significato che ha in filosofia della matematica (in Brouwer e Weyl), ma come termine generico della filosofia della conoscenza dovrebbe essere registrato e definito: anche i manuali di letteratura italiana accennano invariabilmente all'«intuizionismo di Bergson», quando trattano del decadentismo. E ogni trattazione di filosofia antica parla delle aporie presenti nei dialoghi socratici di Platone.
Le cortesissime persone della redazione della Treccani presente alla fiera mi hanno spiegato che tutto ciò rientrerebbe in una nuova filosofia che mirerebbe a diffondere le opere lessicografiche Treccani a tutti i livelli di istruzione e cultura, al fine di migliorare e consolidare il lessico di base dei cittadini italiani, che ormai le statistiche mostrano essere estremamente carente, con problemi anche nelle abilità di lettura fondamentali. Sarà, ma rafforzare il lessico di base non vuol dire eliminare il lemma aporia o espungere dal lemma falsificazione il significato che gli diede Popper (e prima ancora, udite, udite, Dante Alighieri), come sinonimo di confutazione di una teoria scientifica.
Insomma, il Vocabolario sembra diventato un lessico per studenti di scuola media e per il biennio delle superiori. Mi viene a proposito in mente un esempio: il mio nipotino minorenne, curioso e avido di sapere, potrebbe andare a consultare il vocabolario perché vuole conoscere il significato di qualche termine un po' astruso che ha trovato per caso in qualche libro: se per esempio si imbatte nel termine "antimetabole" (una figura retorica simile al chiasmo) e aprendo il Treccani non lo trova, sicuramente la sua fiducia nell'autorevolezza del Vocabolario diminuirà e sul suo volto si disegnerà l'ombra della brutta sorpresa.
La tendenza a ridurre i volumi delle opere Treccani, a mio parere discutibile, è stata voluta - non si sa per quale motivo - dai vertici della Treccani, forse dallo stesso Giuliani Amato, che ho incontrato proprio nel padiglione della Treccani e che ha reagito con condiscendenza alle mie rimostranze.
A vederlo bene, il suo livello è quello di una sorta di dizionario "intermediate", come direbbero gli anglosassoni. Una volta la Treccani pubblicava sostanzialmente tre opere lessicografiche: 1) Il Dizionario Enciclopedico Italiano (affiancato, per un certo periodo, dal Lessico Universale Italiano), che fondeva dizionario ed enciclopedia. 2) Il Vocabolario della lingua italiana (in cinque volumi, sostanzialmente la parte meramente lessicografica del precedente, diretto da Aldo Duro). 3) Il Conciso in un solo volume, poi divenuto il Treccani, diretto da Raffaele Simone, meno esaustivo di quello in cinque volumi, ma comunque di ampiezza notevole, equivalente grosso modo a quella di uno Zingarelli o di un Devoto-Oli.
La linguista Emanuela Piemontese, nel recensire il Grande dizionario italiano dell'uso di Tullio De Mauro (Italica, Vol. 77, No. 4, Linguistics and Pedagogy, Winter, 2000, pp. 566-568), osserva:
"Un'opera lessicografica che fonde tensione scientifica e impegno civile è il Grande dizionario italiano dell'uso (detto anche Gradit, in forma acronima). Ideato e diretto da Tullio De Mauro è stato pubblicato all'inizio del 2000, dalla casa editrice torinese UTET. [...] L'opera, in sei volumi (più CD Rom), si inserisce nel solco della lessicografia italiana che arriva a una svolta nel Novecento con il Dizionario enciclopedico italiano (1954-61), il Lessico universale italiano (1968-81), entrambi dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana e con il Grande dizionario della lingua italiana (1961 e tuttora in corso di completamento) di Salvatore Battaglia, pubblicato dalla UTET e, più di recente, con il Vocabolario della lingua italiana (1986-94), diretto da Aldo Duro per l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. [...] Un'ultima informazione. In autunno sarà in commercio, sempre di De Mauro, Il dizionario della lingua italiana della casa editrice torinese Paravia. Il dizionario in via di pubblicazione conterrà circa 160.000 lemmi (tra mono e polirematiche). La Paravia ha realizzato la parte a destinazione scolastica dell'ampio progetto lessicografico demauriano. Per usi pedagogici, De Mauro ha già pubblicato con la Paravia, nel 1997, Prime parole, destinato alla scuola di base di primo grado; nel 1996, il DIB-Dizionario di base della lingua italiana, rivolto alla scuola di base, tra elementari e medie; nel 1997, il DAIC Dizionario avanzato dell'italiano corrente, destinato ai ragazzi nel passaggio dalla scuola media alle superiori". [A questi aggiungerei il Dizionario della lingua italiana in versione compatta, intermedio tra DAIC e monovolume ordinario].
Ecco, Tullio De Mauro, nella sua acutissima sensibilità a un tempo lessicografica e didattica, aveva ben presenti le diverse funzioni e livelli di ciascuno di questi dizionari, e non avrebbe mai consentito che si sostituisse un dizionario con uno di livello "inferiore". Ebbene, io ho l'impressione che, invece, la Treccani e i curatori del nuovo dizionario abbiano fatto qualcosa del genere: il dizionario Treccani attuale, monovolume (è invece fuori catalogo quello in cinque volumi, benché disponibile on line, per fortuna), corrisponde grosso modo, come ampiezza del lemmario, al DAIC, ossia al dizionario destinato ai ragazzi nel passaggio dalla scuola media alle superiori (e come altro potrebbe definirsi un dizionario che non contiene lemmi come "aporia", "apofantico" o "intuizionismo" e che registra solo alcune delle principali figure retoriche, dato che vi mancano "antimetabole" ed "enallage"? Tutti lemmi registrati regolarmente da un comunissimo Zingarelli 2022).
Ora, non è che un'operazione del genere non sia lecita, ma, dato il prestigio della Treccani, avrebbero dovuto qualificarla come tale (ossia come la pubblicazione di un dizionario più "didattico"), affiancando a tale dizionario un lessico monovolume più corposo e ampio e ripubblicando in edizione aggiornata il vocabolario in cinque volumi. Questo era lo spirito dell'impresa lessicografica che apparteneva a maestri come De Mauro e prima ancora Migliorini e Duro, e penso anche a Luca Serianni.
Ultima modifica di Teo in data mer, 11 ott 2023 10:06, modificato 1 volta in totale.
Teo Orlando
Avatara utente
G. M.
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Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di G. M. »

Qualche tempo fa contattai l'Istituto Treccani per chiedere quanto costasse una delle loro opere, disponibile nel catalogo ma senza prezzo indicato sul sito. Nient'altro: una domanda banalissima, di fronte a chi voglia vendere qualcosa al pubblico, direte voi. Prima di arrivarci, invece, mi toccò subire tutt'una serie di bislacche e inutilissime vicissitudini e vere e proprie perdite di tempo. Senza stare a spiegare la vicenda, che forse meriterebbe per bizzarria ma ci porterebbe fuori fòro, nel complesso ne fui sorpreso in modo negativo: un'impressione generale di azienda gestita in modo "assurdo", con mezzi (e anche spese, per forza) "folli" per il reparto di mercatistica, senza motivo né logica; comportamenti incomprensibili; promesse lusinghiere, anche interessanti in realtà ma lasciate senz'alcun séguito; tentativi di "stupire" con mille cose non richieste anziché la sostanza delle cose richieste: insomma, tutto fumo e niente arrosto.

Sono preoccupato: temo che come già per la Crusca, anche «Treccani» possa diventare solo un nome dal passato glorioso, utile per vendere o avere séguito sulle reti sociali, ma di cui resti poco nella concretezza dell'attualità. Spero naturalmente di sbagliarmi.
Utente cancellato 676

Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di Utente cancellato 676 »

Teo ha scritto: sab, 10 dic 2022 15:19[N]on ho cercato lemmi specialistici da dizionario di filosofia anziché da dizionario "generalista" della lingua italiana (come potrebbero essere abderitismo, eleuteronomia, emergentismo od ontoteologia). No, ho cercato alcuni vocaboli che sono presenti in TUTTI i manuali destinati ai licei, anche quelli meno esaustivi: aporia, apofantico, cognitivismo, intuizionismo, falsificazionismo, pragmatismo (come corrente filosofica), proposizionale. […] [V]i mancano "antimetabole" ed "enallage"…
È possibile, però, che siano presenti lemmi di altri linguaggi settoriali a lei meno noti e magari non presenti in buona parte degli altri dizionari? Che so: nabla, rotore (inteso come prodotto vettoriale tra l'operatore nabla e un vettore) o hamiltoniana, per limitarsi al campo matematico-fisico…?
Teo
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Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di Teo »

Canape lasco ctonio ha scritto: mer, 21 dic 2022 15:44 È possibile, però, che siano presenti lemmi di altri linguaggi settoriali a lei meno noti e magari non presenti in buona parte degli altri dizionari? Che so: nabla, rotore (inteso come prodotto vettoriale tra l'operatore nabla e un vettore) o hamiltoniana, per limitarsi al campo matematico-fisico…?
Assolutamente no! Rotore è presente solo nel suo significato tecnologico. Nabla e hamiltoniana sono assenti. È notevole che lo Zingarelli 2022 li registri invece tutti e tre. Il De Mauro monovolume registra solo nabla e rotore nel significato matematico, come anche il Treccani in cinque volumi (per hamiltoniano bisogna ricorrere al Dizionario delle scienze fisiche, sempre Treccani).
E mancano pure molti termini tecnici della linguistica, in questo forum usati spesso: figure retoriche come l'omoteleuto e l'antimetabole, aggettivi come perlocutorio, sostantivi come semiosi, semasiologia, prefissoide, monema, ecc. In pratica, ha meno lemmi di uno Zingarelli minore o di un Devoto-Oli intermedio.
Teo Orlando
Teo
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Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di Teo »

http://www.gothicnetwork.org/articoli/p ... a-italiana


Più libri, più liberi. Il futuro della lingua italiana

Articolo di: 
Teo Orlando


L'11 dicembre del 2022, presso la Fiera della piccola e media editoria, ospitata nella Nuvola di Fuksas, nel quartiere romano dell'Eur, è stato presentato il libro Insegnare l’italiano nell’università e nella scuola (edizioni di Storia e letteratura) che contiene la lezione con cui il 14 giugno del 2017, quasi al compimento di quarant’anni di cattedra, il linguista Luca Serianni tenne la sua lezione di congedo nell’Aula 1 della Facoltà di Lettere alla Sapienza, Università di Roma. La lezione pubblicata è stata l’occasione per ricordare Serianni a cinque mesi dalla sua scomparsa, grazie agli interventi dei giornalisti Paolo Di Paolo e Cristina Faloci, suoi ex allievi e redattori della trasmissione radiofonica La lingua batte, e della storica della lingua Valeria Della Valle, Accademica della Crusca e anche lei discepola di Serianni.

Di Paolo ha sottolineato come Serianni, anche prima della sua tragica morte, avvenuta per un incidente stradale nel luglio 2022, continuasse a svolgere una fitta attività didattica, anche nelle scuole. Per l’occasione aveva scelto di parlare dell’insegnamento della lingua italiana, ma in realtà fece molto di più, come sempre. Quella lectio magistralis andrebbe fatta leggere a chi inizia a lavorare come professore, come a un medico il giuramento d’Ippocrate. E infatti Serianni ha osservato, nel sottolineare il contatto tra docente e alunno, come ci sia «continuità nella funzione dell'insegnante, anche se l'età dei discenti cambia dai bambini delle elementari ai giovani adulti (o almeno tardo-adolescenti) delle aule universitarie».

«Insegnare è soprattutto trasmettere un certo modo di vedere le cose, da una generazione all’altra», esordì, citando i suoi maestri, tra cui il grande linguista Arrigo Castellani, che ha inciso «profondamente» nella sua formazione. E anche il collega Tullio De Mauro, poco più anziano, che ha dedicato più di quarant'anni di impegno illuminato e instancabile al miglioramento della scuola italiana. Da De Mauro e dall'antropologo Alberto Maria Cirese, Serianni ha mutuato e ripreso l'idea dell'importanza di essere al servizio di una persona giuridica: lo Stato, che non è solo l'ente che eroga lo stipendio ai suoi dipendenti, ma anche l'insieme dei cittadini che fanno parte di una determinata comunità territoriale. «Proprio ai miei studenti di quest’anno – disse in quel frangente, prima di ripiegare i fogli del suo discorso - ho ricordato il secondo comma dell’articolo 54 della Costituzione, che mi piace interpretare, andando forse oltre la lettera, e ho chiesto loro: Sapete che cosa rappresentate per me? Immagino che non lo sappiate. Voi rappresentate lo Stato». Dai maestri che hanno reso più chiara la strada è poi passato ai suoi tantissimi allievi, di cui disse: «Il merito non va a me, ma alle loro capacità». I maestri, dunque, «assolvono i loro compiti se si limitano a riconoscere i talenti e a valorizzarli, senza coartare in nessun senso le rispettive inclinazioni di studio e di ricerca»: in fondo l'allievo veramente capace è colui che risulta bravo e riesce a raggiungere i suoi obiettivi indipendentemente dai maestri che ha incontrato nella sua carriera (e talora anche nonostante i maestri). Come diceva Friedrich Nietzsche nella sua autobiografia, Ecce Homo: «si diventa ciò che si è».

Di rilievo è anche il passaggio in cui Serianni si sofferma sugli esami, tanto temuti dagli studenti: «Sono un momento fondamentale, non solo per lo studente, e per l'investimento emotivo che comporta, ma anche per il docente, che verifica proprio nella circostanza dell'esame se ha combinato qualcosa di buono durante il proprio corso». Stando ai racconti dei colleghi, infatti, nessuno nel suo piccolo ufficio al secondo piano veniva mai umiliato, perché di uno studente, diceva, non si dovrebbe mai parlare male. Sempre da loro emergeva il ricordo del modo che aveva di correggere i compiti scritti: le tradizionali penne rosse e blu per segnalare la gravità degli errori, e una penna verde, per fare una "carezza" a chi aveva avuto buone intuizioni. Insomma, chi ha scelto l’insegnamento ha «scommesso sui propri scolari, e in generale sui giovani, sulla loro capacità di apprendere quale che sia il punto di partenza» e «non può concedersi il lusso di essere pessimista». Impressionante era anche la memoria con cui riconosceva i suoi studenti, anche a distanza di molto tempo. Ancora più rilevante, a differenza di molti laudatores temporis acti apocalittici e brontoloni, è il rilievo per cui gli studenti veramente bravi di oggi sarebbero più bravi dei loro omologhi di cinquant'anni fa, nel senso che conoscono meglio le lingue straniere e spesso sono in grado di suonare bene uno strumento musicale che non sia la semplice chitarra, benché abbiano una maggiore difficoltà nello studiare con costanza e concentrazione.

Faloci e Di Paolo hanno ricordato anche la sua profonda gentilezza, il suo garbo, la sua acutissima intelligenza, la sua gioia di stare accanto ai giovani, l’enorme forza maieutica. Quella fama “paterna” che lo precedeva, ha contribuito senza saperlo a rendere più chiara la strada di molti. Come fanno i Maestri. E i Maestri non si perdono mai. Della Valle nella prefazione ha ricordato i numerosi contributi dedicati alla didattica della lingua italiana, culminati nell'imprescindibile Grammatica italiana (Utet, 1988), a un tempo descrittiva e normativa. I maestri si riconoscono quando incoraggiano i talenti senza coartarne nessuno. Solo per l'accento grafico su sé stesso Serianni era intransigente, ritenendo un'inutile complicazione ometterlo quando il pronome riflessivo è rafforzato da "stesso" o "medesimo".

La lezione di Serianni è il ritratto sia del buon insegnante sia del bravo studente. Si nota infatti un tono indulgente verso chi deve apprendere, con quell'atteggiamento comprensivo che proviene però da un docente esigente che si preoccupava della progressione dello studente. È notevole anche la propensione del linguista per i test Invalsi, che a suo parere sono in grado di misurare lo stato delle conoscenze della nostra lingua, pur con tutti i limiti che possono avere. Ha anche onestamente riconosciuto come la ministra Mariastella Gelmini abbia aumentato da tre a quattro le ore di italiano nel comparto tecnico e professionale (ma le ha diminuite nel biennio licei classici, da cinque a quattro. Serianni auspica però l'aggiunta di un'ora al triennio).

Di Paolo ammette che grazie alle lezioni di Serianni si è trasformato in una persona diversa, pur non essendosi laureato con lui, ma semplicemente seguendo le sue lezioni di grammatica storica (e aveva poi cofondato l'Accademia degli Scrausi, un’associazione di studenti e studiosi sorta in seno alla cattedra di Storia della Lingua Italiana, nel settembre 1992. L'aggettivo "scrauso" significa "di scarso valore": la prima attestazione è del 1527, nella confessione autografa di una presunta strega del contado romano, Bellezze Ursini da Collevecchio. Ma l'Accademia ha usato il termine in funziona antifrastica, a sottolineare un approccio giocoso e ludico allo studio della lingua italiana). Per Serianni, lingua e letteratura dovrebbero essere insegnate congiuntamente, contrariamente al parere di alcuni suoi colleghi linguisti. E tuttavia, per lui la confidenza con i testi letterari non ha come prima funzione quella di insegnare la lingua, ma semmai la presuppone. Ma la lettura dei testi letterari nella secondaria di primo grado e nel biennio del secondo grado deve soprattutto educare ai sentimenti e alle emozioni, sviluppando l'immaginario. È notevole la frecciata che egli lancia anche sia contro l'eccesso di dispersività culturale, sia contro l'eccesso di specialismo. Per il primo, equivalente alla polymátheia (πολυμάθεια) biasimata da Eraclito, cita un tale Margite, personaggio di un poemetto greco antico, accusato di «conoscere molti mestieri ma tutti male» («πολλ' ἠπίστατο ἔργα, κακῶς δ' ἠπίστατο πάντα, poll'epístato erga, kakôs d'epistato pánta»). Per il secondo, frutto di «anguste frustrazioni accademiche», menziona un personaggio di Pirandello, il professor Bernardino Lamis che nel racconto L'eresia catara fa lezione ai cappotti illuedendosi di avere di fronte a sé degli studenti in carne e ossa.

Di Paolo parla delle lezioni di Serianni anche come corsi impliciti di dizione. Il suo italiano era impeccabile era sbobinabile in tempo reale, con le subordinate mai fuori posto e sempre ben concluse. Ricorda pure un laboratorio universitario di scrittura professionale, dove si approfondivano i diversi livelli di lingua scritta, studiando anche testi come le voci di enciclopedia delle Garzantine, eseguendo riassunti delle opere letterarie (la migliore prova di comprensione di un testo e di gerarchizzazione delle informazioni, non un esercizio pedante) e redigendo testi argomentativi.

Lo stesso giorno è stato presentato il Nuovo Vocabolario Treccani, la cui principale innovazione è quella di aver deciso di registrare le forme femminili di nomi e aggettivi insieme a quelle maschili, seguendo l'ordine alfabetico: è una scelta che potrà piacere o no, ma poco o nulla aggiunge alla qualità intrinseca del dizionario.

Dizionario a cui hanno lavorato Giuseppe Patota e Valeria Della Valle, linguisti e accademici della Crusca, allievi di Serianni, legati da un sodalizio editoriale che ha prodotto numerosi libri divulgativi sulla grammatica. Con Cristina Faloci e Paolo Di Paolo hanno presentato un dizionario ristrutturato secondo nuovi parametri, finalizzati a rendere lo strumento più popolare e amichevole. Della Valle, esordisce citando una frase di Cesare Cantù: "i dizionari sono un dall'altro copiati". Il che è anche una prassi quasi normale: del resto, una volta per essere registrata nei vocabolari una parola doveva avere alle spalle una forte tradizione letteraria. E ammette lei stessa che negli anni '70 ha assorbito quella mentalità quando cominciò a collaborare alla redazione di vari vocabolari, compresi quelli della Treccani, fino all'edizione del 2018. Ma si rese presto conto che il vocabolario arrivava in ritardo rispetto alla lingua della società. A quel punto, lei e Patota si sono detti: "perché non possiamo essere noi a cambiare qualcosa? Ossia cambiare consuetudini e convenzioni".

Patota a sua volta osserva che i due curatori non hanno intaccato un sistema linguistico consolidato, né hanno afferamto che esistono parole che devono cambiare di genere o inserito dei nuovi segni grafici o paragrafematici, come si dice tecnicamente, per indicare un genere piuttosto che un altro. Hanno invece intaccato una tradizione in forza della quale bella è il femminile di bello, ma bello non è il maschile di bella. Hanno cioè cercato di andare in direzione diversa da quella di una società "androcentrica" che ha favorito queste convenzioni, cosa che si osserva anche nei proverbi, come la paremiologia ci ha consentito di rilevare (es.: "a donna imbellettata, voltale le spalle"). Quello Treccani è, in ultima analisi, il primo vocabolario a non presentare le voci privilegiando il genere maschile, ma scegliendo di lemmatizzare anche aggettivi e nomi femminili, in ordine alfabetico.

Molto convincenti e pertinenti sono stati i due curatori quando hanno spiegato perché le loro definizioni cercano di evitare il gergo "vocabolariese" (quella sorta di linguaggio iniziatico che porta a definire una semplice vite come un «organo meccanico di collegamento, costituito da un gambo cilindrico o conico, sul quale è inciso un solco elicoidale il cui risalto va a impegnarsi tra i risalti di un solco analogo – preesistente o generato dalla sua stessa rotazione)»; e il ricorso a parole, nel definiens, che a loro volta hanno bisogno di essere definite. Si è cioè eliminata ogni forma di cortocircuito lessicografico, evitando di obbligare gli utenti del dizionario a vagare da una voce all’altra, in una catena di rimandi che creano spirali senza fine: pertanto, le spiegazioni di una parola sono sempre autosufficienti, sicché non è più necessario, in media, cercare il significato di un altro vocabolo presente nella spiegazione stessa. Si sono poi soffermati sulla definizione del termine tecnico entropia, confrontandola con quella dello Zingarelli e mostrando la maggiore chiarezza del lemma del Treccani. E in effetti il maggior pregio di questo vocabolario consiste proprio nell'assoluta chiarezza, perspicuità e rigore "autoconclusivo" delle definizioni, che non temono confronti rispetto a quelle di altre opere lessicografiche, concepite con criteri meno orientati alla massima trasparenza comunicativa e informativa.

Patota ha anche giustificato l'eliminazione di molti termini tecnici e specialistici e l'espunzione di numerosi arcaismi ormai del tutto usciti dall'uso, le cosiddette "parole fantasma" (definite anzi archeologismi, come abbattachiare o beccastrino), rimandando all'edizione in rete per chi cercasse i lemmi non registrati su questa edizione definita "compatta".

Pur avendo apprezzato le argomentazioni dei due illustri curatori sulla necessità di "potare" alcuni rami secchi dal Dizionario, conservo alcune perplessità perché mi sembra che si sia un po' esagerato. In effetti, ho constatato che il "nuovissimo" dizionario monovolume non solo non è minimamente comparabile con quello "antico" in cinque volumi, ma è stato ridotto nel lemmario sia rispetto alle versioni precedenti in un solo volume, sia rispetto a dizionari monovolume di altri editori, come lo Zingarelli, il Devoto-Oli-Serianni e il Garzanti (quest'ultimo curato peraltro dallo stesso Patota). L'impressione, datami dalla disposizione in due colonne (non più in tre) e dal numero delle pagine (poco più di 1000, contro le 2000 della versione precedente e le 2500 dello Zingarelli), è stata confermata da una ricerca un po' casuale che ho compiuto immediatamente, mirata sul lessico della filosofia: non ho cercato lemmi specialistici da dizionario di filosofia anziché da dizionario "generalista" della lingua italiana (come potrebbero essere abderitismo, eleuteronomia, emergentismo od ontoteologia, la cui omissione è in qualche modo giustificata). No, ho cercato alcuni vocaboli che sono presenti in tutti i manuali destinati ai licei, anche quelli meno esaustivi: aporia, apofantico, cognitivismo, contrattualismo, intuizionismo, falsificazionismo, pragmatismo (come corrente filosofica), proposizionale. Ebbene, tutti questi lemmi sono assenti (mentre Zanichelli e Devoto-Oli continuano a registrarli). Posso capire che, per esempio, di intuizionismo possa mancare il significato che ha in filosofia della matematica (in Brouwer e Weyl), ma come termine generico della filosofia della conoscenza dovrebbe essere registrato e definito: anche i manuali di letteratura italiana accennano invariabilmente all'«intuizionismo di Bergson», quando trattano del decadentismo. E ogni trattazione di filosofia antica parla delle aporie presenti nei dialoghi socratici di Platone. E basta aprire un qualsiasi editoriale di Gustavo Zagrebelsky su la Repubblica per imbattersi nel termine contrattualismo.

In un altro dibattito, i presentatori spiegarono che tutto ciò rientrerebbe in una nuova filosofia che mirerebbe a diffondere le opere lessicografiche Treccani a tutti i livelli di istruzione e cultura, al fine di migliorare e consolidare il lessico di base dei cittadini italiani, che ormai le statistiche mostrano essere estremamente carente, con problemi anche nelle abilità di lettura fondamentali. Sarà, ma rafforzare il lessico di base non vuol dire eliminare il lemma aporia o espungere dal lemma falsificazione il significato che gli diede Popper (e prima ancora, udite, udite, Dante Alighieri, Paradiso, Canto II, v. 84: "falsificato fia lo tuo parere"), come sinonimo di confutazione di una teoria scientifica.

Insomma, il Vocabolario per certi versi sembra diventato un lessico per studenti di scuola media e per il biennio delle superiori. Mi viene a proposito in mente un esempio: il mio nipotino minorenne, curioso e avido di sapere, potrebbe andare a consultare il vocabolario perché vuole conoscere il significato di qualche termine un po' astruso che ha trovato per caso in qualche libro: se per esempio si imbatte nel termine "antimetabole" (una figura retorica simile al chiasmo) e aprendo il Treccani non lo trova, sicuramente la sua fiducia nell'autorevolezza del Vocabolario diminuirà e sul suo volto si disegnerà l'ombra della sorpresa. Si possono addurre tutte le giustificazioni che vogliono, ma non avrebbero dovuto ignorare che l'utente medio dei vocabolari, banalmente, vi cerca "le parole difficili". E qui ne mancano troppe. Sto consultando una copia del Devotino (il Devoto-Oli in edizione ridotta, a cura di Luciano Satta e Lorenzo Magini), che ha lo stesso numero di pagine del Treccani attuale (circa 1200): lemmi come aporia, pragmatismo, intuizionismo sono presenti. E anche per la linguistica (non voglio certo limitarmi solo alla filosofia) mancano termini come antimetabole, omoteleuto, monema, prefissoide, paragrafematico (usato dallo stesso curatore), polirematica, perlocutorio, illocutorio, ecc. Tutti termini che si trovano in qualsiasi manuale universitario delle discipline linguistiche.

Sicché, come gli stessi curatori hanno riconosciuto quando hanno parlato di edizione "compatta", il livello è quello di una sorta di dizionario "intermediate", come direbbero gli anglosassoni, cosa che costituisce una novità rispetto alla tradizione della Treccani. Una volta la Treccani pubblicava sostanzialmente tre opere lessicografiche: 1) Il Dizionario Enciclopedico Italiano (affiancato, per un certo periodo, dal Lessico Universale Italiano), che fondeva dizionario ed enciclopedia. 2) Il Vocabolario della lingua italiana (in cinque volumi, sostanzialmente la parte meramente lessicografica del precedente, diretto da Aldo Duro). 3) Il Conciso in un solo volume, poi divenuto il Treccani, diretto da Raffaele Simone, meno esaustivo di quello in cinque volumi, ma comunque di ampiezza notevole, equivalente grosso modo a quella di uno Zingarelli o di un Devoto-Oli.

La linguista Emanuela Piemontese, nel recensire il Grande dizionario italiano dell'uso di Tullio De Mauro (Italica, Vol. 77, No. 4, Linguistics and Pedagogy, Winter, 2000, pp. 566-568), osserva:
"Un'opera lessicografica che fonde tensione scientifica e impegno civile è il Grande dizionario italiano dell'uso (detto anche Gradit, in forma acronima). Ideato e diretto da Tullio De Mauro è stato pubblicato all'inizio del 2000, dalla casa editrice torinese UTET. [...] L'opera, in sei volumi (più CD Rom), si inserisce nel solco della lessicografia italiana che arriva a una svolta nel Novecento con il Dizionario enciclopedico italiano (1954-61), il Lessico universale italiano (1968-81), entrambi dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana e con il Grande dizionario della lingua italiana (1961 e tuttora in corso di completamento) di Salvatore Battaglia, pubblicato dalla UTET e, più di recente, con il Vocabolario della lingua italiana (1986-94), diretto da Aldo Duro per l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. [...] Un'ultima informazione. In autunno sarà in commercio, sempre di De Mauro, Il dizionario della lingua italiana della casa editrice torinese Paravia. Il dizionario in via di pubblicazione conterrà circa 160.000 lemmi (tra mono e polirematiche). La Paravia ha realizzato la parte a destinazione scolastica dell'ampio progetto lessicografico demauriano. Per usi pedagogici, De Mauro ha già pubblicato con la Paravia, nel 1997, Prime parole, destinato alla scuola di base di primo grado; nel 1996, il DIB-Dizionario di base della lingua italiana, rivolto alla scuola di base, tra elementari e medie; nel 1997, il DAIC Dizionario avanzato dell'italiano corrente, destinato ai ragazzi nel passaggio dalla scuola media alle superiori". [A questi aggiungerei il Dizionario della lingua italiana in versione compatta, intermedio tra DAIC e monovolume ordinario].

In effetti, Tullio De Mauro, nella sua acutissima sensibilità a un tempo lessicografica e didattica, aveva ben presenti le diverse funzioni e livelli di ciascuno di questi dizionari. Ebbene, io ho l'impressione che, nel caso del Treccani attuale i vertici dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana non abbiano voluto diversificare l'offerta, come si suol dire con una brutta ma efficace metafora commerciale: il dizionario Treccani attuale, monovolume (è invece fuori catalogo quello in cinque volumi, benché disponibile in linea, per fortuna), corrisponde grosso modo, come ampiezza del lemmario, al DAIC, ossia al dizionario destinato ai ragazzi nel passaggio dalla scuola media alle superiori.

Ora, non è che un'operazione del genere non sia più che lecita, ma, dato il prestigio della Treccani, avrebbero dovuto qualificarla come tale (ossia come la pubblicazione di un dizionario più "didattico"), affiancando a tale dizionario un lessico monovolume più corposo e ampio e ripubblicando in edizione aggiornata e su carta il vocabolario in cinque volumi. Questo era lo spirito dell'impresa lessicografica che apparteneva a maestri come Tullio De Mauro e prima ancora Bruno Migliorini e Aldo Duro.

Pubblicato in: 
GN9 Anno XV 4 gennaio 2023
Scheda
Titolo completo: 

Più libri, più liberi
Fiera nazionale della piccola e media editoria
Associazione Italiana Editori
Roma, 7-11 dicembre 2022.

Libri presentati:

Luca Serianni: Insegnare l'italiano nell'università e nella scuola, Roma, Edizioni di Storia e letteratura (collana Civitas, 25), 2022, pp. 50. Euro 6,00.
 
Il Vocabolario Treccani: Dizionario dell'italiano Treccani, diretto da Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana, 2002.
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Teo Orlando
brg
Interventi: 488
Iscritto in data: mer, 12 gen 2022 20:53

Re: Il «nuovo» Treccani

Intervento di brg »

Trovo significativa l'importanza che il Serianni attribuisce agli esami, perché mi par di capire che la didattica ideale da lui immaginata sia piuttosto differente rispetto a quella desiderata e progettata dall'attuale ministro dell'istruzione. Il seppur vago "portfolio sintetico dello studente" prospetta una valutazione del fantomatico merito secondo criteri che intendono superare l'assegnazione del voto, che per l'appunto è un elemento fondamentale di qualsiasi esame. Mi pare che quindi la strategia dichiarata sia controproducente rispetto agli obiettivi didattici più esaltati al momento, cioè lo sviluppo del pensiero critico e autonomo, la capacità di maturare, quella di stabilire connessioni. Il momento dell'esame individuale, sia scritto che orale, è il momento in cui la capacità dello studente di confrontarsi, di argomentare, di ragionare, posti vari limiti e varie costrizioni, viene messa alla prova. Senza tali prove questa tanto agognata capacità non ha tante ragioni di svilupparsi.

Passando alla questione del dizionario, ci sono almeno due punti che mi lasciano perplesso e che non mi pare che siano stati approfonditi.
Il primo punto riguarda il linguaggio delle definizioni: io mi aspetto che sia il più preciso e chiaro possibile, dove con "chiaro" non intendo dire "semplice", o addirittura "semplicistico", ma "non ambiguo". Non mi è pertanto chiaro quale sia il problema di una definizione che possa richiedere all'utente del dizionario di andare a cercare altre definizioni, né quale sia il vantaggio di avere definizioni "autosufficienti", se queste sono formulate a discapito delle due suddette caratteristiche fondamentali, cioè precisione e chiarezza.
Il secondo punto riguarda quei poveri "rami secchi". Una delle ragioni per cui uso il dizionario è certamente quella di trovare la definizione di qualche parola desueta, incontrata in qualche scritto dal passato. Suppongo che sia lo stesso anche per gli attuali studenti delle scuole superiori, almeno che i programmi di italiano non abbiano ridotto al minimo la letteratura da leggere o studiare. Quindi non capisco l'utilità di un dizionario che non presenti le definizioni di termini attestati ed usati in opere scritte, che sono sopravvissute per secoli, di fronte all'inclusione di neologismi, che magari sono attestati solo nel linguaggio giornalistico e che spariranno nel giro di pochi anni.
Fuori tema
Teo ha scritto: lun, 09 gen 2023 20:28 [...] spesso sono in grado di suonare bene uno strumento musicale che non sia la semplice chitarra, benché abbiano una maggiore difficoltà nello studiare con costanza e concentrazione.
Premesso che ogni strumento musicale richiede abilità specifiche e particolari e che la maestria nel suo uso è sempre una questione di applicazione e costanza, oltre che di passione e predisposizione, non mi azzarderei a definire la chitarra uno strumento "semplice". La chitarra classica ha certamente tutti i requisiti per essere considerata uno strumento musicale con dignità pari ad un oboe, un violoncello, un clarinetto o qualunque altro strumento tradizionale.
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