Nella traduzione dell’Odissea d’Ippolito Pindemonte si trova, in vari passi, la crasi fra la seconda persona del passato semplice e il pronome. Per esempio, nel libro IX, si legge:
Per quale offesa, o Polifemo, tanto
gridastu mai? Perché cosí ci turbi
la balsamica notte, e i dolci sonni? (vv. 519-521)
Non sono esperto di poesia, ma nei poeti italiani che ho letto finora non ho trovato nulla di simile. Ci sono, che voi sappiate, precedenti che corroborino questa scelta, oppure è un’invenzione del Pindemonte?
«Tu» enclitico con la II persona singolare del passato remoto in poesia
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Re: «Tu» enclitico con la II persona singolare del passato remoto in poesia
Non è poesia, ma io ricordo un fostú nel Decameron.
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Re: «Tu» enclitico con la II persona singolare del passato remoto in poesia
Grazie. Nella pagina sul Boccaccio nell’Enciclopedia dell’Italiano
L’accentazione parossitona dell’esempio che ho riportato, tratto dall’Odissea pindemontiana, è dovuta a ragioni metriche; anche altrove nella stessa versione dell’Odissea l’accento è ritratto per rispettare la scansione del verso: (libro I, vv. 232-233: «Con quai nocchier venistu, e per qual modo, / E su qual nave, in Itaca?».
Nel libro Il verso giusto: 100 poesie italiane del Serianni si legge, in una nota:
Nel Decameron si trova anche un dicestú (giornata settima, novella quinta: «‹Come?› disse il geloso ‹non dicestú cosí e cosí al prete che ti confessò?›», cosí il testo dell’edizione critica curata da Vittore Branca secondo l’autografo hamiltoniano).Michelangelo Zaccarello alla voce «Giovanni Boccaccio» dell’Enciclopedia dell’Italiano ha scritto:Non mancano tuttavia esempi di segno opposto, in cui alcune forme del più antico fiorentino compaiono in testimonianze anteriori ma non in BH: è il caso del pronome interrogativo enclitico fostù (in BH solo fosti: Vitale 2002: 120-121).
L’accentazione parossitona dell’esempio che ho riportato, tratto dall’Odissea pindemontiana, è dovuta a ragioni metriche; anche altrove nella stessa versione dell’Odissea l’accento è ritratto per rispettare la scansione del verso: (libro I, vv. 232-233: «Con quai nocchier venistu, e per qual modo, / E su qual nave, in Itaca?».
Nel libro Il verso giusto: 100 poesie italiane del Serianni si legge, in una nota:
Luca Serianni nel libro «Il verso giusto: 100 poesie italiane» ha scritto:fostú: tu fosti. La forma, tipicamente poetica, nasce da fosti tu, per caduta della sillaba finale del verbo; stessa trafila per venistú e vedestú. Dopo il Cinquecento forme del genere compaiono in poesie dal colorito volutamente arcaizzante (Pindemonte traduttore dell’Odissea) o con intenzione ironica (Carducci).
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Re: «Tu» enclitico con la II persona singolare del passato remoto in poesia
Mi sono procurato l’edizione della BUR dell’Odissea pindemontiana (Ippolito Pindemonte, Odissea di Omero, Milano: «BUR», 2009, 2 voll.), col commento di Michele Mari. Nel primo libro, il verso 233 («Con quai nocchier venistu […]») è cosí annotato:
Michele Mari in «Ippolito Pindemonte, Odissea di Omero» ha scritto:venistu: forma sincopata (venisti tu) abbastanza diffusa nell’italiano antico, e impiegata piú volte dal Pindemonte; cfr. Dante, Inf. VIII, 127: «Sovr’essa vedestú la scritta morta».
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