Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

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brg
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

Intervento di brg »

Difesa Italiano ha scritto: mer, 09 nov 2022 13:41 Storicamente abbiamo adattato numerosi nomi stranieri, non vedo perché smettere. :D
Quando mai ho sostenuto che bisogna smettere? Sto solamente cercando di capire se l'onomastica straniera sia da considerarsi parte dei forestierismi, oppure no ed ho addotto alcune argomentazioni per cui essa costituisce perlomeno una categoria particolare e distinta, dentro o fuori dell'insieme dei forestierismi. Tradizionalmente i latinismi ed i grecismi non sono mai stati considerati forestierismi, per determinate ragioni, così come non si possono considerare forestierismi nomi come Liutperto o Liutprando, re d'Italia, per altre ragioni. Quello che chiedo è se i nomi stranieri lo siano ed in quale misura.
I miei argomenti per tradurre o adattare un forestierismo li ho chiari e li ho esposti più volte, perciò mi accorgo che questi generalmente non sono altrettanto validi per i nomi.

Ora la interrogo sulla sua affermazione: perché si sono adattati numerosi nomi stranieri? Ed in quale misura sono stati adattati? Alcune di queste ragioni le ho già esposte su queste pagine. Una è perché si tratta di nomi mediati dal latino, di cui storicamente l'italiano era considerato solo un dialetto volgare. Un'altra è perché si tratta di nomi propri "parlanti", cioè dotati di un significato, come "Toro Seduto" o "Politecnico di Zurigo", o connotati da un riferimento preciso a qualche personaggio storico, come papa Francesco, che si chiama così in onore di San Francesco, o re Carlo, in onore dei millemila re Carli precedenti. L'ultima ragione seria che mi viene in mente è l'adattamento naturale che avviene nel linguaggio parlato, cioè la tradizione popolare e popolaresca. L'ultimissima ragione, meno seria, è l'adattamento scherzoso, fatto da chi consapevolmente storpia il nome. Fuori da questi casi, faccio fatica a vedere non solo le ragioni, ma pure l'opportunità, per questo chiedo.
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

Intervento di G. M. »

brg ha scritto: gio, 10 nov 2022 23:43 Ora la interrogo sulla sua affermazione: perché si sono adattati numerosi nomi stranieri? [...] Alcune di queste ragioni le ho già esposte su queste pagine. [...] Fuori da questi casi, faccio fatica a vedere non solo le ragioni, ma pure l'opportunità, per questo chiedo.
Le fornisco io una ragione ulteriore: l’estetica. :)
Ci sono persone a cui piace l’italiano coi suoi suoni e le sue forme, e che provano piacere ad arricchirne la collezione con nuovi pezzi, nuovi nomi ognuno col suo fascino, la sua storia e il suo sapore; come un enciclopedista è felice di aggiungere un articolo alla sua enciclopedia, o un viaggiatore di aggiungere un timbro al suo passaporto. Non tutti hanno questo gusto, anzi moltissimi oggi hanno il gusto contrario; ma per quelli che ce l’hanno, è un’ottima ragione, che non ha bisogno di altre giustificazioni.
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

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G. M. ha scritto: ven, 11 nov 2022 0:30 Le fornisco io una ragione ulteriore: l’estetica. :)
Ci sono persone a cui piace l’italiano coi suoi suoni e le sue forme, e che provano piacere ad arricchirne la collezione con nuovi pezzi, nuovi nomi ognuno col suo fascino, la sua storia e il suo sapore; come un enciclopedista è felice di aggiungere un articolo alla sua enciclopedia, o un viaggiatore di aggiungere un timbro al suo passaporto. Non tutti hanno questo gusto, anzi moltissimi oggi hanno il gusto contrario; ma per quelli che ce l’hanno, è un’ottima ragione, che non ha bisogno di altre giustificazioni.
Già, ma, come notavo, è una motivazione diversa da quella che spinge alla traduzione o adattamento dei forestierismi in genere. Soprattutto se si considera che latinismi e grecismi, che hanno una "estetica" differente, tradizionalmente non sono stati inclusi nella categoria dei forestierismi di cui si parla. L'adattamento dei nomi propri, ribadisco, mi pare un problema sostanzialmente differente dall'adattamento dei forestierismi.

Per quanto riguarda la faccenda di estendere il vocabolario italiano, ricordo che il gran modello della lingua italiana è il Petrarca ed il suo vocabolario selezionato e regolare. Un forestierismo foneticamente adattato rimane comunque un forestierismo e l'introduzione incauta e l'accettazione acritica di nuove parole rischia di mettere in discussione la sopravvivenza delle vecchie, magari più autenticamente italiane. Quindi non posso considerare ciò un valore assolutamente positivo.
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

Intervento di G. M. »

La mia risposta era diretta esclusivamente al quesito che ho citato nel mio intervento, cioè al fatto che lei non trovasse altre ragioni per italianizzare i nomi propri.

Parlando di termini stranieri più in generale, la sua considerazione è certamente giusta: e infatti nessuno propone di adattare l'inglese cold in *coldo quando abbiamo freddo, frigido, algido, algore, gelo, gelido, sido, crio-, psicro-, eccetera.
Ma, in modo che mi pare analogo, parimenti nessuno propone di adattare l'inglese London in *Londona, il francese Paris in *Parì, o il cinese 中国 Zhōngguó in *Gionguò. :wink:
Si è pronti a cercare parole nuove appunto dove non «rischia[no] di mettere in discussione la sopravvivenza delle [parole] vecchie, magari più autenticamente italiane», compresi fra queste i nomi propri già consolidati. Non l'ho specificato perché mi pareva che la domanda riguardasse l'italianizzazione dei nomi stranieri per cui non esistono già forme italiane, e per i quali dunque tale problema non si pone.
brg
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

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Mi pare che si ciurli un po' nel manico. Non ho ancora capito se questa differenza tra onomastica e forestierismi, tra latinismi e altri forestierismi sia percepita dagli altri ed in quale misura.

Il mio secondo paragrafo riguardava un discorso più generale. Non credo che introdurre adattamenti come "lidere" o "standaro" arricchisca la lingua italiana, quando, per esprimere concetti tanto elementari, si sono usati per secoli altri termini. Tali introduzioni vanno inoltre a minare l'uso ragionato del linguaggio tanto quanto i forestierismi non adattati. Il fatto è che, più o meno adattato, un forestierismo resta un forestierismo e per i nomi c'è poco da fare oltre adattare (almeno che non siano nomi parlanti, questione già affrontata). Rimane da stabilire il criterio con il quale adattarli, ma ciò è un argomento che va al di là, mi pare, della questione dei forestierismi e riguarda espressamente e particolarmente la sola onomastica.
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

Intervento di G. M. »

Se ora mi accusa di ciurlare nel manico, ovvero di «sottrar[m]i con abili raggiri o continui rinvii a un impegno, non essere fermo nelle [mie] idee e nei propositi», mi pare che il problema non sia tanto che non siamo d'accordo, quanto proprio che non ci capiamo. In che cosa mi sono sottratto con abili raggiri o in che cosa non sono stato fermo? Mi sembra di aver sempre risposto e che la mia posizione, espressa qui e altrove, sia chiara e «ferma». :|

Riprovo ancora, comunque, dandole il mio parere punto per punto.
brg ha scritto: ven, 18 nov 2022 19:18 Non ho ancora capito se questa differenza tra onomastica e forestierismi, tra latinismi e altri forestierismi sia percepita dagli altri ed in quale misura.
Se per «altri» intende gli altri membri del fòro oltre a me e lei, lascio che siano loro a rispondere; se intende a parte lei stesso, per quel che mi riguarda la differenza è solo quantitativa, non qualitativa: si tratta, in tutti i casi, di «parole non italiane2». Se la parola forestierismi le sembra troppo connotata, per cui non vuole considerare «forestiero» un latinismo, immagini un'etichetta artificiale di comodo per individuarli, chessò, parole 1.
brg ha scritto: ven, 18 nov 2022 19:18 Il mio secondo paragrafo riguardava un discorso più generale. Non credo che introdurre adattamenti come "lidere" o "standaro" arricchisca la lingua italiana, quando, per esprimere concetti tanto elementari, si sono usati per secoli altri termini.
Io ho un punto di vista più "tollerante", quindi in qualche caso appoggerò l'eventuale adattamento, ma in generale la sua posizione mi sembra comprensibile e legittima e la condivido: in sintesi, è meglio evitare d'introdurre elementi "inutili". Ciò in cui divergiamo è dove fissare l'asticella della tollerabilità o utilità, ma questa è una questione di sensibilità della singola persona sul singolo caso in esame, dove entrano in gioco anche fattori di gusto estetico spesso sfuggenti, e dunque è difficile stabilire una norma univoca e universale per tutti i casi.
brg ha scritto: ven, 18 nov 2022 19:18 Tali introduzioni vanno inoltre a minare l'uso ragionato del linguaggio tanto quanto i forestierismi non adattati. Il fatto è che, più o meno adattato, un forestierismo resta un forestierismo e per i nomi c'è poco da fare oltre adattare (almeno che non siano nomi parlanti, questione già affrontata).
Qui mi viene difficile rispondere perché non capisco bene il nesso tra le varie cose.
Mi pare che lei intenda dire che l'adattamento è cattivo a prescindere, e dato che un nome proprio può essere italianizzato solo con un adattamento (esclusi i pochi casi di nomi trasparenti nella lingua d'origine), allora l'italianizzazione di un nome proprio (esclusi quei pochi casi) è necessariamente cattiva. Ho capito bene?
brg ha scritto: ven, 18 nov 2022 19:18 Rimane da stabilire il criterio con il quale adattarli, ma ciò è un argomento che va al di là, mi pare, della questione dei forestierismi e riguarda espressamente e particolarmente la sola onomastica.
Sì e no, dato che, se ammettiamo la possibilità di adattare parole che non sono nomi propri (e in qualche caso l'adattamento non è tacciabile di inutilità o di gratuità), e se immagina di «stabilire il criterio», ovvero qualcosa di rigido, un algoritmo, da applicare a tutte le parole di una lingua, allora inevitabilmente ciò riguarda anche i nomi comuni oltre i nomi propri.
brg
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

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G. M. ha scritto: ven, 18 nov 2022 20:12 Se per «altri» intende gli altri membri del fòro oltre a me e lei, lascio che siano loro a rispondere; se intende a parte lei stesso, per quel che mi riguarda la differenza è solo quantitativa, non qualitativa: si tratta, in tutti i casi, di «parole non italiane2». Se la parola forestierismi le sembra troppo connotata, per cui non vuole considerare «forestiero» un latinismo, immagini un'etichetta artificiale di comodo per individuarli, chessò, parole 1.
Probabilmente la definizione ottima di forestierismo è sfuggente, tuttavia mi pare che codesta sia una posizione problematica. Mi spiego: parole come "beauty case" o "bomber" (per indicare un attaccante di successo) o "baby gang" sono italiane; brutte quanto ci pare, ma di certo non sono inglesi e nessun inglese ne rivendicherebbe la paternità. Non si tratta stricto sensu di forestierismi, come "leader", perché non hanno origine, né sono stati importati dall'estero: sono nate e cresciute in Italia da sventurati genitori italiani (ed hanno pure più di diciott'anni ormai).
Quindi, quand'ella parla di parole "non italiane", in realtà intende dire "parole che non rispettano la tipica fonotassi italiana" o, meglio ancora, "l'ideale fonotassi italiana", che è tutta un'altra cosa.
Il problema insormontabile è che la "fonotassi ideale" italiana nasce dalla bocca dei popolani, mentre la lingua italiana nasce dagli scritti degli intellettuali, i quali hanno sempre impiegato parole fonotatticamente non italiane. Prendiamo l'esempio del diapason che ha citato. La terminologia della teoria musicale ha origine nella lingua greca e questi termini greci sono stati adottati in latino ed hanno visto un uso continuato attraverso i secoli: "diapason" era parola italiana prima ancora che nascesse l'italiano. Non è fonotatticamente italiana perché si tratta di parola in uso principalmente presso le classi alfabetizzate, le quali non adattano facilmente.
In conclusione, per ribadire ulteriormente il concetto, mi pare che la confusione tra la parola "forestierismi" e l'espressione "insieme di parole che non rispettano la tipica fonotassi italiana" sia da risolvere. Se la sezione in questione riguarda quell'insieme, deve cambiare nome, perché così abbiamo uno spazio di discussione sul buon uso dell'italiano, che fa un cattivo uso della lingua italiana.
G. M. ha scritto: ven, 18 nov 2022 20:12 Qui mi viene difficile rispondere perché non capisco bene il nesso tra le varie cose.
Mi pare che lei intenda dire che l'adattamento è cattivo a prescindere, e dato che un nome proprio può essere italianizzato solo con un adattamento (esclusi i pochi casi di nomi trasparenti nella lingua d'origine), allora l'italianizzazione di un nome proprio (esclusi quei pochi casi) è necessariamente cattiva. Ho capito bene?
Abbastanza. Diciamo che un adattamento è un male minore, che in molti casi rimane un male. Quello che intendevo dire è che, nel caso di parole comuni, l'adattamento incauto è deleterio quanto il forestierismo vero e proprio. È il caso di parole come "bannare" o "startare", abominî che lasciano intendere un uso approssimativo e sragionato del linguaggio, seppure siano perfettamente adattati. Meglio sarebbe in quei casi se l'adattamento non fosse mai avvenuto.
Per quanto riguarda i nomi propri il discorso è diverso, altra ragione per la quale mi sarebbe piaciuta una divisione delle sezioni, e riguarda il fatto che per i nomi propri l'identificabilità è fondamentale, infatti...
G. M. ha scritto: ven, 18 nov 2022 20:12 Sì e no, dato che, se ammettiamo la possibilità di adattare parole che non sono nomi propri (e in qualche caso l'adattamento non è tacciabile di inutilità o di gratuità), e se immagina di «stabilire il criterio», ovvero qualcosa di rigido, un algoritmo, da applicare a tutte le parole di una lingua, allora inevitabilmente ciò riguarda anche i nomi comuni oltre i nomi propri.
...quello che ho cercato di far intendere è che, per i nomi propri, l'eventuale adattamento deve essere un compromesso tra la riconoscibilità del nome e la semplicità di pronuncia. Un nome come "Copenaghen" è ben adattato, seppure parzialmente, è facilmente pronunciabile, è riconoscibile e mantiene una connotazione germanica nelle sue sonorità che si armonizza con l'oggetto indicato. Insomma, mi pare una parola difficile da scalzare dalla propria posizione. Se un anonimo toscano del '200 scriveva Belleèm e Gersalèm è anche perché tali nomi racchiudevano un sentore di esoticità, perfettamente in accordo con l'immaginario su quei luoghi. Se Salgari avesse impiegato per i suoi eroi e le loro imprese un'onomastica che ricorda le stazioni del treno pendolari, avrebbe certamente avuto la metà del suo successo.
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

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brg ha scritto: mer, 23 nov 2022 23:25 Se un anonimo toscano del '200 scriveva Belleèm e Gersalèm è anche perché tali nomi racchiudevano un sentore di esoticità, perfettamente in accordo con l'immaginario su quei luoghi. Se Salgari avesse impiegato per i suoi eroi e le loro imprese un'onomastica che ricorda le stazioni del treno pendolari, avrebbe certamente avuto la metà del suo successo.
Può darsi, ma mi permetta un piccolo fuori tema, che però mi pare importante, non tanto per lei ma per chiunque capiti a leggere questa discussione.

Fin da bambino ho avuto tra le mie passioni principali la narrativa, e nel complesso il genere che preferisco è quello amplissimo del «fantastico». Come lei saprà, una delle forme di maggior successo del fantastico nell'ultimo mezzo secolo è stata ed è quella di grandi storie dal sapore epico ambientate in mondi immaginari che ricordano un'Europa medievaleggiante; e nel fantastico in generale, e in particolare in quello di questa forma specifica, il predominio —nei paesi anglosassoni e in Italia— è tutto di autori di madrelingua inglese, con eccezioni solo rare.
Da quando ho preso coscienza del fenomeno dell'itanglese, ho notato anche qui un certo fatto: che non è nulla di diverso da ciò che osserviamo nel resto della lingua.

Gli autori di lingua inglese usano perlopiù, dove si tratti di ambientazioni europeeggianti, per personaggi, luoghi, casate nobili, ecc., nomi inglesi (= nomi europei, in forma inglese), magari con lievi alterazioni per renderli più strani o anticheggianti ma senza allontanarsi troppo; dove si tratti di ambientazioni più esotiche, scrivono i nomi inventati solitamente secondo l'ortografia inglese, o comunque secondo un'ortografia basata sull'inglese. Un ottimo esempio è la serie di maggior successo (tra le massime, se non la massima) nell'ultimo decennio, quella di G. R. R. Martin oggi nota perlopiù in italiano come Il Trono di spade. Nella parte europeegiante, che costituisce il centro dell'ambientazione e dove si svolge la maggior parte delle vicende, tra i cognomi molti sono trasparenti, come Snow, Strong, Hightower, Waters, Tallhart, Greyjoy; idem i toponimi; fra i personaggi principali abbiamo Jon (= John), Jaime, Robert, Joffrey (= Geoffrey), Eddard (= Edward, Edgar), Samwell (= Samuel), Brandon, Catelyn (= Catherine), Margaery (= Margery), e molti altri simili. Altri nomi e cognomi non ricordano precisamente parole inglesi esistenti ma ne hanno tutta l'aria, come suono e grafia. E nessuno ci vede nulla di strano, né fa commenti su quanto sia inglese l'onomastica in Martin.

Qui da noi, gli scrittori di lingua italiana (che talvolta firmano i propri libri con pseudonimi inglesi) per i propri personaggi usano soprattutto nomi di forma ingleseggiante, o, dove inventati totalmente, comunque scritti secondo un'ortografia di base inglese. A volte usano nomi all'italiana se vogliono che siano trasparenti; altrimenti, questi sono una rarità. Non troverete personaggi che si chiamino Giovanni (né Ioanni, Vanni o simili), Giaime, Roberto, Goffredo, Edgardo, Samuello, né che usino altri nomi italiani di sapore antico, o nomi italiani con qualche variazione arbitraria (*Gioffredo, *Eddardo, *Margerita...).
I nomi non esplicitamente anglicizzanti —non parliamo di un'italianizzazione fonotattica, non pretendo "tanto", ma solo grafica— se in qualche caso seguono l'ortografia italiana è più che altro per caso, perché coincide con quella di base inglese (mentre altrove usano normalmente sh per /ʃ(ʃ)/, y per /j/, k per /k/, w per /w/, ecc.).
I titoli, anche, a volte li scrivono direttamente in inglese.
I traduttori italiani (...a volte per imposizione degli editori, che sanno che l'inglese «tira» più di qualunque cosa, e vogliono vendere*), similmente, nel tradurre trovano normale che in italiano i nomi siano però tutti di forma inglese, anche se le storie sono ambientate in mondi immaginari dove esplicitamente non si parla inglese. E così il pubblico: quando lessi la serie di Martin da ragazzo, non trovavo nulla di strano né rilevante nel fatto che l'onomastica fosse così inglese: per forza, essendo cresciuto —come tutti gl'italiani— in una "bolla" in cui quella era (e tuttora è) la piena normalità.

Insomma: gli anglofoni possono fare e fanno del fantastico fantasticissimo e adorato dal pubblico usando però normalmente nomi della propria lingua o adattati alla propria lingua, mentre sembra assurdo e meritevole di risate (agl'italiani) che la stessa cosa la facciano gl'italofoni. Il suo tono lascia capire bene come consideriamo la nostra lingua: un nome scritto in forma straniera è evocativo e fa vendere, un nome italianizzato «ricorda le stazioni del treno pendolari». 🤦‍♂️ Non c'è da stupirsi che la nostra lingua sembri avviata alla sterilizzazione, apparendo adatta solo per denominare realtà "terra terra" e banali della vita quotidiana nel nostro paese. Gli anglofoni invece vedono la propria lingua come universale, e ottima quindi per qualunque cosa.

[*Si veda la storia delle traduzioni dell'opera massima del genere, Il Signore degli Anelli, dove questa smania anglicizzante italiana è stata messa in atto contravvenendo recidivamente alle indicazioni esplicite su come tradurre i nomi date dall'autore stesso (!).]
SamueleBozzato
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

Intervento di SamueleBozzato »

Io foulard lo tradurrei con fazzolo/fazzuolo (che era un antico scialle velato), simile al foulard e poi queste parole hanno originato fazzoletto. In alternativa si potrebbe adattare come fulare.
SamueleBozzato
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

Intervento di SamueleBozzato »

Io proporrei per blog diario elettronico, poiché è un diario, ma in rete (e comunque avviene tutto elettronicamente). Infine per blogger possiamo chiamarlo diario scrittore.
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Ferdinand Bardamu
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Re: Proposta di linee-guida per la discussione sui forestierismi

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Perché pubblica codeste proposte in questo filone? E poi: sa che di questi forestierismi e dei relativi traducenti s’è già discusso abbondantemente? Inserisca le parole chiave rilevanti nelle caselle di ricerca qui sopra e consulti i filoni che le compaiono tra i risultati prima di avanzare le sue proposte. E consulti attentamente anche la nostra lista.
Difesa Italiano
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Re: [FT] Linee guida per la traduzione del «Signore degli Anelli»

Intervento di Difesa Italiano »

Fuori tema
G. M. ha scritto: dom, 27 nov 2022 14:43 [*Si veda la storia delle traduzioni dell'opera massima del genere, Il Signore degli Anelli, dove questa smania anglicizzante italiana è stata messa in atto contravvenendo recidivamente alle indicazioni esplicite su come tradurre i nomi date dall'autore stesso (!).]
Potrebbe darmi più informazioni?
Avatara utente
G. M.
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Re: [FT] Linee guida per la traduzione del «Signore degli Anelli»

Intervento di G. M. »

Fuori tema
Difesa Italiano ha scritto: lun, 02 ott 2023 22:57 Potrebbe darmi più informazioni?
Nella finzione letteraria, Tolkien s’immagina non autore, ma traduttore di opere appartenenti a un «altro mondo», nel quale si parlano lingue diverse dalle lingue del «nostro mondo».
Traducendo fittiziamente, Tolkien rende i nomi delle lingue di «quel mondo» ora adattando, ora con calchi nelle lingue del nostro mondo, secondo una teoria dettagliata che spiega nell'Appendice F del Signore degli Anelli, § II (A proposito della traduzione). Tolkien si spinge al punto da coniare termini imitando le etimologie dell'«altro mondo», partendo, nel «nostro mondo», dall'anglosassone per arrivare a una forma inglese moderna (anche del tutto opaca per il lettore).

Per le traduzioni del Signore degli Anelli in altre lingue, Tolkien voleva che in generale si seguisse (ovviamente, diremmo noi) lo stesso procedimento, e che, innanzitutto, i nomi che hanno un senso e una connotazione percettibili nell'inglese moderno avessero un senso e una connotazione simili nella lingua d'arrivo della traduzione.

Così, per esempio, Baggins (< bag 'borsa, sacco') è diventato Bolsón in ispagnolo (bolsa 'borsa'), Sacquet o Bessac in francese, Bolseiro in portoghese, Beutlin in tedesco, eccetera. In italiano molti o forse tutti i nomi —non ricordo esattamente— erano stati italianizzati similmente nella prima traduzione di Vicky Alliata di Villafranca; la quale però fu rivista da Quirino Principe che li rianglicizzò:
Quirino Principe, «Nota del Curatore», nel «Signore degli Anelli», Rusconi, 1981, pp. 21–22 ha scritto: [...] Si noti, però, che in tutti, o in quasi tutti i nomi, c'è un'allusione, più o meno evidente o nascosta. Se si volesse che l'allusione avesse significato pieno anche nella traduzione italiana, i nomi dovrebbero essere tutti tradotti ricalcando il significato cui alludono nella lingua originale. Il traduttore, d'altra parte, ha voluto evitare stonature stridenti. Perciò, anche se Baggins richiama bag (sacco, borsa), e così Sackville richiama sack (con significato simile), chiare allusioni [...], il traduttore ha conservato la forma originale, scansando così una traduzione «fuori tono», come sarebbe potuto essere Sacconi, o Borsi-Sacconi, o qualcosa del genere. [...]
Con tanti saluti a:
  1. il significato di «tradurre»;
  2. le esplicite indicazioni dell'autore.
Il risultato, apertamente assurdo, è che abbiamo un'opera scritta in italiano in cui troviamo dei nomi in inglese, anche se l'opera è ambientata in un mondo immaginario in cui nessuno parla in inglese e in cui quei nomi inglesi non sono usati da nessuno (essendo essi stessi, appunto, solo una traduzione dei nomi delle lingue di quel mondo, pensata esclusivamente per il lettore di lingua inglese). :roll:

(Fra parentesi, non posso non rilevare la somiglianza fra il pensiero di Principe e quanto da me commentato più sopra. Purtroppo la sensazione d'insufficienza e limitatezza della nostra lingua è qualcosa di diffuso, non da ieri ma da decenni. Ed è una sensazione pericolosissima, perché è sterilizzante e si autorealizza, come vediamo ogni giorno di più).

La traduzione storica Alliata-Principe è stata recentemente "pensionata" da una nuova traduzione, molto controversa, fatta da Ottavio Fatica. Non l'ho ancora letta e non mi esprimo sulla sua qualità, né ho voluto seguire attentamente il putiferio di polemiche che ci sono state, secondo me gonfiate oltremisura da una parte e dall'altra. Ma non mi è sfuggito questo (grassetto mio):
Fatica dice che questo cognome avrebbe potuto tradurlo, perché in tutte le altre lingue in cui l’opera è stata tradotta, anche Baggins è stato tradotto.
Insomma, siamo noi ad aver sbagliato per tutto questo tempo. Poi loro [la Bompiani? ndr] non hanno voluto [tradurlo] e io per non litigare ho accettato.
...che è quello a cui stavo pensando quando ho scritto «per imposizione degli editori» e «recidivamente».
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