«Ce ne fosse uno che…»

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Causius
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Iscritto in data: ven, 29 apr 2022 14:04

«Ce ne fosse uno che…»

Intervento di Causius »

Salve, vorrei sapere se queste frasi sono entrambe corrette:
«Ce ne fosse uno che lavorasse!»
«Ce ne fosse uno che lavori!»
Inoltre ho un dubbio: come si distingue il congiuntivo esortativo da quello desiderativo?
È chiaro che per esprimere un’esortazione bisogna utilizzare il congiuntivo presente («Impari l’italiano!»), mentre è sbagliato utilizzare l’imperfetto («Imparasse l’italiano!»). Ma se l’imperfetto venisse usato per esprimere una sorta di desiderio, come a dire: «Se solo imparasse l'italiano!», «Imparasse l’italiano…»?
Graffiacane
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Iscritto in data: ven, 30 lug 2021 11:21

Re: «Ce ne fosse uno che…»

Intervento di Graffiacane »

Buonasera,
io sceglierei il congiuntivo presente (lavori), anche se l'imperfetto potrebbe essere giustificato per attrazione.
Circa il secondo quesito, mi sembra che rientriamo nel perimetro del congiuntivo ottativo, con il congiuntivo imperfetto che esprime un desiderio giudicato irrealizzabile.
DMW
Interventi: 151
Iscritto in data: mar, 29 lug 2014 22:09

Re: «Ce ne fosse uno che…»

Intervento di DMW »

Causius ha scritto: sab, 10 dic 2022 12:03 Inoltre ho un dubbio: come si distingue il congiuntivo esortativo da quello desiderativo?
È chiaro che per esprimere un’esortazione bisogna utilizzare il congiuntivo presente («Impari l’italiano!»), mentre è sbagliato utilizzare l’imperfetto («Imparasse l’italiano!»). Ma se l’imperfetto venisse usato per esprimere una sorta di desiderio, come a dire: «Se solo imparasse l'italiano!», «Imparasse l’italiano…»?
Dipende dalla frase. In generale la proposizione desiderativa (detta anche ottativa) può essere formata sia con il congiuntivo presente sia con quello imperfetto, oltre che con il condizionale e l'infinito. Ecco cosa ha scritto il Prof. Serianni nel suo libro Grammatica Italiana, cap. XIII par. 34-40 (Frasi volitive e ottative):
34. Il congiuntivo presente e imperfetto si adopera inoltre per esprimere un desiderio: o assolutamente («fosse vero!», «povero Merlo, non l'avesse mai detto» Collodi, Pinocchio, 37; «ti rapisca il vento / de l'Apennino, o molle pianta, amore / d'umili tempi» Carducci, Alle fonti del Clitumno, 30-32), oppure preceduto da un'interiezione («oh! foss'io teco: e perderci nel verde» Pascoli, Romagna, 12; si noti anche l'infinito ottativo, di cui diremo tra poco); da che («Ch'ella mi creda libero e lontano» G. Civinini - C. Zangarini, La fanciulla del West, in PUCCINI-FERRANDO 1984: 357); da almeno («- Almeno tacesse - pensava - ma no, deve parlare» Moravia, Gli indifferenti, 60; almeno può anche essere posposto al verbo o interposto tra ausiliare e participio: «Avesse almeno fatto carriera!» Rugarli, La troga, 185); da magari («Magari piangesse! Lo dice anche il dottore» D'Annunzio, Tragedie, sogni e misteri); da se («Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie? […]. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» Messale festivo, 356); da voglia/volesse il cielo che («voglia il cielo che non venga un giorno in cui si penta di non avermi ascoltato» Manzoni, I Promessi Sposi, VI 8; «volesse il cielo che tutti i politici e amministratori italiani cercassero il consenso capeggiando pericolose battaglie moralizzatrici e anticriminel» «La Repubblica», 14.1.1987, 4) e da altre formule meno comuni.

36. Due annotazioni:
a) Quanto al valore dei tempi, si può notare che, di massima, l'altenanza tra congiuntivo presente e congiuntivo imperfetto riflette il tipo di desiderio, che si presenta alla coscienza del parlante ora come realizzabile (congiuntivo presente), ora come irrealizzabile (congiuntivo imperfetto): cfr. ROHLFS 1966-1969: 685. Degli elementi introduttori che abbiamo appena menzionato, alcuni richiedono - o presentano abitualmente - il congiuntivo presente (che), altri, il congiuntivo imperfetto (magari, se). Voglia/volesse il cielo che ammette entrambi i tempi (piú precisamente, voglia richiede il congiuntivo presente, come nell'esempio manzoniano citato sopra; volesse può costruirsi sia col presente sia con l'imperfetto).
b) La presenza di un elemento introduttore, generalmente facoltativa, diventa obbligatoria quando il verbo sia usato alla 1a persona con soggetto espresso: «A te, Signore, elèvo l'anima mia, Dio mio, in te confido, che io non sia confuso. Non trionfino su di me i miei nemici» (Messale festivo, 14; si noti la mancanza del che prima della 6a persona trionfino). Alcuni grammatici interpretano il congiuntivo volitivo e ottativo come risultato di un'ellissi («fosse vero!»=«vorrei che fosse vero», ecc.). Ma è ipotesi non necessaria, se si tien conto che il congiuntivo ha come suo valore costitutivo quello di segnalare «all'ascoltatore che le cose potrebbero essere diverse da quel che sono e che il parlante ha un atteggiamento affettivo anziché obiettivo verso questa possibilità» (HALL 1974-1975: 110)

37. III. Condizionale. Ricorre con valore ottativo in frasi che, come in altri casi (cfr. XIII. 3, XIII.21), potrebbero essere considerate apodosi di un periodo ipotetico con protasi sottintesa: «Un'ora sola ti vorrei» (titolo di una canzone di Marchetti e Bertini del 1938); «Ohl Signorina! Penso ai casi miei, / a piccole miserie, alla città…/ Sarebbe dolce restar qui, con Lei!…» (Gozzano, La Signorina Felicita, 274-276). La frase può essere introdotta da un avverbio, specie come e quanto: «- Come vorrei un bel vestito di seta pura! - diceva mia sorella a mia madre» (Ginzburg, Lessico famigliare, 65). Il condizionale composto, riferito al passato, si usa per i desideri irrealizzati: «Peccato - gli ha detto sarcastico Donaldson - avrei proprio voluto vedere in quale nuova incarnazione si presentava il vostro ministro degli esteri» («La Repubblica», 3.2.1987, 9).

40. L'infinito può anche avere valore ottativo: «Volare… oh, oh!… I cantare… oh, oh, oh, oh! I nel blu dipinto di blu» (canzone di Modugno e Migliacci, del 1958, cfr. BORGNA 1985: 144): «- Morire, morire - era l'invocazione di Giulia negli ultimi termini dell'amore sensuale - morir con te!» (Bacchelli). L'infinito composto indica desiderio irrealizzato: «averlo saputo, che esistevano a Ferrara delle lettere inedite del Carducci!» (Ba ssani; questi ultimi due esempi in MORETTI-ORVIETO 1980: II 20). Per le cosiddette «concessive indipendenti» («crollasse il mondo, andrò dritto per la mia strada» cfr. XIV.176; per le incidentali («Buon giorno - disse Lina - come sta?») cfr. XIV.256 sgg.
Nell'esclamazione «Impari l’italiano!» da lei riportata, si è in presenza di una proposizione volitiva (detta anche esortativa o iussiva).
La frase «Imparasse l'italiano!» ha valore ottativo. Può anche assumere valore volitivo ma è un centromeridionalismo. Il libro del Prof. Serianni lo riporta chiaramente:
32. ... In area centromeridionale (da Roma in giú) il congiuntivo esortativo - come in genere qualsiasi congiuntivo, specie indipendente - tende ad essere rappresentato dal congiuntivo imperfetto (ROHLFS 1966- 1969: 682). Si veda il commento ironico di un cronista del «Corriere della Sera»
(12.12.1986, 2) alle seguenti dichiarazioni di un deputato romano: «Questo Visentini è il ministro della bella vita o, come si dice a Roma, dei quartieri alti. Pensasse (come si dice sempre a Roma, ndr) a quello che fa alle Finanze».
Naturalmente in un liguaggio diafasicamente neutro la frase assume solo valore ottativo.

La frase «Se solo imparasse l'italiano!» è ottativa e richiede solo il congiuntivo imperfetto perché il se ipotetico vuole solo il congiuntivo imperfetto e mai quello presente (che era invece lecito in italiano antico).
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Causius ha scritto: sab, 10 dic 2022 12:03 Salve, vorrei sapere se queste frasi sono entrambe corrette:
«Ce ne fosse uno che lavorasse!»
«Ce ne fosse uno che lavori!»
Il che introduce una proposizione relativa che può presentare qualsiasi verbo finito.
1) «Ce ne fosse uno che lavora!»
2) «Ce ne fosse uno che lavori!»
3) «Ce ne fosse uno che lavorasse!»
4) «Ce ne fosse uno che lavorerebbe!»
Nella frase 1) la relativa è neutra e non ha alcuna connotazione particolare. Nella frase diamo per scontato che esiste uno che lavora e ci rammarichiamo di non averlo trovato o della sua indisponibilità.
Nella frase 2) il congiuntivo presente esprime potenzialità, probabilità. E ha anche valore finale (esprime un obiettivo, uno scopo). Siamo abbastanza certi che in quel posto e in quel periodo c'è uno che lavora e lo stiamo cercando con insistenza (è un nostro obiettivo) ma ancora non l'abbiamo trovato e ci rammarichiamo.
Nella frase 3) il congiuntivo imperfetto esprime possibilità, irrealtà. E attribuisce sfumatura ottativa anche alla relativa. Non siamo per nulla sicuri che in quel posto o in quel periodo esista (o sia disponibile) uno che lavora e ci rammarichiamo sia per non averlo ancora trovato sia della sua inesistenza/indisponibilità.
Per esempio, se io avessi bisogno di aiuto e mi trovassi in un luogo pieno di persone oziose (anche amici sfaccendati) mi verrebbe subito da dire una frase del tipo: «E che cavolo! Ci fosse qualcuno tra di voi che avesse voglia di darmi una mano!». Esprime rassegnazione totale sia nella ricerca (ho perso la speranza di trovarne uno tra quelli che mi dà una mano) sia nella disponibilità/esistenza di uno, tra quei fannulloni, che mi può dare una mano.
La frase 4) la escluderei. In questo caso la relativa è l'apodosi di un periodo ipotetico ellittico che stona un po' con la desiderativa. Se poi si esplicita la protasi allora va bene anche quest'ultima frase.

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