«Ambaradan»

Spazio di discussione dedicato alla storia della lingua italiana, alla sua evoluzione e a questioni etimologiche

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Avatara utente
Federico
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«Ambaradan»

Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto: mar, 29 gen 2008 1:46
Il GRADIT ha scritto:ambaradan /ambara'dan/ s.m.inv. (CO)
[1994; etim. incerta, forse da Amba Aradam, massiccio montuoso dell'Etiopia presso il quale, nel 1936, si svolse una cruenta battaglia tra le truppe italiane e quelle abissine] […]
Non avrei mai pensato che potesse essere una parola tanto recente.
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Ma quel 1994 sarebbe la data a cui risale la prima attestazione?
Il sonno della ragione genera mostri.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

methao_donor ha scritto:Ma quel 1994 sarebbe la data a cui risale la prima attestazione?
Sí, la prima attestazione scritta finora nota. Ovviamente il termine circolava di sicuro da qualche tempo prima.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Già, mi pare comunque strano.
Avrei pensato risalisse agli anni immediatamente successivi alla battaglia...
Il sonno della ragione genera mostri.
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Federico
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Intervento di Federico »

methao_donor ha scritto:Avrei pensato risalisse agli anni immediatamente successivi alla battaglia...
Anche per questo l'etimologia è dubbia, suppongo. Ma non può essere un termine rimasto dialettale (settentrionale) per un certo tempo (da poco dopo la battaglia, si suppone) prima di entrare a pieno titolo nella lingua nazionale?
✺✺✺
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Re: «Ambaradan»

Intervento di ✺✺✺ »

Il GRADIT ha scritto:ambaradan /ambara'dan/ s.m.inv. (CO)
[1994; etim. incerta, forse da Amba Aradam, massiccio montuoso dell'Etiopia presso il quale, nel 1936, si svolse una cruenta battaglia tra le truppe italiane e quelle abissine]
scherz., grande confusione, baraonda: creare un a. | attività, amministrazione e sim., particolarmente complessa: gestisce da solo tutto l'a
A volte il rasoio di Occam non basta, se i dizionari in Rete convergono nel ricordare che l'etimo di ambaradan non è certo, nonostante l'enorme somiglianza con Amba Aradam.
Expedit magis ursae occurrere, raptis fetibus,
quam fatuo confidenti in stultitia sua.
brg
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Re: «Ambaradan»

Intervento di brg »

L'etimo è certissimo ed incontrovertibile, date le infinite attestazioni di "Ambaradan" e "Ambaradam" per "Amba Aradam". Ad esempio l'Unità del 4 ottobre 1979 a pagina 10 ci informa che sono stati rinviati a giudizio i medici dell'ospedale "di via Ambaradan" che hanno prestato le cure ad un ragazzo intossicato: si parla dell'ospedale San Giovanni in via dell'Amba Aradam a Roma.
La rivista "Epoca" nel 1989 cita testualmente Montanelli che rammenta di quando comandava "una banda indigena sull'Ambaradan".
Il supplemento "Cuore" nel 1990 già usa "ambaradan" nel suo significato traslato, anche se non proprio in italiano italiano...
Avatara utente
G. M.
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Re: «Ambaradan»

Intervento di G. M. »

Avanzo un'ipotesi.

Mi pare che nessuno l'abbia ancora scritto, forse perché è troppo ovvio, ma ambaradan ha un forte elemento fonosimbolico, onomatopeico: una caduta rumorosa d'una pila d'oggetti nei fumetti disneiani potrebbe facilmente essere resa con barabàm o simili. Visto il significato di 'confusione, baraonda', che si lega bene all'effetto fonosimbolico, è anche possibile che l'associazione con Amba Aradam sia nata puramente a orecchio, e che il richiamo alla battaglia (concetto semanticamente vicino) sia persino solo una coincidenza.
brg
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Re: «Ambaradan»

Intervento di brg »

La connotazione e la forma della parola è importante, specialmente quando la denotazione è vaga o addirittura assente. Ne avevamo parlato a proposito dei nomi propri.
G. M. ha scritto: ven, 29 nov 2024 21:50 […] una caduta rumorosa d'una pila d'oggetti nei fumetti disneiani potrebbe facilmente essere resa con barabàm […]
Curiosamente "Barabàn" è il nome di un gruppo musicale lombardo (almeno di origine).

La parola "Ambaradam" si trova pure nella stampa straniera. Ad esempio, il 21 febbraio 1936, l'australiano Nambour Chronicle riportava la cattura di due dottori polacchi nella battaglia di Ambaradam. A maggior dimostrazione che le attestazioni di "Ambaradam" o "Ambaradan" veramente, per usare un'espressione trita, si sprecano.
Avatara utente
G. M.
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Re: «Ambaradan»

Intervento di G. M. »

Fuori tema
(Intervento non sull'etimologia ma sull'adattamento, riportato nel filone «padre»).
Ultima modifica di G. M. in data dom, 01 dic 2024 11:00, modificato 1 volta in totale.
✺✺✺
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Re: «Ambaradan»

Intervento di ✺✺✺ »

brg ha scritto: ven, 29 nov 2024 14:19 L'etimo è certissimo ed incontrovertibile, date le infinite attestazioni di "Ambaradan" e "Ambaradam" per "Amba Aradam".
Infatti la mia voleva essere una bonaria provocazione a Marco, se mai leggerà, che pur riportando la definizione del GRADIT non aveva commentato nulla sull'etimo incerto riportato da De Mauro.

L'ipotesi onomatopeica di Mainardi (un analogo insomma di patatrac (1863), patapum (1886), patapunfete (1913), pimfete (1927), putupum (1958), boom, crash, rumble (1983)) mi sembra francamente poco sostenibile, ma bisogna comunque domandarsi perché più di un illustre linguista afferma essere incerto l'etimo.
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Avatara utente
G. M.
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Re: «Ambaradan»

Intervento di G. M. »

✺✺✺ ha scritto: sab, 30 nov 2024 17:59 L'ipotesi onomatopeica di Mainardi (un analogo insomma di patatrac (1863), patapum (1886), patapunfete (1913) […]
Non è quello che intendevo, forse non mi sono spiegato bene. Quelli sono termini nati come onomatopee, che non hanno altri significati. Per questo invece intendevo che, per il valore fonosimbolico del già esistente Amba Aradam, questo potrebbe essere stato successivamente associato al significato di 'confusione, baraonda' anche senza che ci fosse coscienza che tale nome indicava il luogo d'una battaglia. Per esempio, come uso scherzoso da parte di qualcuno che conosceva il nome come odonimo (la «via dell'Amba Aradam» succitata), senza conoscerne l'origine: ci sono tanti nomi di vie strani, e a Roma, città notoriamente caotica, potrebbe essere naturale associare un nome misterioso, che suona come una caduta rumorosa, appunto a un concetto di 'situazione confusa e caotica'.
Ulteriore ipotesi, sempre per l'effetto fonosimbolico a posteriori: magari l'associazione è nata come riferimento specifico alla via, a partire da un giorno in cui c'era molto traffico o particolare disordine per qualche ragione…

Non ho motivo di credere che sia successo così, volevo solo proporre un'ipotesi alternativa.
Neve
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Re: «Ambaradan»

Intervento di Neve »

Curioso che la prima attestazione scritta risalga solo al 1994. Qui a Torino ricordo di aver sempre sentito il termine sin da quando ero bambino, quindi almeno dagli anni 60 del secolo scorso. E' usato soprattutto per indicare un ammasso, una quantità indefinita ma comunque cospicua, di oggetti, strumenti, utensili ecc.
brg
Interventi: 648
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Re: «Ambaradan»

Intervento di brg »

✺✺✺ ha scritto: sab, 30 nov 2024 17:59 […] bisogna comunque domandarsi perché più di un illustre linguista afferma essere incerto l'etimo.
Semplice: perché non hanno fatto il loro lavoro, alla stregua di molti altri illustri professionisti nei rispettivi campi.

D'altra parte non hanno sbagliato solo a valutare l'etimo, ma pure il significato. Io conosco il termine almeno dagli anni '90 e l'ho sempre sentito usare per indicare un ammasso indefinito e confuso, di oggetti o di persone. L'uso tipico che conosco è in frasi come "mannaggia a lui ed a tutto l'ambaradan", "Paperino, Topolino e tutto l'ambaradan", "è arrivato qui con tutto l'ambaradan" e così via.
Sì, spessissimo in combinazione con la parola "tutto".

Le attestazioni riportate confermano questo significato. L'attestazione da Cuore del 1990 da me precedentemente riportata dice: "per i ciàr sègn de difficoltàa e de imbambulament de tutt el noster ambaradan politegh". Indica chiaramente un ammasso ed usa la parola "tutto".

Le attestazioni più recenti riportate da @G. M. usano tutte la parola "tutto", in maniera un po' meno precisa nella prima citazione, e tutte indicano un ammasso di qualcosa.

L'utente @Neve ne dà una definizione simile alla mia ed in più dà testimonianza di un uso che va molto indietro nel tempo.
Neve ha scritto: sab, 30 nov 2024 19:42 Curioso che la prima attestazione scritta risalga solo al 1994.
È curiosa perché non è vera. Certamente non è un termine che si trova in letteratura, ma in pubblicazioni più popolari compare ripetutamente.


Aggiunta.

In realtà si trova anche nei libri. Un libro del 1977, "Il mondo dei vinti" di Nuto Revelli, contiene la parola "Ambaradan" per il luogo in Africa. Compare nella testimonianza di Bartolomeo Anselma, soprannominato "Ambaradan".
✺✺✺
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Re: «Ambaradan»

Intervento di ✺✺✺ »

G. M. ha scritto: sab, 30 nov 2024 18:39Non è quello che intendevo, forse non mi sono spiegato bene. Quelli sono termini nati come onomatopee, che non hanno altri significati. Per questo invece intendevo che, per il valore fonosimbolico del già esistente Amba Aradam, questo potrebbe essere stato successivamente associato al significato di 'confusione, baraonda' anche senza che ci fosse coscienza che tale nome indicava il luogo d'una battaglia.
Sì, avevo inteso, e ribadisco che la ritengo poco sostenibile, per il semplice fatto che c'è un motivo storico per cui ambaradan, da Amba Aradam, ha preso a voler significare una situazione molto caotica, una gran confusione (e successivamente, estensivamente, una organizzazione particolarmente complessa). Ed è che diverse tribù etiopi, durante la decina di giorni di battaglia, passarono da uno all'altro fronte, impunemente, vendendosi al miglior offerente. A ciò si aggiunga l'uso infame dell'iprite e di altri armi chimiche.

Per questo trovo ingiustificata la osservazione di brg:
brg ha scritto: sab, 30 nov 2024 21:03perché non hanno fatto il loro lavoro, alla stregua di molti altri illustri professionisti nei rispettivi campi.

D'altra parte non hanno sbagliato solo a valutare l'etimo, ma pure il significato. Io conosco il termine almeno dagli anni '90 e l'ho sempre sentito usare per indicare un ammasso indefinito e confuso, di oggetti o di persone.
che non tiene conto del dato storico e dell'uso iniziale della parola (che poi può essersi evoluto anche nel modo descritto da lui e da Neve, sebbene io mi ritrovi perfettamente nelle due definizioni del De Mauro e non solo.

Mi spiego meglio usando le parole di Alberto Guasco, dell’Istituto di storia dell’Europa mediterranea del CNR:
Se certe volte l’ingresso della storia dentro la lingua parlata e scritta è più immediato, o più ufficiale, in altre occasioni è invece più tortuoso, o più nascosto. È questo il caso dell’espressione “fare un ambaradan” (o in casi ben più rari, “fine dell’ambaradan”) - ovvero: fare una enorme confusione - mutuata da quella pagina nera, tanto tragica quanto rimossa, che è la nostra storia coloniale: l’aggressione militare dell’Italia fascista all’Etiopia del 1935-1936.

L’Amba Aradam, cioè “l’altura mozzata” Aradam, è uno tra gli altopiani montuosi d’Etiopia, situato nella regione settentrionale del Tigrè, a circa 50 chilometri dalla capitale Addis Abeba. È per l’appunto qui che, tra il 10 e il 19 febbraio 1936 - durante la battaglia dell’Amba Aradam - le truppe italiane agli ordini del generale Pietro Badoglio infliggono una dura sconfitta all’esercito etiope, mettendolo in fuga.

Descritta così, la battaglia sembra piuttosto asettica. Al contrario, analizzata più in dettaglio, lascia intravedere aspetti di confusione totale. Da un lato l’esercito italiano fronteggia quello fedele al negus, l’imperatore Haile Selassiè, dall’altro diverse tribù mercenarie etiopi rimbalzano dall’una all’altra armata combattendo per il miglior offerente, cambiando continuamente bandiera e rendendo difficile comprendere davvero chi sono gli alleati e chi i nemici. Con buona pace di Indro Montanelli, come la storiografia ha da tempo accertato senza ombra di dubbio, a questo carnaio si mescola l’uso indiscriminato di armi chimiche. Per quanto vietate dalle convenzioni internazionali, la nostra aviazione e le nostre truppe di terra fanno largamente uso di iprite, fosgene e arsina, inondando le truppe etiopi, i civili, il bestiame e i campi, distruggendo ogni forma di vita - e dunque di possibile resistenza - davanti a sé.

Al termine del massacro, e della fuga delle truppe etiopi, è pur vero che, come telegrafa lo stesso Badoglio a Mussolini, “il tricolore sventola sull’Amba Aradam” e che per la conquista di Addis Abeba è solo questione di tempo. Ma è anche vero che, una volta riapparso (per appena cinque anni) l’impero “sui colli fatali di Roma” - è parola del Duce - e una volta ritornati in patria i nostri soldati portano con loro l’immagine di quel caos, e cominciano a utilizzare l’espressione Amba Aradam come sinonimo d’una situazione disordinata, caotica, incomprensibile. E in una cultura ancora largamente orale, che sopravvive al fascismo e transita direttamente nel secondo dopoguerra, lo fanno storpiando l’espressione originaria: con una crasi, da due parole ne germina una sola, più musicale; e sempre per ragioni armoniche la m finale si trasforma in n. È nato il termine “ambaradan”, un mezzo scioglilingua, una parola vagamente esotica, un invito a nozze per i motti e le canzonette dell’avanspettacolo di quei tempi.

È questo il modo in cui: prima, un luogo diventa una battaglia; poi, una battaglia diventa una battaglia particolarmente caotica; e, infine, una battaglia particolarmente caotica diventa un modo di definire il caos. Sdrucciolata dal campo di battaglia a quello del linguaggio, e lì definitivamente rimasta, l’Amba Aradam è invece direttamente sopravvissuta in toponomastica. Ovvero, vie e viali dell’Amba Aradam si ritrovano ancora a Padova, a Roma (dov'è particolarmente nota per ospitare la sede dell'Inps) e in altre località ancora, a testimonianza ormai semi-invisibile che quello degli “italiani brava gente” fu solo e soltanto un mito. Come per altri casi analoghi - si pensi ai molti via Arbe (cioè Rab, l’isola croata sede del peggior campo di detenzione costruito dagli italiani nel corso della Seconda guerra mondiale) disseminati nelle nostre città - si tratta d’una piccola spia d’una memoria sempre più lontana, che occorrerebbe conoscere e saper pensare.
E tuttora viene usato per indicare una gran confusione, come dimostra l'uso dell'espressione ricordata nell'articolo "fare un ambaradan":

«Ho fatto un ambaradan per mettere un canestro nella nostra casa di campagna...Poi avrò tirato due o tre volte, ci giocano i miei nipoti». (Dino Meneghin qui https://www.ilgiornale.it/news/milano/m ... 75495.html)

«Ora che ci penso in effetti ho fatto un ambaradan inutile» (https://www.oliforum.it/viewtopic.php?t=18768)

«Non so se tira o faccio un ambaradan del genere modificando il cassone su cui è posizionata la macchina (https://legnofilia.it/viewtopic.php?p=94215#p94215)

«Dio dammi la pazienza, che se mi dai la forza faccio un ambaradan» (https://mobile.x.com/solosillysam/statu ... 0540565504)
Expedit magis ursae occurrere, raptis fetibus,
quam fatuo confidenti in stultitia sua.
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