Presento oggi pubblicamente anche qui una nuova realtà, che alcuni di voi già conoscono (…e di cui, anzi, diversi di voi sono già parte ).
Lungo anni di pensieri, di contatti e di confronti, io e altre persone abbiamo deciso di provare a fare qualcosa di concreto per l’italiano: passare dal regno della speculazione e discussione intellettuale a quello delle azioni pratiche. Questo progetto si è definito a poco a poco; e infine ha preso forma ufficiale circa un anno fa, quando abbiamo firmato i papiri legali e abbiamo fondato ufficialmente l’«Associazione per l’italiano», in sigla «API»: un’associazione dedicata a promuovere l’italiano e l’ecologia linguistica, senza scopo di lucro, fatta da volontari, aperta, internazionale. Per quanto ne sappiamo, è la prima realtà del genere in Italia.
Più per cause contingenti che per una mia ambizione al riguardo, al momento ho l’onore e l’onere di ricoprire la carica di presidente.
L’associazione è ancora giovane e piccola, e abbiamo molto da fare e da imparare (l’àmbito associativo è un’esperienza nuova per quasi tutti noi), ma due cose positive ci hanno già fatto molto piacere:
- parecchi iscritti sono giovani, meno che trentenni, in contrasto col luogo comune che vorrebbe la cura della lingua come preoccupazione solo di vecchi parrucconi;
- si è iscritto presto un linguista professionista, d’esperienza internazionale, relativamente noto (uno che ha una pagina sulla Guichipedia, per intenderci).
Vi parlo invece di una difficoltà concreta che si è manifestata in questo primo anno d’attività, della quale non si fa menzione nel sito e sulla quale mi farebbe piacere sentire il vostro parere, che magari sarà illuminante.
Circa le possibilità di crescita, al momento l’API vive una situazione misteriosa. Mentre il progetto vago si concretizzava a poco a poco nell’idea di costituire un’associazione pubblica, ci aspettavamo di raccogliere facilmente molte iscrizioni; perché vedevamo, come vediamo tuttora, che nelle reti sociali ci sono migliaia di persone interessate ai nostri temi, e tanti spesso ne scrivono e si lamentano con toni accesi che «bisogna fare qualcosa» (visto che, con ogni evidenza, le lamentele su Facebook non hanno grande effetto sul mondo reale). Un’associazione reale, dedicata alla questione, per unire le forze dei tanti in qualcosa d'effettivo, sembrava dunque che sarebbe stata graditissima.
Contro le nostre aspettative, le iscrizioni invece finora sono state numericamente molto scarse, rispetto al bacino potenziale degl’interessati. La creazione dell’API ha ricevuto molte lodi e quasi nessuna critica, ma nonostante l’accoglienza assai positiva da parte del pubblico le adesioni non sono venute. Invitate a iscriversi per dare un sostegno al cambiamento concreto che invocano accoratamente, abbiamo visto che spesso le persone si raffreddano o addirittura quasi si ritraggono; e la cosa strana è che non danno spiegazioni chiare per questo loro comportamento.
Il grande contrasto fra le due cose, entusiasmo e ritrosia, e la mancanza di spiegazioni al riguardo ci lasciano perplessi.
Nell’associazione ne abbiamo discusso tanto; abbiamo provato a interrogare al riguardo pubblicamente i nostri seguitori nelle reti sociali, facendo sondaggi sull’intenzione d’iscriversi, su che cosa li trattiene o cosa dovrebbe cambiare per invogliarli a unirsi, ma non abbiamo cavato un ragno dal buco: la cosa è ancora nell’àmbito delle congetture.
Io personalmente ho contato circa quindici fra miei amici e conoscenti (fra cui non solo simpatizzanti vaghi, ma anche italianisti convintissimi), che, venuti a conoscenza dell’associazione, mi hanno detto che si sarebbero iscritti, con quella che a me pareva convinzione o addirittura entusiasmo (NB: spontaneamente, senza che ci fosse la minima insistenza o pressione perché aderissero), alcuni anche dando date precise (entro un paio di settimane, nel tal mese, ecc.); ma poi non l’hanno fatto e non ne hanno più parlato. Dato il numero dei casi, per persone che per il resto mi paiono affidabili, non use a promettere cose che non intendono realizzare, sembrerebbe che nell’API ci sia purtroppo qualcosa di respingente. Ma che cosa?
All’inizio ci era venuto il dubbio che la quota d’iscrizione fosse troppo alta (20 € all’anno, che ci era parso nella media delle associazioni simili), e che le persone non s’iscrivessero perché la cifra era notevole per chi ha scarse disponibilità, mentre allo stesso tempo un senso di «vergogna» impediva ai meno abbienti di dircelo chiaramente. Dopo qualche mese abbiamo deciso allora di ridurre notevolmente la quota (a soli 5 € all’anno), per venire incontro a tutti e ridurre eventuali imbarazzi al riguardo. Abbiamo visto, però, che questo cambiamento ha fatto crescere le iscrizioni solo minimamente, quindi la ragione dev’essere un’altra.
Abbiamo anche chiarito molte volte che l’iscrizione non implica l’obbligo di svolgere un’attività di volontariato (visto che siamo tutti molto occupati) ma è importante soprattutto per «fare numero», per mostrare al pubblico che siamo in tanti e la nostra causa ha un sostegno trasversale e diffuso. Se dobbiamo scrivere a un giornale, a un organo dello stato, a un personaggio famoso, l’effetto sarà scarso se siamo un’associazione con appena qualche decina di membri, come un comitato di quartiere; ben diverso è l’effetto se i membri sono centinaia o migliaia.
Avete ipotesi sul perché di questa discrepanza? E, naturalmente, se anche voi doveste percepire qualcosa di respingente nel progetto, ditelo pure apertamente, senza imbarazzi, in modo che possiamo correggerci e migliorarci e raccogliere adesioni più facilmente.