I grecismi e i latinismi sono forestierismi?

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Ferdinand Bardamu
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Re: I grecismi e i latinismi sono forestierismi?

Intervento di Ferdinand Bardamu »

G.B. ha scritto: ven, 05 lug 2024 18:00
Ferdinand Bardamu ha scritto: ven, 05 lug 2024 15:57
G.B. ha scritto: ven, 05 lug 2024 15:18 Dipende, appunto. Essendo locuzioni latine, sono entrambe passibili di «restaurazione»/«ricostruzione». Non deve passare l'idea che restaurare/ricostruire significhi solo «riportare alla pronuncia latina classica».
Qui si parla però non di latino, ma di latinismi, di locuzioni o parole latine usate in enunciati italiani. A che pro cercare di restaurare o ricostruire una pronuncia in questo contesto linguistico? Che cosa dovremmo restaurare o ricostruire in rara avis, ex aequo?
Nessuno ha parlato di «dovere». Se mai trapela, da codeste domande, il non dovere.
Ma certamente. Non si dovrebbe —o meglio, sarebbe sociolinguisticamente discutibile— perché è uno «spreco di benzina», uno sfoggio fine a se stesso, nella (quasi) totalità delle situazioni comunicative.

Poi, chiaramente, per cambiare esempio, si posson pure pronunciare gli anglicismi, pure quelli acclimati, con perfetta pronuncia britannica. La domanda, però, è sempre quella: a che pro?
G.B. ha scritto: ven, 05 lug 2024 18:00Immagino allora che i motivi per cui non si dovrebbe siano gli stessi dell’inglese: «il ridicolo o comunque la rottura dell’armonia dell’enunciazione». Ebbene, quali sono i benefici a fronte di tali costi (ammesso che il primo sia un costo fisso, che non è vero, e il secondo sia un costo, giacché uno potrebbe obiettare che la «rottura dell’armonia», chiarito che cosa sia, sia, invece, una ricchezza)?
E le paion poco la rottura dell’armonia o il ridicolo?
G.B. ha scritto: ven, 05 lug 2024 18:00Se non altro, non fare uso di forestierismi:
Infarinato ha scritto: dom, 19 feb 2006 19:51 Un forestierismo crudo che non presenti [nemmeno] adattamento fonologico non è un forestierismo, ma, per dirla col Castellani, una «citazione», ovvero una parola straniera citata in un contesto italiano (1).
Dunque, fuor di cèlia, la domanda sarà: qual è il beneficio di «citare»? Per esempio, la specificità: nel caso di rāră ăvĭs, si tratta di una citazione da Giovenale. Volendo richiamarne il contesto, o mirando a determinate connotazioni, potrò usare la pronuncia letteraria latina imperiale.
Ma qui lei sembra avere in mente l’uso in ambienti accademici: su questo non ho nulla da dire. Io invece penso all’uso comune: per tornare all’esempio, alla citazione di Giovenale fatta per riferirsi davvero a una persona di qualità eccezionali.

Al riguardo, dunque, ribadisco: non concordo nel metter insieme, indiscriminatamente, lingue classiche, colle quali l’italiano ha un legame privilegiato, e lingue moderne.

È ben vero, come ho detto sopra, che è meglio adattare gli anglolatinismi, o altre parole latine che designano concetti moderni, ma è ben diverso il caso delle altre espressioni latine, siano esse o no citazioni d’autore.

Che facciamo, tanto per dire, coi brocardi? Ricostruiamo una (presunta, irrintracciabile) pronuncia originaria di «Ignorantia legis non excusat», invece che adottare la comune pronuncia ecclesiastica?

Mi perdoni, ovviamente, se dovessi aver frainteso il suo discorso. Quel che voglio dire è che, al di fuori dell’ambito accademico e tolto il caso in cui si voglia fare sfoggio di conoscenza, la pronuncia ecclesiastica è l’unica accettabile.

(Ah, e va da sé che l’Infarinato ha già chiarito molto bene, e infinitamente meglio di quanto possa fare io, qual è il problema in questo caso).
✺✺✺ (cancellato)

Re: I grecismi e i latinismi sono forestierismi?

Intervento di ✺✺✺ (cancellato) »

G.B. ha scritto: ven, 05 lug 2024 18:00 [L]a domanda sarà: qual è il beneficio di «citare»? Per esempio, la specificità: nel caso di rāră ăvĭs, si tratta di una citazione da Giovenale. Volendo richiamarne il contesto, o mirando a determinate connotazioni, potrò usare la pronuncia letteraria latina imperiale.
Quanti interlocutori non latinisti farebbero caso alla lunghezza della prima vocale, seppur pronunciata correttamente? I più potrebbero pensare solo alla volontà di dar risalto all'aggettivo, per marcare l'unicità del personaggio in questione. Certo si potranno portare un'infinità di citazioni ben più divergenti dalla pronuncia italiana, e forse sulla base di quelle acquisterebbe senso il discorso, ma sempre in un contesto di nicchia.

Per dire, se mai si sentisse un accademico particolarmente lezioso e cinico dire: "Πάντα ῥεῖ, caro mio, e vedrai che il karma risponderà nella vita di coloro che si compiacciono del male che ti ha colpito. Hodie mihi, cras tibi, per cui take it easy, man!" con padronanza di tutte e tre (quattro, se si considera l'adattamento parziale "karma") le lingue, l'esito temo sarebbe grottesco.
EdoSecco
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Re: I grecismi e i latinismi sono forestierismi?

Intervento di EdoSecco »

C'era già stato un altro filone simile: viewtopic.php?t=3572

Mi permetto un intervento su una questione annosa: i sostantivi (ma ovviamente anche gli altri vocaboli) latini, sono da trattare alla stregua di qualsiasi parola non italiana?

Ossia invariabili per quanto riguarda il numero: un curriculum - i curriculum; un referendum - i referendum.

A un certo punto mi dà l'impressione che chi scrive curricula e referenda lo faccia per sfoggio di cultura.

La linguista Yasmina Pani nei commenti sotto un suo video https://www.instagram.com/reel/C4vjTnFNMQJ/, quando interpellata sul caso peculiare del latino dice che ha una condizione diversa per motivi storici, ma non sono d'accordo.

Esattamente come per qualsiasi altra lingua, anche nel caso del latino non si è in alcun modo tenuti a conoscerne la grammatica.
Avatara utente
G. M.
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Re: I grecismi e i latinismi sono forestierismi?

Intervento di G. M. »

EdoSecco ha scritto: sab, 08 feb 2025 12:51 Mi permetto un intervento su una questione annosa: i sostantivi (ma ovviamente anche gli altri vocaboli) latini, sono da trattare alla stregua di qualsiasi parola non italiana?

Ossia invariabili per quanto riguarda il numero: un curriculum - i curriculum; un referendum - i referendum.
A parer mio, il punto è che un po' tutte le possibilità sono accettabili, a seconda del contesto e del registro. Si tratta di agire con consapevolezza, cioè con coscienza della lingua in generale, e nello specifico dei registri, dei contesti, dei singoli casi e termini. Mi autocito per rapidità:
Di norma, i termini stranieri sono trattati come invariabili, sia rispetto al genere sia rispetto al numero. Non è detto infatti che le lingue straniere abbiano le nostre stesse categorie singolare-plurale e maschile-femminile (per esempio, in inglese non esistono i generi grammaticali; in tedesco ne esistono tre; in arabo esistono due categorie diverse per il plurale; eccetera); mentre a volte le categorie singolare-plurale e maschile-femminile esistono coincidenti con le nostre, ma i loro meccanismi morfologici non sono facilmente comprensibili e adoperabili dal parlante italiano. Esempi d’invariabilità:
  • Scarico i file e guardo subito.
    In quel locale fanno dei cocktail fantastici.
    Una rivendita di computer usati.
Le forme flesse (maschile-femminile, singolare-plurale; eventualmente adattandole alle nostre categorie129) si possono usare, purché coerentemente col registro linguistico del testo e il messaggio che vogliamo trasmettere: avendo di solito una marcata intenzionalità, possono risultare molto ricercate e di conseguenza, se fuori luogo, anche affettate e ridicole (una sfumatura che si potrebbe anche cercare consapevolmente).

————

129. Per esempio, il genere neutro del latino in italiano viene normalmente trattato come maschile: «il curriculum», «un auditorium», «il forum». (Tra parentesi, si possono anche usare le forme compiutamente italiane: «il curricolo», «un auditorio», «il fòro». Sulla preferibilità di questi e simili adattamenti, con un discorso più ampio sul greco, il latino e le altre lingue europee, si veda B. Migliorini, La lingua italiana nel Novecento, Le Lettere, Firenze 1990, cap. III: Auditorium o auditorio?, pp. 63–80).
Dopotutto, siamo giocoforza ai margini della lingua: ha senso normare queste aree intrinsecamente grigie con regole rigide?

Ma, se abbiamo un'impostazione molto «prescrittiva» e vogliamo una regola chiara a cui attenerci entro la cornice dell'italiano, la soluzione ottimale è quella di pensare fuori dagli schemi, e anziché discutere su «i curriculum» contro «i curricula», dire semplicemente «i curricoli». :wink:

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