Palégro

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bubu7
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Palégro

Intervento di bubu7 »

u merlu rucà ha scritto:Nei dialoghi dell'Aretino si trova questa espressione: Gli diede un bocconcillo di tosco e mandollo al palegro. Chiedo agli amici del forum, e in particolare ai toscani, che cosa significa.
Caro Passero solitario, le riporto quanto ha scritto Carla Marcato nel libro I dialetti italiani – Dizionario etimologico, Utet 1998.
Palégro, sm. (toscano: Arezzo e dintorni).
‘Varie specie di graminacee (Brachypodium pinnatum e altri) di solito non utilizzabili, salvo che in tempo di scarsità di foraggi, quando si adoperano invece del fieno (e per fare lettiera in luogo di paglia)’, con varianti come pellégro (Val di Chiana), palleraccio e paglieraccio (Montepulciano), paléo, paléro (Firenze, Valdarno inferiore), palèro (Siena); la voce è nota anche in area emiliana nelle forme paledra, palera, paleda.
Probabilmente si tratta di adattamenti, attraverso un *palerium, del greco phalarìs, phalērìs che designa una graminacea, ed il nesso gr (poi dr) di talune varianti è modellato sulla coppia nero/negro. Si collega verosimilmente al toscano palégro la locuzione mandare al palegro ‘ mandare sottoterra, mandare alla sepoltura’, usata dall’Aretino (Ragionamenti; II giornata), forse conio individuale, dato che nei dialetti odierni non è attestata.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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u merlu rucà
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Re: Palégro

Intervento di u merlu rucà »

bubu7 ha scritto:
u merlu rucà ha scritto:Nei dialoghi dell'Aretino si trova questa espressione: Gli diede un bocconcillo di tosco e mandollo al palegro. Chiedo agli amici del forum, e in particolare ai toscani, che cosa significa.
Caro Passero solitario, le riporto quanto ha scritto Carla Marcato nel libro I dialetti italiani – Dizionario etimologico, Utet 1998.
Palégro, sm. (toscano: Arezzo e dintorni).
‘Varie specie di graminacee (Brachypodium pinnatum e altri) di solito non utilizzabili, salvo che in tempo di scarsità di foraggi, quando si adoperano invece del fieno (e per fare lettiera in luogo di paglia)’, con varianti come pellégro (Val di Chiana), palleraccio e paglieraccio (Montepulciano), paléo, paléro (Firenze, Valdarno inferiore), palèro (Siena); la voce è nota anche in area emiliana nelle forme paledra, palera, paleda.
Probabilmente si tratta di adattamenti, attraverso un *palerium, del greco phalarìs, phalērìs che designa una graminacea, ed il nesso gr (poi dr) di talune varianti è modellato sulla coppia nero/negro. Si collega verosimilmente al toscano palégro la locuzione mandare al palegro ‘ mandare sottoterra, mandare alla sepoltura’, usata dall’Aretino (Ragionamenti; II giornata), forse conio individuale, dato che nei dialetti odierni non è attestata.
Grazie Bubu.

Marco1971 ha scritto (nel filone Ricordi)
Ho trovato questo nel Battaglia:Citazione:
Palègro, sm. Gerg. Ant. Bara, tomba (nella locuz. Mandare al palegro: uccidere).

Aretino, 20-67: La traditora contentò uno che lo mandò al palegro con tre ferite.

= Etimo incerto.

Mi chiedo come il Battaglia possa definire palegro gergale antico Bara, tomba quando sembrerebbe un conio individuale dell'Aretino.
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bubu7
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Re: Palégro

Intervento di bubu7 »

u merlu rucà ha scritto:Marco1971 ha scritto (nel filone Ricordi)
Ho trovato questo nel Battaglia:Citazione:
Palègro, sm. Gerg. Ant. Bara, tomba (nella locuz. Mandare al palegro: uccidere).

Aretino, 20-67: La traditora contentò uno che lo mandò al palegro con tre ferite.

= Etimo incerto.

Mi chiedo come il Battaglia possa definire palegro gergale antico Bara, tomba quando sembrerebbe un conio individuale dell'Aretino.
Sì, avevo trovato anch'io la definizione del Battaglia (ma, ovviamente, Marco1971 mi ha preceduto :wink: ).
Le due definizioni non sono in contraddizione.
Dire, come fa il DEDI, "forse conio individuale" oppure "gergale", come fa il GDLI, è come vedere due facce della stessa medaglia.
Quello che sappiamo è che la locuzione non ha attestazioni (presenti o passate) nei dialetti. La si ritrova invece nella scrittura dell'Aretino.
I termini del linguaggio gergale sono quasi sempre frutto di conii di individui, facenti parte di un certo gruppo, che sottopongono il linguaggio corrente a tutta una serie (più o meno prevedibile) di trasformazioni.
Uno degli obiettivi del linguaggio gergale è di essere opaco per coloro che non appartengono al gruppo che lo usa. Naturalmente, il termine dev'essere comprensibile all'interno del gruppo.
La locuzione dell'Aretino, anche se si trattasse di un suo conio, difficilmente deve essere stata completamente opaca: un piccolo gruppo di persone deve comunque averla intesa: queste sono proprio le caratteristiche dei termini gergali.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
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