«Outsider»

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
Federico
Interventi: 3008
Iscritto in data: mer, 19 ott 2005 16:04
Località: Milano

Intervento di Federico »

miku ha scritto:Terzista (ma anche terzo) non mi sembra una strada carreggiabile
Dice? Terzo va bene di sicuro - ammesso che abbia capito in che significato è usato outsider (mai sentito) -:
DE Mauro in linea ha scritto:tèrzo 6a s.m. CO individuo diverso da chi interagisce direttamente in un fatto, in una situazione: sentire l’opinione di un t.; al pl., gli altri: non volere fare sapere qcs. a terzi
Per quanto riguarda terzista, è incredibile che i vocabolari si occupino così scarsamente dell'evoluzione della lingua italiana. Leggendo qui scoprirà facilmente il significato di tale parola (strettamente legato al significato di terzo di cui sopra).
Avatara utente
Incarcato
Interventi: 900
Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 12:29

Intervento di Incarcato »

Grazie a Federico del collegamento: :lol: :lol:
Avatara utente
miku
Interventi: 133
Iscritto in data: lun, 21 feb 2005 18:33
Info contatto:

Intervento di miku »

Continuo a pensare che terzo non sia buono. Lei come fa a essere certo del contrario se dice di non aver forse compreso il senso di outsider (che non ha mai sentito)?
Avatara utente
Federico
Interventi: 3008
Iscritto in data: mer, 19 ott 2005 16:04
Località: Milano

Intervento di Federico »

Incarcato ha scritto:Grazie a Federico del collegamento: :lol: :lol:
Si figuri... è solo il primo risultato della ricerca con Google...
miku ha scritto:Lei come fa a essere certo del contrario se dice di non aver forse compreso il senso di outsider (che non ha mai sentito)?
Be', data la definizione di un suo uso particolare ("chi, in campo artistico e letterario, non è ascrivibile a nessuna particolare corrente o movimento") posso dire sicuramente che questa si addice perfettamente a terzo. La mia incertezza è sulla completezza della definizione, dato che non ho mai sentito usare il termine...
Mi viene il dubbio che lei creda che io stia propugnando la traduzione di outsider con terzo in ogni contesto... :?
Avatara utente
giulia tonelli
Interventi: 370
Iscritto in data: mar, 12 lug 2005 10:51
Località: Stoccolma

Intervento di giulia tonelli »

Secondo me un traducente usabile non esiste. Però si possono fare dei giri di parole. Per esempio, parlando di un autore letterario si può dire "un autore non ovvio". Anche "fuori dal coro", se si vuole dire che non appartiene a nessuna corrente riconosciuta, ma è un'espressione che personalmente detesto. Parlando di una gara sportiva si possono dire cose tipo "ha vinto un atleta su cui nessuno avrebbe mai scommesso". Se si parla di lavoro si può dire "Per il posto di vice-presidente la sua non è una delle candidature scontate".
Cose del genere.
francescofree
Interventi: 56
Iscritto in data: sab, 23 dic 2006 3:46

Re: Outsider

Intervento di francescofree »

Salve, Infarinato. Ho avuto la sorte (volutamente intesa una vox media) di acquistare il GDU de Mauro 2.a Ed. e, dopo tre mesi, ho duvuto inviare 2 files di circa 150 lemmi totali da aggiungere o correggere. Che ne pensi/pensate di scambiarci pareri a proposito di tali lemmi?
amicus_eius
Interventi: 131
Iscritto in data: ven, 10 giu 2005 11:33

Intervento di amicus_eius »

Scusate se mi sovrappongo al problema lemmi malscritti... Ma per outsider credo, e sono d'accordo con GiuliaTonelli, si debba semplicemente aggirare il problema, ricorrendo a perifrasi o a una molteplicità di traducenti a seconda dei contesti.

Il problema dei traducenti esula dal semplice tentativo di rispondere ad ogni forestierismo con una e una sola parola: è l'eterno problema della ricodificazione.

Credo che in un buon terzo dei casi, se non di più (per questo alcune soluzioni di Italiano ci manchi io tenderei a rivederle), il tentativo rischi di andare incontro a naufragi senza allegria, per parafrasare il vecchio Ungaretti.

Forse la mia è un'opinione un po' da outsider :mrgreen: però...

_______________________

P. s.: un esempio concreto. In una remota epoca, risalente al mio paleo-universitario III B (dottorato di ricerca), eravamo coinvolti, dei miei colleghi ed io, in una traduzione del principale trattato retorico (greco) di Ermogene di Tarso intitolato latinamente De ideis, e grecamente Perì ideon logou". Quando incontrammo la parola deinòtes cominciarono lunghe dispute: e il problema era spinosissimo, dato che la deinòtes, nel trattato di Ermogene, è la chiave di volta del sistema delle forme dello stile (è più o meno la mescidanza di tali forme governata dal criterio del prepon, del decos). L'aggettivo deinòs, da cui essa deriva, significa "abile" e "terribile" ('nu mostro, si direbbe in protopartenopeo comune). Nei retori di età ellenistica (vedi lo ps. Demetrio del De interpretatione) essa indica la "forza" o "terribilità" espressiva; nei retori di età imperiale da Dionigi di Alicarnasso (così almeno è detto nei passi fondamentali del De compositione verborum) in poi, tale parola indica l'abilità oratoria (=eloquenza), come mistione acconcia (prèpousa, basata sul prepon) di tutte le forme di stile (di qui poi la ricorrente metafora del retore-Pròteo o del retore-Odìsseo). Ermogene rifà un po' la storia del concetto: e lì sono, si potrebbe dire pseudo-anglicamente, bitter coks, dato che tutte le accezioni del termine vengono discusse (e il traducente "eloquenza", usato per forza di cose, aveva il collo teso come una gallina ruspante alla vigilia di un Natale campagnolo). Ci fu chi ci propose di lasciare invariati i nomi delle forme di stile, traslitterando il greco (posizione che potrebbe essere assimilata a quella di alcuni utenti del fòro, attestati su posizioni liberiste), c'eravamo noi a cercare di autoconvincerci che "eloquenza", proposto dal sottoscritto, potesse funzionare; c'era la non bellissima traduzione francese, non accessibile al pubblico ma posseduta dal dipartimento in forma di dissertazione dottorale fotocopiata, che proponeva "habilité" (il che faceva somigliare il trattato a un'inno retorico-rivoluzionario, tipo, limpidité beauté habilité), e la traduzione ispanica dava "fuerza" (forse la soluzione meno peregrina, a ben vedere). Le cose erano aggravate dalle retoriche rinascimentali latine, fra Italia e Inghilterra: vis, eloquentia, aptum dicendi genus (di qui la proposta di qualcuno: "appropriatezza") e simili. Dopo mesi di torcimento pachimeningico, la traduzione si estinse perché il responsabile (che non ero io... non avevo pubblicazioni) fu chiamato ad altre, più alte, glorie, perché le dispute non si sanarono, e per altri motivi che tacere è bello. E la bocca rimase amara, con reciproche ingiuste accuse e difese e improprie (non aptae) attribuzioni di responsabilità.

Perciò, lezione ophèlima tratta dal futile anecdoto, quando l'italiano decodifica lingue dalla troppo più versatile plasmabilità lessicale (o dalla maggior variabilità d'accezioni per singolo lemma), tendo in parte a diffidare (con rimpianto) del monotraducente...
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5212
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Intervento di Infarinato »

amicus_eius ha scritto:Perciò, lezione ophèlima tratta dal futile anecdoto, quando l'italiano decodifica lingue dalla troppo più versatile plasmabilità lessicale (o dalla maggior variabilità d'accezioni per singolo lemma), tendo in parte a diffidare (con rimpianto) del monotraducente...
E infatti il ricorso a tutt’i costi al «monotraducente» è, tranne in pochissimi, fortunatissimi (e fortuitissimi) casi, sbagliato.

Quanto alla «piú versatile plasmabilità lessicale» dell’inglese rispetto all’italiano (o del greco [non solo antico] rispetto al latino), sono d’accordo; sulla [presunta] «maggior variabilità d’accezioni per singolo lemma», invece, no.
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5212
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Re: Outsider

Intervento di Infarinato »

francescofree ha scritto:Salve, Infarinato. Ho avuto la sorte (volutamente intesa una vox media) di acquistare il GDU de Mauro 2.a Ed. e, dopo tre mesi, ho duvuto inviare 2 files di circa 150 lemmi totali da aggiungere o correggere. Che ne pensi/pensate di scambiarci pareri a proposito di tali lemmi?
Certo, mi dica Lei come vuol fare (io preferirei pubblicamente su questo forum), ma per favore non mi scriva «2 files» in italiano, ché mi casca. ;)
francescofree
Interventi: 56
Iscritto in data: sab, 23 dic 2006 3:46

Apporti al GDU/GRADIT

Intervento di francescofree »

Salve, Infarinato; he, sí: il termine "files" come plurale di "file" non é il massimo della chiccheria (o "sciccheria", come preferirebbero altri) stilistica...ma.. proprio nel denigrato Dizionario viene giustificato per tale grammatica evenienza. Avrá forse funto da plausibile pretesto per confermare i leciti dubbi sulla "ottimitá" di Dizionario migliore in commercio? Chissá? (Ma il dubbio permane). In quanto ai lemmi da aggiungere (e di cui correggere il significato) appartengono agli ambiti culturali piú disparati, ma -sará perché per deviazione professionale sono di parte- ho notato una spiccata assenza (o mala spiegazione) di termini scientifici (biologia, medicina, biochimica e sim.), ma anche di altri. Mancano, ad esempio: "after hours" (nel senso di spuntino fuori orario consumato al bar), "panvocalico" (parola che contiene tutte le vocali dell'alfabeto della lingua cui appartiene), "PACS", "topping" (nel senso di salsa dolce), "MUFA" (acido grasso monoinsaturo), "-acido- grasso omega-sei" (ormai dieteticamente di moda), "fitoterapeuta" (come variante di "fitoterapista"), "metanalisi", "centella asiatica" (pianta presente in molti prodotti cosmetici, per uso sia esterno sia interno), "pop up" (finestra spesso indesiderata che compare all'improvviso durante il collegamento ad internet), "betaglucano" (Cosmesi), "gamma-orizanolo" (Dietetica e Cosmesi), "singolaritá" (in Astronomia), "nodo/reticolo di Hartmann", "trigramma" ed "esagramma" (simboli lineari dell'I-Ching), "croce celtica", "ankh" (croce ansata o egizia), "doppio/triplo cieco", "fitocosmetico", "sbrandizzare", "tronco encefalico" (come variante di "tronco cerebrale"), "rodiola" (Rhodiola rosea, pianta adattogena), "adattogeno" (riequilibrante lo stato psico-fisico), "ceramide", "PABA", "acido gamma-linolenico", "acido alfa-linolenico". ETC.. Che ne pensate?
Avatara utente
Infarinato
Amministratore
Interventi: 5212
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 10:40
Info contatto:

Re: Apporti al GDU/GRADIT

Intervento di Infarinato »

francescofree ha scritto:Salve, Infarinato; he, sí: il termine "files" come plurale di "file" non é il massimo della chiccheria (o "sciccheria", come preferirebbero altri) stilistica...ma.. proprio nel denigrato Dizionario viene giustificato per tale grammatica evenienza.
No, il GRADIT dice «s.m.inv.» (nell’etimologia, riporta il plurale originale). Semmai, è il DISC a registrarlo (come seconda possibilità): comunque, sia GRADIT sia DISC sono «dizionari dell’uso», e, in quanto tali, quello registrano, ma —come Lei ben sa— c’è uso e… «uso». ;)
francescofree ha scritto:Mancano, ad esempio…
Devo dirle la verità, caro Francesco: alcune delle sue segnalazioni sono sicuramente legittime (alle carenze del GRADIT aveva già accennato Freelancer qui a proposito di sovrascrivere). Tuttavia, molti dei vocaboli che Lei cita sono di àmbito tecnico-specialistico, e non credo possiamo pretendere che un dizionario «generico» li riporti [tutti]. Per esempio, mancano anche (e, se non ricordo male [Marco mi correggerà], non solo dal GRADIT, ma da tutt’i nostri dizionari, Battaglia incluso) parole quali diffeomorfismo (fisica matematica) e rilevamento (nell’accezione specifica che ha in geometria differenziale), e sono sicuro che si potrebbero trovare innumeri altri esempi di termini filosofici, etc., i quali troveranno invece adeguato spazio nei vari lessici/glossari specialistici.
amicus_eius
Interventi: 131
Iscritto in data: ven, 10 giu 2005 11:33

Intervento di amicus_eius »

Infarinato ha scritto:
amicus_eius ha scritto:Perciò, lezione ophèlima tratta dal futile anecdoto, quando l'italiano decodifica lingue dalla troppo più versatile plasmabilità lessicale (o dalla maggior variabilità d'accezioni per singolo lemma), tendo in parte a diffidare (con rimpianto) del monotraducente...
E infatti il ricorso a tutt’i costi al «monotraducente» è, tranne in pochissimi, fortunatissimi (e fortuitissimi) casi, sbagliato.

Quanto alla «piú versatile plasmabilità lessicale» dell’inglese rispetto all’italiano (o del greco [non solo antico] rispetto al latino), sono d’accordo; sulla [presunta] «maggior variabilità d’accezioni per singolo lemma», invece, no.
Più che altro, mi riferivo al greco. Ma anche l'inglese (quello vero, non la neolingua mercantilinformatica) non scherza. In genere i verbi forti ma non solo quelli, che nelle lingue germaniche sono spesso l'ossatura del lessico di base, tendono ad avere sensi e accezioni sfaccettate.

Relativamente al problema dei lessici specialistici, dato che è quello il punto di minor resistenza contro l'introduzione folle del forestierismo (ne è la prima testa di ponte) non sarà che i dizionari riflettano, più che un'impostazione generalistica, una sostanziale carenza di cognizioni adeguate in alcuni ambiti, sposata a una fattuale situazione di arretramento della lingua e della società che essa esprime in quei settori specialistici, unita a una totale mancanza di interrelazione fra mondo scientifico-tecnico e normatività linguistica? Altrove, nel forum, si accennava alle proposte del Nencioni sull'accoglibilità dei forestierismi tecnici per un'esigenza di uniformità e intercomunicabilità fra i linguaggi tecnici delle varie nazioni. In effetti, per il Nencioni ultima maniera, la forte identità linguistica (la cosiddetta purezza) dell'italiano si manterrebbe nell'ambito "umanistico". Ma così non si rischia di ritornare, in un futuro più o meno a lungo termine, a una situazione di diglossia? Col tempo potrebbe darsi l'esistenza di un italiano scritto colto per palati raffinati (aristocrazie intellettuali) accanto a un italiano mistilineo più o meno creolizzato (qualcuno direbbe imbastardito) per tecnici e agenti di promozione, e per la gente comune ci sarebbe un italiano anglizzante con inflessioni dialettali morenti e una sintassi, una morfologia e una fonetica erose (qualcosa di non dissimile alla situazione della Germania dei tempi di Leibniz, o anche dell'Italia settecentesca). Uno scenario curioso in cui potrebbero esistere un numero x di lingue letterarie (l'italiano umanistico e i varii dialetti) per un pubblico sempre più ristretto di intenditori, accanto a una sorta di varianti più o meno creolizzate e/o scassate di "italese", come amò definirlo qualche anno fa un esaltatore del nuovo che avanza. Si tenga presente, tuttavia, che il mondo culturale, oggi, in Italia, specie per quanto attiene alla letteratura, tende a una pericolosa implosione verso la più cieca autoreferenzialità di casta. L'"italese" creolizzato allora aspetterebbe solo un vessillifero letterariamente forte della "demotiké" per affiorare e sconfiggere la paleolingua "umanistica". Questo potrebbe avvenire prima del previsto, con risultati imprevedibili (per certi aspetti è già avvenuto e già avviene di diritto -e a questo punto ci si potrebbe anche chiedere, perché dolersene, se la cosiddetta lingua umanistica si ripiega su se stessa fra gli equivalenti moderni dei limpidi cristalli e delle fiere isnelle).

Questa mancanza di registrazione potrebbe, insomma, essere alla lunga la spia di qualcosa di più profondo che la semplice autolimitazione di lessici generalistici. Potrebbe essere l'indizio che qualcuno, in determinati contesti, comincia a concepire l'italiano come lingua, non più paradigmaticamente e sintagmaticamente produttiva, sul piano della "canonizzazione" grammaticale.

Ciò vuol dire che forse il direttorio linguistico decoro e mente alla bella italica lingua, è esso, anche nei suoi rami più illustri, non più produttivo...

Non è bello che per mancanza di immaginazione e implosione di settorialismo specialistico si conduca a morte una lingua -considerando che pure il cosiddetto mondo "umanistico" e filosofico fa la sua parte: quante filosofie produce l'Italia, dalla corrente neoeleatica di Severino fino al pensiero debole, che destituiscono di fondamento la tecnica e la scienza come forme di cultura e negano alla conoscenza scientifica una fondazione filosofica criticamente rigorosa!
Avatara utente
bertrand822
Interventi: 33
Iscritto in data: gio, 11 set 2008 0:19
Località: Roma

Intervento di bertrand822 »

Leggendo un'introduzione ad un libro di Giovanni Sartori, ve ne fornisco il rimando, si trova 'fuori branco'. Potrebbe essere un efficace traducente per outsider. Vengono in mente anche fuori canone, fuori norma, fuori coro, fuori regola, fuori solco,...
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Le possibilità sono molte, e secondo me va bene anche questa. Mi domando se non si potrebbe coniare un generico fuorista. :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
u merlu rucà
Moderatore «Dialetti»
Interventi: 1337
Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 8:41

Intervento di u merlu rucà »

In alcuni casi potrebbe reggere 'terzo incomodo':

Tra i favoriti della corsa Pinco Pallino e Tizio Caio. A fare da terzo incomodo Sempronio Fulano.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 14 ospiti