
"Quest'oggi"?
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"Quest'oggi"?
Mi viene da ridere quando sento persone - anche di una certa cultura linguistica - dire quest'oggi. Oggi viene dal latino hodie (hoc, questo e die, giorno) e significa, quindi, questo giorno. Questo, dunque, è insito già in oggi e non c'è alcun motivo di specificarlo; c'è, forse, un oggi che significa domani o ieri? 

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Eppure è una locuzione insignita dalla tradizione: si trova in Goldoni, Parini, Alfieri, Pindemonte, Monti, Foscolo, Leopardi, Tommaseo, Nievo, Boito, Verga, De Amicis, Gozzano, Svevo, Pirandello, e in moltissimi libretti di Verdi. Se ci attenessimo ai soli criteri etimologici per valutare l’accettabilità di ‘voci e maniere’ dovremmo rifiutare una parola come bocca, ché in latino bucca(m) significava la gota, o guancia com’è piú comune fuor di Toscana. 

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Posso concordare, anzi concordo, su quanto scrive riguardo alla bocca il cui etimo è diverso dall'accezione che le si dà. Quest'oggi, anche se adoperato da insigni scrittori, mi pare un uso un po'... goffo.Marco1971 ha scritto:Se ci attenessimo ai soli criteri etimologici per valutare l’accettabilità di ‘voci e maniere’ dovremmo rifiutare una parola come bocca, ché in latino bucca(m) significava la gota, o guancia com’è piú comune fuor di Toscana.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Si tratta solo d’un espressione rafforzativa, come ce n’è a carra (;)) in tutte le lingue. Nella parola oggi non s’avverte piú la composizione latina, ragion per cui l’uso di quest’oggi è ormai da diversi secoli legittimissimo (non vorrà, spero, considerare goffa la prosa di Giacomino!
).


Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Assolutamente no. Dal mio punto di vista (sbagliato?), però, oggi è...oggi. Punto (senza questo).Marco1971 ha scritto:non vorrà, spero, considerare goffa la prosa di Giacomino!![]()
).
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Non resisto alla delizia di queste citazioni.
Sebbene sia fuori tema, lo dico ugualmente: bisogna aver sentito Maria Callas nel ruolo di Violetta per conoscere la Traviata.Vuoi tu i lieti rubini? O piú t’aggrada
Sceglier quest’oggi l’Indico adamante
Là dove il lusso incantator costrinse
La fatica e il sudor di cento buoi
Che pria vagando per le tue campagne
Facean sotto a i lor piè nascere i beni?
(PARINI, Il Giorno, Mattino.963)
Né mai?... Quest’oggi
sarà mia sposa Sofonisba; io ’l giuro.
(ALFIERI, Sofonisba, At. 2, sc. 2.84)
Fu egli questo? – o Natura! dimmelo tu – o fu egli alcun altro il motivo che mi condiva sí saporitamente quel pane? – o per quale incantesimo ogni sorso del vino ch’io attingeva da quel loro fiasco, m’imbalsamava di tal voluttà che io la sento fino a quest’oggi sul mio palato?
(FOSCOLO, Viaggio sentimentale di Yorick, cap. 69.7)
Offri tu Sacerdote al Nume eterno,
E quell’amore, che l’alma tua rinserra
Chiaro mostri in quest’oggi al Dio superno.
(LEOPARDI, Per Messa novella, 14)
- Signora!
- Che t’accade?
- Quest’oggi, è vero? Vi sentite meglio?...
- Sí, perché?
- D’esser calma promettete?
- Sí, che vuoi dirmi?
- Prevenir vi volli... Una gioia improvvisa...
- Una gioia!... dicesti?...
- Sí, o signora...
- Alfredo!... Ah, tu il vedesti?... ei vien!... l’affretta.
(PIAVE, La Traviata, At. 3, sc. 5)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Gentile Marco, non doveva mica "convincermi"
Ripeto: nonostante autori... autorevolissimi resto dell'idea che oggi è... oggi.
PS: non vorrei sbagliare, ma credo che il linguista Luciano Satta stia "dalla mia parte". Se riuscirò a trovare l'annotazione sattiana circa "quest'oggi" sarà mia cura (e premura) portarla a conoscenza dei "cruscanti"

Ripeto: nonostante autori... autorevolissimi resto dell'idea che oggi è... oggi.
PS: non vorrei sbagliare, ma credo che il linguista Luciano Satta stia "dalla mia parte". Se riuscirò a trovare l'annotazione sattiana circa "quest'oggi" sarà mia cura (e premura) portarla a conoscenza dei "cruscanti"

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Gentile Fausto, io non posso né desidero convincerla d’alcunché: non scrivo qui solo per lei ma per tutte le persone che ci seguono. Lei, poi, è liberissimo di fare a meno di certe espressioni; solo non può dirmi che un uso consolidato attraverso i secoli, e con patenti di nobiltà, sia inaccettabile, pleonasmo o no. 
Aspettiamo l’opinione di Satta. Il Gabrielli, nel suo dizionario, scrive:

Aspettiamo l’opinione di Satta. Il Gabrielli, nel suo dizionario, scrive:
Spesso si rafforza: Quest’oggi non sto bene; [...]
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Assolutamente no! Domani si può far seguire da mattina, pomeriggio e sera:domani mattina; domani pomeriggio; domani sera.studioso ha scritto:Dunque bisognerebbe bandire dalla lingua domattina o domani mattina perché domani viene dal latino tardo de mane?
Anche se etimologicamente e alla lettera, domani significa di mattina.
Non mi sembra, quindi, sia lo stesso caso di quest'oggi. Lei direbbe quest'oggi pomeriggio?

«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Invece a me sembra un caso del tutto simile: domani mattina, etimologicamente, equivale a «da mattina mattina». Ma ben sappiamo che è alquanto prepostero fondarsi su criteri puramente etimologici per valutare l’accettabilità di voci e maniere.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Interventi: 763
- Iscritto in data: dom, 23 ott 2011 22:37
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Ancoei si dice "oggi" nel dialetto ligure e in vari altri dialetti del nord Italia.
Dal lat. hanc hodie, ciò a indicare che già il tardo latino sentiva l'esigenza di rafforzare quell'hodie.
«Non credo che per terra vada ancoi / omo sì duro...» (Dante, Purg. XIII:52). Come chiosa B. Lombardi nelle note a pag. 279 di questa edizione di fine '700 della Commedia (i corsivi sono nell'originale):
Ricordo infine il franc. aujourd'hui e, in ital., i termini oggidì, oggigiorno e la locuz. "al giorno d'oggi".
Dal lat. hanc hodie, ciò a indicare che già il tardo latino sentiva l'esigenza di rafforzare quell'hodie.
«Non credo che per terra vada ancoi / omo sì duro...» (Dante, Purg. XIII:52). Come chiosa B. Lombardi nelle note a pag. 279 di questa edizione di fine '700 della Commedia (i corsivi sono nell'originale):
Il passo di Scipione Maffei cui si fa riferimento è qui, ove dice:ancoi qui e in due altri luoghi [Purg. XX:70 e XXIII:96] dice Dante invece d'oggi. Riferisce il Rosa Morando che il marchese Maffei crede cotal voce presa dai Veronesi. Ma ancò (soggiunge egli), non ancoi, dicono i Veronesi (e poco diverso i Lombardi tutti e i Romagnuoli), e ancoi è voce del Tirolo*.
* (...) Dal latino barbaro hanc hodie riferisce il medesimo Rosa che ripeta il marchese Maffei l'origine della voce ancoi; e certamente o hanc hodie o hac hodie corrisponde al quest'oggi, comune al resto d'Italia.
Segnalo ancora la voce ANCOI a pag. 33 di Voci e locuzioni italiane derivate dalla lingua provenzale di Vincenzo Nannucci, dove il lombardo "ancoi" si fa derivare sì dal lat. hanc hodie, ma attraverso il provenzale ancui.Dell'accusativo riman vestigio nel Veronese plebeo, quando dice ancò per oggi, cioè hanc hodie, o sia questo giorno, quest'oggi, troncate l'ultime lettere. Prese Dante da' Veronesi questa voce, che ha tre volte nel Purgatorio, ma doveasi allora pronunziare anche l'i dell'hodie.
Ricordo infine il franc. aujourd'hui e, in ital., i termini oggidì, oggigiorno e la locuz. "al giorno d'oggi".
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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