CarloB ha scritto:E' davvero curioso che
macchina per scrivere risulti attestato molto più frequentemente di
macchina da scrivere. Io non ho mai, sottolineo mai, in decenni di lavori svolti in uffici diversi, sentito nessuno dire
macchina per scrivere. Sarò stato sfortunato.
Molto sfortunato, vive in un ambiente incolto.
Anch'io.
Eppure non ho mai sentito dire "macchina DA ramare", soltanto "macchina che si rama", "macchina per ramà", "pompa per ramare".
Ma "macchina DA ramare", veramente mai, neanche una volta, nemmeno da chi non sa fare altro che la propria firma, come se fosse un disegno, tenendo la lingua di fuori.
Mi riferisco all’articolo di Alfonso Leone («Il tipo carta da scrivere», in Lingua Nostra, XXXIII, 1972, pp. 1-5), riportato da Marco nella pagina precedente.
Dando per scontate le differenze tra il 1300 e il 2000, mi pare una raccolta di frasi solo apparentemente confrontabili.
Cibi da mangiare non è paragonabile con posate da mangiare (non si mangiano le posate), così è normale che un libro sia "da leggere", mentre un "luogo da ricoverarsi" non esprime il significato di "un luogo in cui trovare ricovero", bensì dice che "il luogo va ricoverato", cosa senza senso.
Un "partito da prendere" va bene, come "una strada da prendere", ma non va bene, oggi, la frase "argomenti da vincere altrui" (prima metà del Trecento: "E questa pena m’è data dalla divina giustizia per la vanagloria ch’io ebbi del parermi saper più che gli altri, e spezialmente di sapere fare sottili soffismi, cioè argomenti, da vincere altrui disputando."), Perché oggi si direbbe "argomenti per vincere" o "argomenti tali da vincere (convincere)"
Trai "sottili soffismi" possiamo annoverare la frase "l’aggiunta di -si riprova che l’infinito è sentito a priori con valore attivo", che invece non riprova affatto la volontà di passivare un modo nativamente sentito come attivo, perché si aggiunge quel -si soprattutto per rendere impersonale il verbo (cose da farsi, da raccontarsi ecc.). Il -si di un verbo senza oggetto non è mai passivante, può essere soltanto impersonale. Dire "macchina da scriversi" non farebbe altro che aggravare l'errore, rendendo anche riflessivo il verbo.
È normale che la carta sia "da scrivere" o "da scriversi", di solito serve (anche) per questo, mentre non è corretto dire "carta Per scrivere", perché la carta non scrive, e ancor meno può essere "da scrivere" una penna! (Tranne il caso, pignoleggiando, che si debba serigrafare una penna pubblicitaria.) O una macchina, che nemmeno può essere "da cucire".
"Ferro da stiro" è corretto, come fucile da caccia, canna da pesca e così via, ma non lo è "ferro da stirare", a meno che non s'intenda laminare una barra, come sono errati "fucile da cacciare, canna da pescare.
La preposizione "da"+ infinito può servire ad indicare un'azione futura o futuribile, esattamente nello stesso modo in cui il volgare forma il futuro: "ho da fare..." = farò (devo fare); "ho da andare..." = andrò (devo andare). In questa forma di futuro può essere compresa anche una forma di augurio o consiglio o auspicabilità dell'azione dell'infinito (cose da dirsi, da farsi, cioè future e consigliabili) In questo senso son da leggere (o leggersi) gli esempi sopra riportati:
coteste sono cose da farle gli scherani (Bocc.)
cotesta non è cosa da curarsene (Bocc.)
cosa da parlarne altrui (Dante)
La conclusione dell'Autore citato ("Ne segue che anche ferro da stirare, macchina da scrivere o da cucire, matita da disegnare, camera da dormire (in cui i grammatici vorrebbero la sostituzione di per a da) sono legittimi") è fallace, perchè non c'è la minima ragione d'ipotizzare o sottintendere un complemento indiretto (quale, poi?) che non c'è, dove invece c'è solo quello che è (oggi, e forse lo era anche ieri) un errore. Seguendo la logica dell'Autore sarebbe lecito definire il ristorante come una "casa da mangiare".
Si dice "ago da cucito", "matita da disegno", "occhiali da riposo" e non so dove abbia pescato la camera "da" dormire (né m'immagino come si possa far dormire una camera e con che ninna-nanna).
In definitiva il caso è semplice e il problema non è il mero "da"+ infinito, ma la possibilità del sostantivo di essere oggetto del verbo all'infinito. Se il nome non può essere oggetto del verbo, la locuzione è errata.
Così l'aereo non può essere una macchina "da" volare, ma semmai per volare o "da volo".
In toscano si dice "forbici da pota", non "da potare".
L'unica, ma proprio unica, parziale giustificazione delle forme errate come "macchina da scrivere" e "macchina da cucire" è soltanto l'uso, preponderante nel parlato, ma per fortuna ancora minoritario nello scritto, anche in Rete. Evitiamo prima di farci del male per non gridare poi allo snaturamento della Lingua.