Su Desinenza in A e le riforma dell'ortografia

Spazio di discussione su questioni che non rientrano nelle altre categorie, o che ne coinvolgono piú d’una

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
Decimo
Interventi: 434
Iscritto in data: ven, 18 ago 2006 13:45
Località: Modica

Intervento di Decimo »

Marco1971 ha scritto:Io proporrei una riforma semplice e inappariscente: si segnano gli accenti su tutte le parole sdrucciole … e su quei vocaboli che escono in -io/-ia con i tonica: […]. S’intenderebbe che le parole senz’accento sono piane.
Beh, finora tutte le proposte ortografiche piú autorevoli si sono mosse anche in codesta direzione. Resterebbe però insoluta la questione delle opposizioni fonematiche che non si evincono dalla scrittura —[e] ~ [E], [o] ~ [O]— e quella ancor piú spinosa della cogeminazione.

Per amor di storia, leggiamo come s’esprime il Castellani (che, per l’occasione, impiega l’ortografia riveduta di cui prima ho fatto cenno; sott. mia):

Il difètto dei progètti di riforma chê hò visti finora è nella loro stravaganza, ô nella loro incompletezza ê timidità. Non mi pare chê cambiamenti graduali àbbiano molta probabilità d’imporsi. Perché un sistèma pòssa venir accettato bişogna chê sia complèto, chê permetta di risalire in tutti i caşi alla pronuncia corrètta, sènza chê rimangan dubbi.

Dal giudizio del grande linguista io umilmente mi dissocio: una riforma «traumatica» (e poco vale che «gli eventuali segni nuòvi dèbbono lasciare sostanzialmente immutata la fişionomìa del sistèma tradizionale», come si legge piú avanti), con un’introduzione piú o meno massiccia di diacritici, non ha, realisticamente, possibilità di attecchire.

È altresí vero che una norma dovrebbe (lege: «ormai può soltanto») limitarsi a normalizzare, appunto, a generalizzare una tendenza, a renderla normativa; e oggigiorno l’unica tendenza apprezzabile è quella che prevede l’accentazione sugli omografi meno noti (e.g. «compíto») e laddove la tradizione ha imposto/diffuso l’uso del segnaccento (e.g. «dèi», «princípi»), non tacendo infine i casi in cui ambo gli omografi presentano l’accento scritto, come ad esempio in «àmbito» e «ambíto», in «súbito» e «subíto» (piú frequente il segnaccento sugli omografi piani, ché lo scrivente pare avvertire piú pressante la necessità di scongiurare la confusione, mentre il segnaccento sugli sdruccioli è quasi un tratto distintivo dei saggisti di cultura medio-alta).

Per me, dunque, l’unica riforma attuabile è quella che prevede la normalizzazione dei diacritici sugli omografi, secondo come siano stati promossi dalla tradizione.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
Intervieni

Chi c’è in linea

Utenti presenti in questa sezione: Nessuno e 11 ospiti