Caro Ladim, ho letto con interesse il suo intervento iniziale ed avrei voluto partecipare portando a conoscenza la mia esperienza personale; inizialmente, ho evitato per non appesantire il filone, ma, letto l’intervento di Federico e la sua reazione, scrivo queste poche cose.
Lei ha scritto
la location della riunione è nella sala A
ebbene, da quel che apprendo parlando con amici, tale comunicazione
non potrebbe comparire,
ma compare in forme simili: “
il meeting di kick-off è alle ore…”; confesso che, appena udita, la frase m’è apparsa incomprensibile. Mi hanno poi spiegato che questo
meeting di kick-off altro non è se non la riunione iniziale di un progetto, alla quale ne seguiranno altre. Questo modo d’esprimersi pare abbastanza usuale in aziende multinazionali, anche operanti in settori diversi (nella fattispecie: in campo assicurativo e nella produzione di pneumatici). Espressioni come
supply-chain, human resources, task ed altre consimili amenità sono tipiche, a detta degli interessati e considerando la frequenza con la quale sono pronunciati dagli stessi, del linguaggio lavorativo quotidiano (temo anche formale); e noto che si vanno spargendo anche nel linguaggio di tutti i giorni (invito mio:“dovremmo andare entro sabato a prendere il regalo per il battesimo”, risposta ricevuta:“OK, lo metto nei miei task”)
Citando il
kick-off, mi è venuto alla mente che recentemente, in occasione d’una partita degli attualissimi mondiali di pallone, ho sentito un amico che sollecitava a trovare, per la serata, un locale munito di televisione per vedere “almeno il kick-off” di non so quale partita: altro non è che il calcio iniziale.
Termini come
budget,
gossip (“allora, qualche gossip della vacanza`?”),
highlights (“abbiamo visitato gli highlights” parlando di un finesettimana in una città d’arte),
brand (“credo che sia un brand, non il nome di un prodotto”),
report (“fammi un report della situazione”),
free sono, a parer mio, usuali nel
sermo cottidianus di giovani intorno alla trentina, tutti laureati (dalla giurisprudenza all’ingegneria chimica, passando per economia e commercio, disegno industriale ed economia aziendale), maschi e femmine, tutti diplomati al liceo classico o scientifico, di buone letture (da Verga a Coelho, attraverso i grandi Russi o gli immortali Francesi), attenti alla società moderna ed ai problemi che essa propone.
L’idea che mi sono fatta è che si tratti non tanto di non-conoscenza della lingua italiana (parlo delle persone che maggiormente frequento e conosco) ma di disabitudine al suo impiego e omologazione alla parlata dominante. I motivi di ciò, tuttavia, non sono in grado d’indagarli.
Questo se può interessare.
Cordiali saluti