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Inviato: mer, 20 mar 2013 21:11
di Don Lisander
Ferdinand Bardamu ha scritto:La maggior parte di questi autori è di origine settentrionale. Non istupisce l’assenza di cogeminazione, riprodotta dalla grafia. In ogni caso, il ricorso all’autorità serve a poco, quando contrasta apertamente con la norma, e con una norma piuttosto chiara, per giunta. Vede, si può scrivere anche
sopratutto o
dacapo, o finanche
piuttosto che per
oppure, chiamando a testimonio una manciata di nomi illustri; ma l’errore rimane.

Con gli errori da lei citati si cava ben poco da Google Libri. Anzi nulla, quanto a "nomi illustri" (e comunque, sebbene la mia vertiginosa lista possa in teoria anche servire a qualcuno come
argumentum ad auctoritatem, non cercavo giustificazioni, stante quanto ho detto subito dopo: cioè che aggiusterò la pronuncia e la grafia). Qui il caso è lievemente diverso, direi. Il problema è per l'appunto nei termini che ha indicato lei all'inizio del suo intervento. Ma perché io,
che sso' rromano, dico
senonché? L'influsso di genitori nati e vissuti in gioventù altrove?
Pò èsse'.
L'assenza di indicazione esplicita della forma più corretta su vocabolari quali lo Zingarelli ha probabilmente fatto il resto.

Inviato: mer, 20 mar 2013 21:15
di PersOnLine
Don Lisander ha scritto: C'è da chiedersi se sia davvero meno corretto, o se non sia soltanto meno comune. Presumo sia entrambe le cose, nevvero?
*A proposito, lo Zingarelli ha (raro) davanti a senonché.
A dire il vero, si direbbe persino più comune (
senonché vs
sennonché), ma credo non stia qui il cuore della questione sulla maggiore
correttezza [e quindi
preferibilità] di una forma rispetto a un altra, quanto semmai nel rispetto della tradizione e della storia linguistica (lo stesso che dovrebbe anche far preferire una pronuncia rispetto a un altra); ma in questa piazza ci sono persone decisamente più titolate di me a dare lezioni di lingua.
Inviato: mer, 20 mar 2013 21:32
di Ferdinand Bardamu
Don Lisander ha scritto:Ma perché io,
che sso' rromano, dico
senonché? L'influsso di genitori nati e vissuti in gioventù altrove?
Pò èsse'.
Pò èsse,
pò èsse.

Normalmente, però, anche a Roma c’è cogeminazione dopo
se, o sbaglio? Mi viene in mente un «si tte pijo…!».
Inviato: mer, 20 mar 2013 21:34
di Marco1971
Don Lisander ha scritto:L'assenza di indicazione esplicita della forma più corretta su vocabolari quali lo Zingarelli ha probabilmente fatto il resto.

È proprio questo l’irrisolvibile problema: i dizionari non solo non danno piú indicazioni normative sulle forme preferibili, ma sarebbero ben incapaci di farlo... In proposito, le segnalo
questo filone.
Inviato: mer, 20 mar 2013 21:37
di Don Lisander
Ragazzi, diciamoci la verità: come potrebbe lo Zingarelli bollare come errore (anziché come versione più rara, come fa)
senonché, quando a usarlo sono stati perfino il Filarete, Giambattista Giraldi Cinzio, Stefano Guazzo, Carlo Cattaneo, Alessandro Manzoni (che saluto, se mi sta seguendo), Ippolito Nievo, Federico Della Valle, Ugo Foscolo, Edmondo De Amicis (lo scrivo anche qui), Graziadio Isaia Ascoli, Graziadio Isaia Ascoli (ah, l'avevo già scritto?), Lorenzo Da Ponte, Giovambattista Marino, Francesco Guicciardini, Giovambattista Ramusio, Francesco Totti (no, d'accordo, lui no: le sue opere non sono ancora indicizzate)?
Provare per credere:
http://www.bibliotecaitaliana.it/xtf/se ... startDoc=1
Inviato: mer, 20 mar 2013 21:45
di Marco1971
Don Lisander ha scritto:Ragazzi, diciamoci la verità: come potrebbe lo Zingarelli bollare come errore (anziché come versione più rara, come fa) senonché, quando a usarlo sono stati perfino il Filarete, Carlo Cattaneo, Alessandro Manzoni...
Perché la norma muta nel tempo, e in particolar modo per quanto riguarda l’ortografia! Un tempo si scriveva
huomo, cosa oggi non possibile, ecc. Che poi
senonché prevalga oggi non è un buon motivo per caldeggiare una grafia che ci discosta dalla pronuncia sovrarregionale dell’italiano.
Ma la norma, pare, non è chiarissima ai compilatori odierni di dizionari...
Inviato: mer, 20 mar 2013 22:59
di PersOnLine
Ho cercato uno dei tratti incriminati di Manzoni con Google, e
qui l'ho trovato con
sennonché; non è che forse l'esito della ricerca dipende anche dalla versione e, magari, dal rimaneggiamento di qualche (s)correttore di bozze?
Inviato: gio, 21 mar 2013 6:03
di SinoItaliano
È strano che anche alle mie orecchie suoni meglio senonché, ma dall'altro sennò.
Per esempio, pronunciando "se non lo fai...", mi viene spontaneo non cogeminare.
Tornando al tema originario, a me suonano più spontanei gli imperativi non tronchi (per intenderci, quelli che coincidono col presente indicativo: vai, fai) nella lingua colloquiale d'oggi (escludendo le forme coi clitici naturalmente: fammi, vammi, etc.).
Invece le forme tronche (va', fa') mi suonano biblici o tipici del doppiaggese.
Invece sta' mi suona dialettale.
Inviato: gio, 21 mar 2013 12:42
di Zabob
Ma poi va', fa', sta', da' e di' è giusto chiamarle forme "apocopate" o "tronche"? per me l'apocope o troncamento è dove non c'è l'apostrofo, come in gran, san, bel, ben, amor ecc.
Lo so, ho fornito un argomento a chi sostiene che vadano scritte senza quel segno dopo la vocale...
Un altro esempio in cui l'apostrofo mi sembra utile (anche se si tratta di forme "sorpassate") è per distinguere vo' (io voglio) da vo (io vado); sono troncamenti (o apocopi), elisioni o che altro questi?
Inviato: gio, 21 mar 2013 13:03
di Ferdinand Bardamu
Zabob ha scritto:Ma poi va', fa', sta', da' e di' è giusto chiamarle forme "apocopate" o "tronche"? per me l'apocope o troncamento è dove non c'è l'apostrofo, come in gran, san, bel, ben, amor ecc.
Come ho riportato su,
da’,
va’ e
sta’ sono apocopi posvocaliche, tipiche del toscano, di
dai,
vai e
stai. Questo tipo di apocopi — applicate soprattutto alle preposizioni articolate — si ritrovano in letteratura fino a tutto l’Ottocento.
Un esempio letterario:
Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra le braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da’ pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de’ miei padri. (Ugo Foscolo,
Ultime lettere di Jacopo Ortis)
Zabob ha scritto:Un altro esempio in cui l'apostrofo mi sembra utile (anche se si tratta di forme "sorpassate") è per distinguere vo' (io voglio) da vo (io vado); sono troncamenti (o apocopi), elisioni o che altro questi?
Vo’ per
voglio è un troncamento.
Vo, voce del verbo
andare, è una forma analogica sul modello di
do (
dare), ormai quasi solo toscana e regionale (io la uso nel mio dialetto).
Inviato: gio, 21 mar 2013 17:34
di Zabob
Se i verbi sono 3, altrettante diventano le possibili collocazioni del clitico: "Mi vuoi venire a trovare?" - "Vuoi venirmi a trovare?" - "Vuoi venire a trovarmi?"
Non sento evidenti differenze fra la seconda e la terza opzione, mentre la prima mi sembra pochissimo adoperata.
Inviato: gio, 21 mar 2013 18:32
di Ferdinand Bardamu
Io uso spontaneamente molto di piú la terza («Vuoi venire a trovarmi?»), mentre ricorro alla seconda («Vuoi venirmi a trovare?») occasionalmente e alla terza («Mi vuoi venire a trovare?») raramente.
Inviato: gio, 21 mar 2013 20:27
di Souchou-sama
Sigh! Se consultaste piú assiduamente il
DiPI, non vi stupireste della differenza tra
senonché e
sennò [nella vostra pronuncia]…

Inviato: sab, 23 mar 2013 10:06
di Don Lisander
Bene, si tratta, stando a Canepàri, di una «pronuncia "tollerata" (dopo " ; "), che è, però, meno consigliabile, soprattutto per un uso professionale della voce».
Inviato: sab, 23 mar 2013 16:09
di Souchou-sama
Determinata dal fatto che non, in pronuncia «moderna» (quindi piú romana che toscana), è ageminante: /°non. non/.