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Inviato: mer, 13 mag 2015 12:55
di Carnby
Tra l'altro non so neppure perché, dato che si ispira al famoso (e controverso) testo di Marx e Engels che si chiamava appunto
Manifesto del partito comunista (in tedesco
Manifest der Kommunistischen Partei e
non Das Manifest der Kommunistischen Partei).
Inviato: mer, 13 mag 2015 15:06
di Infarinato
Flipper ha scritto:Non direi "sulla Repubblica", userei una pausa tra "su" e "la".
E che lingua [innaturale] sarebbe codesta? Certo, non italiano. Oggi, in italiano
su la si legge —si
deve leggere— esattamente come
sulla. In antico, in
alcuni contesti, si leggeva invece
su la: senza raddoppiamento, cioè, ma anche
senz’alcuna pausa.
Flipper ha scritto:Per esempio oggi su "il fatto"…
*
Su il non è italiano [moderno]; *
de il non è italiano [né antico né moderno].
Flipper ha scritto:Per me che lavoro nei giornali da vent'anni sono cose importanti ma è pure drammaticamente vero che nei giornali di oggi la lingua italiana è massacrata.
Ecco, appunto.
Inviato: mer, 13 mag 2015 21:20
di Flipper
Citavo Bardamu!
Comunque la pausa è impercettibile ma non sono un attore e non ho nemneno una laurea.
Ho riscontrato un problema di recente: a volte bisogna fare pause piú sostenute quando si détta al microfono del Mac.
Bisognerebbe però protestare anche con il Treccani...
Inviato: mer, 13 mag 2015 21:55
di Ferdinand Bardamu
Sí, la trattazione del Treccani non è impeccabile, perché non dà indicazioni circa la correttezza di quest’uso (non sono pochi i casi in cui questo vocabolario si esprime sulla proprietà di un modo di scrivere o di un costrutto).
Inviato: gio, 14 mag 2015 6:43
di Flipper
http://www.wordreference.com/definizione/De
de
‹dé›
prep.
Forma che assume la prep. di seguita dall’articolo, part. usata nella citazione di titoli:
i personaggi de “I promessi sposi”.
http://www.sapere.it/sapere/dizionari/d ... ?q_search=
de
( ant., dial.) di; entra nella formazione delle prep. art. del, dello, della, degli, dei, delle | si usa citando titoli che cominciano con l’articolo: i personaggi de «I Promessi Sposi».
http://dizionario.internazionale.it/parola/de_2
2dé
dé
prep.
ca. 1080; lat. dē, v. anche 1di.
OB 1di, anche in prep.art. separate: de la, de lo
http://dizionari.corriere.it/dizionario ... D/de.shtml
de[dé] prep.
• Forma della prep. di quando è seguita dall'articolo sia con grafia unita (del, dello, della ecc.), sia con grafia divisa (de lo, de le ecc.) come accade p.e. nelle citazioni di titoli: le vicende de “La coscienza di Zeno”
• sec. XII
Si potrebbe continuare.
Inviato: gio, 14 mag 2015 10:37
di Infarinato
E con ciò, caro Flipper?

Non c’è nulla di «sbagliato» in tutto ciò… Ha letto o no cosa ho scritto nel mio
primo intervento?
L’unico appunto che si può fare a codeste trattazioni è che, al contrario di quanto fa il già citato
DOP, non specificano che in italiano
moderno quel
de provoca raddoppiamento fonosintattico, e che
certe combinazioni [che però —opportunamente—
non citano] non sono solo sconsigliabili, ma proprio errate.
Si limitano semplicemente a registrare l’uso: un uso grammaticalmente sconsigliabile, ma non errato.
Inviato: gio, 14 mag 2015 11:12
di Ferdinand Bardamu
Il
DOP è impeccabile al riguardo:
[A]buso frequente, questo del ne isolato, dovuto (come nel caso del de, e qui con conseguenze più vistose) a una pedissequa osservanza della forma uffic. di denominazioni composte, che si suppone di dover lasciare come fuori della frase e del discorso, in posiz. metalinguistica[.]
Inoltre, posto che *
de il, *
a il, *
ne il e *
su il sono combinazioni non ammesse, ne risulta una regola indebolita:
- Del Fatto Quotidiano, al Fatto Quotidiano, nel Fatto Quotidiano, sul Fatto Quotidiano
De La Repubblica, a La Repubblica, ne La Repubblica, su La Repubblica
Non è meglio seguire la pronuncia piú naturale?
Inviato: gio, 14 mag 2015 15:01
di Flipper
Evidentemente ignoro moltissimo.
Nel citare titoli, tra virgolette o differentemente indicati, mi par meglio lasciare la grafía analitica (si dice cosí?).
Non dirò né scriverò mai "ho messo la penna su il tavolo", è ovvio.
Ma perché non indicare esplicitamente la "i" de "I Promessi Sposi" così come Manzoni la scrisse?
Capisco che nel parlato la pronuncia è uguale, a quanto mi dite, dato che non c'avevo mai fatto caso non essendo né un professionista della voce né un cultore della materia.
Tra l'altro ho saputo che il titolo originario del romanzo era "sposi promessi".
Inoltre, mi viene in mente che per risolvere il problema basterebbe scrivere:
Oggi ho letto sul quotidiano "il manifesto" una notizia riportata poi anche sul giornale "il fatto".
Comunque ringrazio per l'attenzione dedicata a un povero Cristo come me.
Inviato: gio, 14 mag 2015 15:37
di Ferdinand Bardamu
Non si mortifichi, caro Flipper: io stesso sono molto ignorante, e ho avuto soltanto la buona ventura di trovare questo foro e comprare le opere giuste.
Vede, in questo caso la forma analitica delle preposizioni articolate, se da un lato sembra fare un miglior servizio alle opere e alle testate che recano l’articolo nel nome, dall’altro fa un pessimo servizio alla grammatica e non fornisce nemmeno una regola salda a cui un povero scrivente possa affidarsi.
L’espediente che dice lei è compreso nella trattazione del Serianni, che, in proposito, scrive: « [A] parte il fatto che in molti casi l’espressione diverrebbe artificiosa e pedantesca, questa scappatoia sarebbe inutile per La Spezia o L’Aquila (non potrei dire *
alla città La Spezia; e ponendo un
di tra apposizione e toponimo mi ritroverei al punto di prima)» (Luca Serianni,
Italiano, Milano: «Garzanti», 2000, § IV. 84).
Per
I Promessi Sposi, come per altre opere il cui titolo comincia con un articolo, il torto che facciamo all’autore è soltanto apparente: come scrivevo sopra, l’articolo non iscompare, ma viene fuso con la preposizione.
Inviato: gio, 14 mag 2015 21:28
di Animo Grato
Flipper ha scritto:Comunque ringrazio per l'attenzione dedicata a un povero Cristo come me.
Su colla vita!
O
con la vita!

Inviato: ven, 15 mag 2015 1:52
di Scilens
Concordo con chi sostiene il ricongiungimento dello scritto al parlato, ma non in questo caso.
Il parlato, sebbene sia molto più ricco ed espressivo dello scritto, è svelto e intrusivo, non comprende le virgolette (neanche quelle aeree fatte coi ditini) né i corsivi. Qui il destinatario del messaggio può chiedere chiarimenti, mentre lo scritto deve tendere ad esser completo.
Al tempo dei tempi m'insegnarono che non è mai lecito storpiare il titolo di un'opera e quest'unica affermazione mi parve condivisibile di per se stessa. A questa regola mi son sempre attenuto. E schifo le mode. Se così non fosse direi come tutti "facessero" al posto di "facciano", e un "de" interrotto da virgolette (vere) si attaccherebbe all'articolo al di là delle virgolette. Per me, opinione mia, nello scritto è errore attaccarsi all'articolo contenuto in un titolo. Ci sono altri modi più piacevoli e proficui d'essere creativi.
Inviato: ven, 15 mag 2015 7:50
di Ferdinand Bardamu
Prendiamo atto di codesta opinione, basata su quel che le insegnarono a scuola. È, insomma, una regola fantasma, ma non fa nulla. Cosa c’entri la «creatività» poi non riesco a capirlo.
Inviato: ven, 15 mag 2015 15:57
di Ferdinand Bardamu
Anche i francesi trattano l’articolo di nomi come
Le Havre e
Le Mans come un elemento grammaticale vero e proprio, e non come parte inscindibile del nome, e dicono
au Havre e
au Mans.
Inviato: mar, 19 mag 2015 19:53
di Flipper
Ho conosciuto in viaggio in treno una signora che fa di mestiere l'oratrice e sembra un documentario quando parla talmente è piana la sua dizione. Le ho chiesto del raddoppiamento e lei mi ha detto che se dobbiamo dare risalto al titolo è bene non effettuarlo.
Però dovremmo pur dire che le regole fantasma esistono nei due versi.
Cordiali saluti
Inviato: mar, 19 mag 2015 20:21
di Infarinato
Flipper ha scritto:Però dovremmo pur dire che le regole fantasma esistono nei due versi.
Quali «due versi»? Io ne vedo uno solo.
