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Inviato: gio, 14 lug 2005 9:17
di giulia tonelli
Fair enough 
Inviato: lun, 19 set 2005 14:20
di giulia tonelli
Ripesco questo filone abbandonato per farvi notare una cosa. Nel forum dell'accademia della crusca recentemente ho fatto notare a un utente che si era contraddetto e lui mi ha subissato di insulti. In uno dei messaggi di insulti dice (rivolgendosi all'utente chiù):
Caro (o cara) chiù, purtroppo "la" Giulia non possiede quelle stupende virtù che si chiamano "ironia", "simpatia", "umorismo".
Che vuole farci, finché "la" Giulia non si sottoporrà alla ragnatelectomia, non ci sarà mai fine alle sue manifestazioni di arroganza e saccenteria.
Come vedete, qui l'articolo di fronte al nome è usato in maniera che vuole essere insultante. È come se il fatto stesso di usare l'articolo (evidenziato pure dalle virgolette) diventi un insulto, una presa in giro, un modo di sminuire. Quasi come se le persone degne di nota non avessero bisogno di articoli, mentre indicare una persona con l'articolo determinativo la metta in ridicolo.
Questo mi sembra uno splendido esempio di come, spesso, le "attenzioni" (anche linguistiche) riservate alle donne celino in certo inconscio collettivo una tendenza a non prendere sul serio. E si applica anche all'uso di parole come "la ministra" o "l'assessora", di cui si discuteva in un altro filone. Ve l'ho voluto far notare solo per spiegare meglio la mia (e non solo mia) avversione a questi modi di esprimersi.
Inviato: lun, 19 set 2005 15:38
di Infarinato
giulia tonelli ha scritto:Come vedete, qui l'articolo di fronte al nome è usato in maniera che vuole essere insultante. È come se il fatto stesso di usare l'articolo (evidenziato pure dalle virgolette) diventi un insulto, una presa in giro, un modo di sminuire.
Certo: il
la possiede ancora, seppur in forma molto attenuata, il significato originario di «quella famosa/illustre», ma anche di «quella famigerata/infame».
Tuttavia, vorrei qui ricordare che l’uso di preporre l’articolo ai nomi di battesimo [femminili -per non parlare di quelli maschili!]
non rientra comunque nella lingua stàndara. Cito dalla scheda de
lla [;)] Setti [neretti e corsivi miei]:
C’è un tratto comune a tutti i casi fin qui considerati: l’articolo determinativo implica sempre una certa notorietà del nome proprio cui si accompagna, dovuta a legame amicale-affettivo nell’uso familiare e confidenziale (la sfumatura familiare è comunque variamente avvertita), giustificato invece da un precedente riferimento all’interno di un testo in contesti di registro più alto. L’uso dell’articolo determinativo con un nome proprio produce quindi, almeno in parte, una perdita del tratto della proprietà, avvicinando il nome proprio a un nome comune: in questo senso è quindi sconsigliato con i nomi di persona in quanto toglie in parte il senso dell’unicità e dell’inconfondibilità dell’individuo.
Sulla «variamente avvertita» sfumatura familiare vorrei aggiungere a mo’ d’esempio che a Firenze il
la davanti a prenomi femminili è -direi- la norma (e quindi non ha connotazioni particolari), mentre questo non è vero, e.g., a Siena o a Pisa.
A tutte coloro che si reputano vittime di un «
la birichino» suggerirei di ribattere con un «il ‹signor›…».

Inviato: mar, 20 set 2005 10:02
di atticus
A proposito di la Giulia - avevo letto un rèfolo di disprezzo in quel la - è questione di grammatica e di buona creanza. E la buona creanza o c'è o non c'è. Uno non se la può dare di punto in bianco.
«La buona creanza - scriveva Dino Provenzal - è regola di morale: essa c'insegna a rifuggire, nei nostri atti, da tutto ciò che infastidisce il prossimo [...] Galateo, morale, uso ragionato della parola: tre cose insieme legate da una squisita armonia».
Inviato: mar, 20 set 2005 11:40
di giulia tonelli
atticus ha scritto:«La buona creanza - scriveva Dino Provenzal - è regola di morale: essa c'insegna a rifuggire, nei nostri atti, da tutto ciò che infastidisce il prossimo [...]
Purtroppo questa definizione non sta logicamente tanto in piedi, infatti a volte il prossimo si infastidisce per cose di cui non ha diritto morale di infastidirsi, e quindi non è certo regola di morale, rifuggire da ciò che lo infastidisce. Ma stiamo divagando.
Inviato: mar, 20 set 2005 11:51
di Incarcato
Ma, se non ho travisato, è il prossimo che si deve evitare di infastidire, in quella citazione...
Sto alimentando una divagazione, ma qui non siamo nel forum della Crusca...

Inviato: mar, 20 set 2005 12:48
di giulia tonelli
Credo lei mi abbia frainteso, provo a ridirlo.
A volte il prossimo non ha il diritto morale che una certa cosa gli dia fastidio (scusate la sintassi, ma se scrivo di nuovo "il prossimo non ha diritto morale di infastidirsi" Incarcato mi fraintende di nuovo). Quindi, se il prossimo non ha diritto morale che una certa cosa gli dia fastidio, io non ho certo il dovere morale di rifuggire da quella cosa per buona creanza.
Forse con un esempio si capisce meglio. Se a uno dà fastidio stare fisicamente vicino ai negri, secondo lei un negro per buona creanza non si deve sedere vicino a lui sull'autobus? Ed è addirittura una regola morale, per il negro, stargli lontano? Certamente no. Eppure secondo la definizione di Provenzal sì, quindi è la definizione di Provenzal a non stare in piedi. E non sta in piedi proprio perché non contempla il caso in cui il fastidio provato dal prossimo abbia fondamenti immorali.
Inviato: mar, 20 set 2005 12:59
di Incarcato
Meglio d'un casista.

Inviato: mar, 20 set 2005 14:01
di miku
Un casista matematico: brr.
Credo di essermi perduto nelle sottigliezze: mi sembrava che Atticus avesse detto che l'utente in questione è immorale, eziandio senza crianza alcunissima.

Inviato: mar, 20 set 2005 22:02
di atticus
La lingua va usata con parsimonia.
Inviato: mar, 03 gen 2006 15:51
di Carnby
Vorrei solo far notare come gl'Inglesi (e in generale gli Anglosassoni) abbiano da tempo ovviato al problema premettendo sempre un Mr. o una Ms. (eventualmente anche un altro titolo) prima del cognome. Così se uno apre un giornale in lingua inglese trovera sempre scritto Mr Blair said..., Mr. Berlusconi said.., Ms. Moratti said... Forse non sarebbe illogico scrivere in italiano "la signora Moratti", "il signor Rossi" e simili...
Inviato: dom, 15 gen 2012 20:10
di Ferdinand Bardamu
Segnalo la presa di posizione della ministra Fornero, che ha invitato i giornalisti a chiamarla «Fornero e basta», senza far precedere l'articolo
la al cognome (
qui l'articolo del
Corriere).
Prescrisse di non usare l'articolo in senso discriminatorio anche Alma Sabatini nelle sue
Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, a meno che non si facciano precedere dall'articolo anche i nomi maschili: es. «la Thatcher e il Brandt» e non «la Thatcher e Brandt».
Io, per me, concordo con quanto disse Infarinato piú sopra:
Infarinato ha scritto:giulia tonelli ha scritto:è così importante, sapere se il primo ministro inglese, o il ministro dei beni culturali, o un membro del parlamento italiano, sia un uomo o una donna?
Forse no, ma è «comodo», e si noti che,
se si segue pedissequamente la «norma», il
la innanzi al cognome d’una donna non è affatto discriminatorio, in quanto la sua assenza denota
automaticamente un referente maschile non meno di quanto la sua presenza denoti un referente femminile.
Insomma, non ci sarebbero intenti discriminatori, ma solo di chiarezza comunicativa. In fondo, l'italiano obbliga a selezionare un genere, e non è affatto detto che chi dice, ad esempio, «
la Merkel ha detto che… » voglia implicitamente delegittimare o ridicolizzare quanto ha affermato
la cancellier
a.
Inviato: dom, 15 gen 2012 22:58
di Andrea Russo
Ferdinand Bardamu ha scritto:Insomma, non ci sarebbero intenti discriminatori, ma solo di chiarezza comunicativa.
Concordo in pieno. Non vedo perché vedano discriminazione dove non ve n'è neanche l'ombra.
Inviato: dom, 15 gen 2012 23:03
di Terminologia etc
Il
Dizionario di stile e scrittura di Marina Beltramo e Maria Teresa Nesci dedica un paragrafo della voce
articoli al loro uso con i nomi propri di persona. Si conclude con queste indicazioni:
Se riferito a donne, il cognome preceduto da articolo (la Balducci) è molto diffuso e, tradizionalmente, preferito (la Pivano, la Levi Montalcini). Tuttavia, nell’uso giornalistico e nei testi formali, si tende a ometterlo, per evitare il sessismo nel linguaggio e per semplificare il testo evitando riferimenti asimmetrici (ad es. riferendoci ad Anna Martini e Carlo Guidoni si dirà Martini e Guidoni e non la Martini e Guidoni).
L’argomento viene ripreso alla voce
sessismo nel linguaggio (dove tra l'altro viene fatto specifico riferimento allo studio di Alma Sabatini):
Principalmente la discriminazione avviene attraverso un uso asimmetrico del genere naturale di alcuni nomi, cioè del genere che distingue effettivamente gli appartenenti ai due sessi (e non il genere grammaticale, che convenzionalmente possiedono tutti i nomi, anche quelli che designano oggetti inanimati). Tale discriminazione si verifica in particolare nei seguenti casi:
* Trattando diversamente i nomi propri maschili e quelli femminili, ad esempio nell’uso dell’articolo (Erano presenti la Montalcini e Carlo Rubbia).
* [...]
Anch'io preferisco l'uso senza articolo, forse proprio perché sono una donna?

Inviato: dom, 15 gen 2012 23:39
di Ferdinand Bardamu
Nel mio intervento piú su non mi sono volutamente mantenuto neutrale, evitando di dire «in fondo, la questione non mi riguarda», ché in realtà mi riguarda eccome, essendo un parlante dell'italiano.
Le Raccomandazioni della Sabatini sono in parte condivisibili, ma in alcuni casi (come questo, appunto) non vedo discriminazione alcuna. Il generico riferimento a un'asimmetria grammaticale non mi pare configuri un diverso trattamento: in «erano presenti la Montalcini e Rubbia», la prima non è meno importante perché preceduta dall'articolo.
L'uso giornalistico, poi, non è cosí granitico: «la Merkel ha detto… », per dire, si sente piú spesso di «Merkel ha detto… ». Per di piú, l'articolo serve a segnalare il genere di una persona citata per cognome e altrimenti ignota.
Si obietterà che la forma neutra, senz'articolo, è riservata all'uomo, mentre la donna, per «esistere», ha bisogno del puntello del la. Lo stesso squilibrio si trova, ad esempio, nell'accordo al maschile plurale di un aggettivo della prima classe o di un participio che si riferisca a una serie di nomi maschili e femminili.
Ma, a mio modesto avviso, la discriminazione sta altrove, come nell'accettazione, da parte delle donne, del maschile nelle cariche pubbliche o nelle professioni, es. «il ministro Fornero» o «l'avvocato Bongiorno».