u merlu rucà ha scritto:Il suo intento è lodevole, ma portato all'eccesso porta quasi alla paralisi. Diventa impossibile verificare personalmente tutti i dati e, quindi, emettere qualunque ipotesi. Diciamo che, con un po' di esperienza, si può intuire dove c'è qualcosa che non quadra e, quindi, cercare di approfondire.
Sorvolo sulle lodi e vado all'ultima sua frase.
Con un minimo di esperienza, sempre nell'ottica di evitare di diffondere abbagli, ci si rende conto con immediatezza che i dati relativi al Sassello e a Rovegno sono inaffidabili.
Mi scuso per i problemi di memoria. Sono riuscito ad accedere fugacemente al sito. Ricordavo male a mente, ma gli abbagli ci sono e molti. Diffondere dati sbagliati non implica evitare la paralisi, implica solo mancanza di consapevolezza degli sbagli. Che è altra cosa. Non si trattava del maiale, ma dell'espressione "è poco". E' proprio trascritto pùaku con l'accento su un fonema vocalico inesistente. E' invece, ovviamente, ['pwɔ:ku] con la pseudodittongazione caratteristica di questa zona. Gli abbagli relativi al Sassello e a Rovegno sono moltissimi, ma non proseguo, non solo per la difficoltà del collegamento, ma perché non tutti attinenti e non credo d'interesse per nessuno.
Rohlfs (non ricordo se avesse indagato lui o altri) ebbe l'umiltà di correggere i dati che gli servirono per opere a stampa. Gliene va dato atto. Potremmo convenire che siamo su sponde diverse. In realtà, non si rischia proprio nessuna paralisi, perché, anche se si evita di diffondere dati sbagliati di dialettologia, il mondo gira egualmente bene.
Continuare a ritenere dogmi intoccabili delle sciocchezze solo perché ricevettero l'onore della stampa potrebbe risultare una posizione estremizzante. Personalmente, la condivido poco. E' proprio della scienza, anche linguistica, riconoscere i pasticci e ricercare la verità.
L'edificio è stato costruito da uomini come noi, quindi fallibili, e, nel caso della dialettologia ligure, i pasticci non mancano. Un conto è assumerli per buoni per evitare non si sa quale paralisi, un conto è armarsi di profonda umiltà e spirito positivo e ricercare la verità.
Tutto ciò detto (e senza entrare su aspetti teorici) ritengo assai debole (a parte il fatto che quelli "trovati" risultano essere degli abbagli) ricercare il potere discriminante tra [ʦ] ed [
s] in una regione, la Liguria, che, in generale, l'ha perso a partire dal sec. XIV! Una regione in cui il termine massa (quella della fisica o altro) non fa parte del livello dialettale. Verifichi su Rovegno. L'informatore, su massa, non risponde!
Evidentemente, non capisce e non conosce proprio la parola! E, allora, come potrebbe aver detto masa in riferimento all'aratro, posto che tuttora si pronuncia mazza e, in loco, come chiunque può sincerarsi sull'archivio Vivaldi on line si pronunciano le geminate postaccentuali e si direbbe, se il termine esistesse, massa. Ma il termine in dialetto locale non esiste! Quale paralisi, bisogna combattere per la conoscenza e la verità! Se i nostri progenitori avessero accettato il dogma del rischio della paralisi, saremmo a soffrire il freddo nelle caverne e a cibarci di carne cruda!
Ciò che è lontanissimo dalle mie idee è che la linguistica vada affrontata così, per gioco. Senza porsi troppi problemi.
Indipendentemente che si tratti di varietà liguri o della lingua zulu.
Affrontarla così, a mio avviso, è, quanto meno, non rispettare il tempo che le si dedica.
P.S.: evidentemente, l'AIS ha trovato problemi in Liguria. Altrimenti, non si spiega perché manchino all'appello così tante tavole proprio per la città di Genova, punto certamente significativo…