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Inviato: gio, 09 nov 2006 9:48
di Bue
bubu7 ha scritto:
Il mancato dittongamento si spiega col fatto che, nella pratica concreta della lingua, una parola come bene generalmente non si trova da sola, ma accompagnata da altre:
Sì, questa spiegazione mi era già stata data... ma devo dire che non mi ha mai convinto...
Inviato: gio, 09 nov 2006 9:54
di bubu7
Bue ha scritto:bubu7 ha scritto:
Il mancato dittongamento si spiega col fatto che, nella pratica concreta della lingua, una parola come bene generalmente non si trova da sola, ma accompagnata da altre:
Sì, questa spiegazione mi era già stata data... ma devo dire che non mi ha mai convinto...
A me sembra ragionevole... e poi non viene fornita dall'ultimo arrivato...
Inviato: gio, 09 nov 2006 10:11
di Bue
Mah non so... espressioni come "voler bene", "far del bene" non si usavano? Davvero "bene" era sempre usato in posizione atona? E perché in spagnolo e francese non è avvenuto lo stesso? Nell'anonimo che ho trovato gugolando ci sono sia "ben" sia "bien" e "biene".
Inoltre immagino si possano trovare altri esempi di parole che avrebbero dovuto avere la stessa sorte.... chessò, ad esempio "suora", che in genere è seguito da un nome...
Inviato: gio, 09 nov 2006 10:21
di Bue
Dal
Tesoro della lingua italiana delle origini, alla voce
còttimo:
[1] Stat. perug., 1342, III.216.2, vol. 2, pag. 292.9: E etiandio glie altre quegnunque avente possessione e biene overo a coptemo overo a lavoreccio, glie quaglie recassero overo fossero vedute overo trovate portare overo recare le predicte lengne, poma, foglia overo altre fructe de l'altre cose e biene d'altre che de loro possessione e biene overo gli quaglie avessero en coptimo overo lavoreccio, siano punite en vinte solde de denare per ciascuno e ciascuna fiada.
Inviato: gio, 09 nov 2006 10:26
di bubu7
Bue ha scritto:Mah non so... espressioni come "voler bene", "far del bene" non si usavano? Davvero "bene" era sempre usato in posizione atona? E perché in spagnolo e francese non è avvenuto lo stesso? Nell'anonimo che ho trovato gugolando ci sono sia "ben" sia "bien" e "biene".
Inoltre immagino si possano trovare altri esempi di parole che avrebbero dovuto avere la stessa sorte.... chessò, ad esempio "suora", che in genere è seguito da un nome...
Guarda che
quelli parlavano ancora latino e probabilmente l’ordine delle parole non sarà stato quello delle tue espressioni.
Poi non è necessario che la parola si trovasse «sempre» in posizione atona, bastava «spesso»…
Il dittongamento di cui parliamo è stato dovuto al rapporto del latino col substrato linguistico delle diverse zone. In siciliano non si è prodotto. Per lo spagnolo e il francese il latino avrà sicuramente avuto altre reazioni col substrato; su questo però non so dirti niente. Per quanto riguarda l’anonimo e il
gugolamento, sai meglio di me che devi fare molta attenzione. Il questo caso il poeta può benissimo essere stato influenzato da modelli provenzali.
Sulla diffusione delle suore prima del VII secolo non mi pronuncio…
P.s.
Le mie considerazioni valgono anche per il tuo secondo intervento.
Sul «dittongo mobile»
Inviato: gio, 09 nov 2006 10:31
di Infarinato
Visto che si parla di «dittongo mobile», non si può non citare la fondamentale, recentissima
tesi di van der Veer («fondamentale» anche perché mi si cita!

), che, accanto ai contenuti originali, fornisce utili ragguagli su:
- le possibili origini del dittongamento in romanzo: §2.4.2 (*);
- il già citato terminus ante quem per il toscano, menzionato da Bubu e che Patota riprende da un fondamentale studio del Castellani del ’61: «[...] il dittongamento di [O], e cosí pure, è lecito pensarlo, il dittongamento di [E], si sono conclusi in un periodo che s’arriva a delimitare con precisione quasi inquietante: dopo i primi decenni, avanti l’ultimo quarto, dunque verso la metà del VII secolo» (p. 14);
- le possibili ragioni sul mancato dittongamento in alcune parole parossitone come bene, nove e era, in cui l’autore riporta la tesi del Castellani (fatta propria da Patota e citata da Bubu qui sopra: p. 15);
- l’origine del termine «dittongo mobile», che sarebbe una creazione del Buommattei risalente al 1623 (p. 5).
Chiudo con le parole [
scritte nel ’69] di Franco Fochi con cui van der Veer apre la sua tesi: «È una regola [quella del dittongo mobile] che non è mai riuscita a trovar pace nella lingua italiana, e che finalmente, la trova, come pare, nella morte», morte lenta, ma annunciata, che inizia alla fine del VII secolo d.C.
__________
(*)
E anche qui il grande Arrigo dimostra tutto il suo acume opponendosi alla tesi Schuchardt-Rohlfs-Schürr (pp. 17–8) e, a mio avviso, intuendo (pur senza formularla in modo rigoroso) la vera causa del fenomeno.
Re: Sul «dittongo mobile»
Inviato: gio, 09 nov 2006 10:47
di Bue
Infarinato ha scritto:Visto che si parla di «dittongo mobile», non si può non citare la fondamentale, recentissima
tesi di van der Veer («fondamentale» anche perché mi si cita!

)
Grazie!! Scaricata prontamente! Me la ciuccerò tutta!
Inviato: gio, 09 nov 2006 11:25
di Infarinato
En passant, ricòrdati che, a rigore, solo il
fiorentino antico fa testo.

Per il resto, valgono senz’altro le considerazioni di Bubu.