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Inviato: mer, 13 dic 2006 12:06
di Incarcato
Freelancer dixit:
E io l'ho visto sul Devoto-Oli. Sfugge a tutti o quasi, come pure i requisiti necessari.
Beh, il De Mauro non è da meno:
1re|qui|sì|to
s.m.
CO
1 caratteristica, qualità, titolo o condizione richiesta per raggiungere un determinato scopo: non possedere i requisiti adatti
Dal mio punto di vista, però, l'uso non è condannabile. Nell'accezione originaria, indicata da Freelancer, i requisiti sono ciò che bisogna avere preliminarmente, sono le condiciones sine quibus non; e, in quanto tali, sono richiesti. Forse, peggiore è scrivere o dire requisiti necessari.
Per caso Serianni ne condanna l'uso?

Inviato: mer, 13 dic 2006 16:29
di Federico
Incarcato ha scritto:Dal mio punto di vista, però, l'uso non è condannabile. Nell'accezione originaria, indicata da Freelancer, i requisiti sono ciò che bisogna avere preliminarmente, sono le condiciones sine quibus non; e, in quanto tali, sono richiesti.
Ma a me sembra piuttosto il contrario: fra ciò che si richiede, non tutto ha per forza il carattere della condizione necessaria, che non vedo come possa essere considerato accezione originaria di questo semplice participio del verbo richiedere...

Inviato: mer, 13 dic 2006 17:06
di Freelancer
Incarcato ha scritto:Freelancer dixit:
E io l'ho visto sul Devoto-Oli. Sfugge a tutti o quasi, come pure i requisiti necessari.
Beh, il De Mauro non è da meno:
1re|qui|sì|to
s.m.
CO
1 caratteristica, qualità, titolo o condizione richiesta per raggiungere un determinato scopo: non possedere i requisiti adatti
Dal mio punto di vista, però, l'uso non è condannabile. Nell'accezione originaria, indicata da Freelancer, i requisiti sono ciò che bisogna avere preliminarmente, sono le condiciones sine quibus non; e, in quanto tali, sono richiesti. Forse, peggiore è scrivere o dire requisiti necessari.
Per caso Serianni ne condanna l'uso?
Non ho mai visto niente scritto da Serianni in merito, ma posso inferire qualcosa. Premetto che tutto dipende da quanto uno tenga a evitare le tautologie, perché non c'è dubbio che requisiti richiesti sia una tautologia, stigmatizzata ad esempio da Gabrielli e dai suoi collaboratori in Parlare e scrivere meglio e da Luciano Satta in Come si dice.
Tornando a Serianni, questo stimato linguista e grammatico è un forte assertore dell'uso come forza normatrice; lo si evince da quanto scrive, ad esempio a proposito di suicidarsi o bella calligrafia, dei quali dice che non sono da condannare perché ormai sarebbe pedantesco opporsi a un uso diffuso di queste due parole/sintagmi.
(Si potrebbe osservare che i linguisti che non condannano espressioni ormai 'codificate' dall'uso in genere non ne abusano o le evitano, ma questo si inquadra nell'eterna polemica tra prescrittivisti e descrittivisti che al momento ha luogo in un altro filone.)
Tornando alle tautologie, valutando le indicazioni in vari manuali redazionali preparati da agenzie di stampe e case editrici, Luca Serianni osserva, a proposito di quanto scritto in un Vademecum dell'Ansa,
[...]il frequente ricorso al logicismo grammaticale o all'etimologia con funzione veridittiva: è sbagliato parlare di più alternative, perché l'alternativa è sempre una sola, o di pugno chiuso ("c'è un pugno che non sia chiuso?")
Immagino quindi che a proposito di requisiti richiesti Luca Serianni direbbe che sarebbe pedantesco criticare un'espressione ormai molto diffusa. Ma potrei sbagliarmi.

Inviato: mer, 13 dic 2006 17:40
di bubu7
Freelancer ha scritto: Premetto che tutto dipende da quanto uno tenga a evitare le tautologie, perché non c'è dubbio che requisiti richiesti sia una tautologia...
[...]
Immagino quindi che a proposito di requisiti richiesti Luca Serianni direbbe che sarebbe pedantesco criticare un'espressione ormai molto diffusa. Ma potrei sbagliarmi.
Ma in questo caso non si tratterebbe di una vera e propria tautologia.
Nella lingua accade spessissimo che i parlanti comuni perdano coscienza del significato etimologico di un termine e quindi siano costretti a rafforzarlo o affiancarlo con termini che possono significare la stessa cosa del suo significato originale.
Oggi, nel significato più comune, requisiti significa 'caratteristiche, qualità' e quindi è normale l'esigenza di affiancargli necessari.
Invece nel linguaggio specialistico, necessariamente più conservativo, il termine mantiene un significato più vicino alla sua etimologia.
Ripeto, questi processi di usura del significato originale avvengono continuamente nella lingua.

Inviato: mer, 13 dic 2006 17:47
di Incarcato
Condivido le sue osservazioni, e dunque dev'essere una questione solo d'orecchio.
Per esempio, suicidiasi non lo uso mai; ma allora lei cosa proporrebbe, anziché requisiti richiesti?

Inviato: mer, 13 dic 2006 17:51
di Marco1971
Sulla tautologia s’è espresso Giovanni Nencioni (sul caso suicidarsi, La Crusca risponde, Firenze, Le Lettere, 1995, p. 187):
Quando, però, una nuova parola si introduce nella lingua e vi ha successo, occorre essere cauti nell’abbandonarsi a un giudizio puramente logico-grammaticale e chiedersi se quel neologismo abbia colmato un vuoto, una lacuna della lingua, che, essendo di continuo sollecitata da nuove esigenze concettuali ed espressive, cerca di farvi fronte anche trascurando la coerenza strutturale; e ciò accade spesso nei derivati. Ora, quando la sensibilità linguistica dei francesi avvertì che nella loro lingua mancava una parola per denotare l’uccisione volontaria de se stesso, evitando una circonlocuzione creò il latinismo suicide; il quale, si noti bene, recava in sé, oltre al sèma dell’uccidersi, il sèma dell’intenzionalità; sèma che manca, pensando al derivato suicidarsi, nei proposti ma falsi sinonimi uccidersi, ammazzarsi; perché uno può uccidersi e ammazzarsi per una disgrazia o sventatezza indipendente da una volontà di sopprimersi, ma, se si usano le parole propriamente, non può suicidarsi involontariamente; e anche quando di un atto avventato o temerario si dice che è stato un suicidio, lo si dice con l’approssimazione del come se: “Ha agito come se volesse uccidersi”, cioè confermando in quella parola la presenza del sèma intenzionale. Non vedo dunque, in italiano, parole uniche che significhino uccidersi volontariamente.

La neologia, o creazione di nuove parole, potrebbe essere sorvegliata, specie nel settore tecnologico, molto produttivo di termini tecnici e commerciali, da linguisti che, conoscendo i bisogni dell’industria, consigliassero neologismi adeguati a quei bisogni e al tempo stesso rispettosi delle normali strutture della lingua, in modo da evitare una frattura tra la lingua comune e quella tecnologica; anche per il fatto che i termini tecnici penetrano, col loro prestigio, nella lingua comune sostituendone i termini tradizionali, quindi a lungo andare alterandone, se costruiti malamente, la fisionomia. I linguisti abilitati a tale provvido compito professionale sono ormai numerosi all’estero e si chiamano terminologi.

Inviato: mer, 13 dic 2006 18:05
di bubu7
Incarcato ha scritto: ...ma allora lei cosa proporrebbe, anziché requisiti richiesti?
Come dicevo, a me stanno bene entrambe le forme.
Poiché requisito nel linguaggio comune significa sempre più 'caratteristica, qualità', come posso dire "le caratteristiche richieste, le qualità richieste" potrò dire "i requisiti richiesti".
Fino a che il significato di requisito non si sarà eccessivamente consumato, potrò anche dire "i requisiti" in forma assoluta.

Inviato: mer, 13 dic 2006 18:22
di Freelancer
Incarcato ha scritto:Condivido le sue osservazioni, e dunque dev'essere una questione solo d'orecchio.
Per esempio, suicidiasi non lo uso mai; ma allora lei cosa proporrebbe, anziché requisiti richiesti?
Secondo me, requisiti basta e avanza. Ho ben presente quanto scrive bubu7 sopra, per quanto a proposito di requisiti si può osservare che il suono della parola contiene un po' in sé il significato etimologico e quindi chi scrive requisiti richiesti è proprio disattento.

Il discorso si sposta dunque, secondo me, su quanto sorvegliata debba essere la scrittura (non il parlato, vedi sotto), sia la propria (della quale non c'è molto da dire perché uno fa quello che vuole e può caratterizzarla secondo un grado più o meno alto di logicismo, ad esempio un certo grado di logicismo si confà bene a chi come me ha una formazione originalmente tecnica, altri avranno un 'lassismo' maggiore purché sia una scelta consapevole) sia quella di altri (se ad esempio la si sta rivedendo, e per quali scopi).

In merito poi alle parole di Nencioni riportate da Marco, osserviamo che Nencioni, dalle pagine della Crusca per voi, ha spesso giustificato le tautologie a causa non tanto dell'uso derivante da perdita del significato etimologico, quanto per la loro efficacia affettiva, rafforzativa, ad esempio in un'espressione come scendi giù detta da un genitore al figlio arrampicato sull'albero. Ma occorre tenere ben presente la distinzione tra parlato e scritto; mentre nel primo, pressoché indipendentemente dal registro (conversazione tra amici o presentazione a un pubblico di laureati) si possono giustificare tautologie, non così è nello scritto, soprattutto in quello referenziale, in cui la sinteticità - soprattutto ai giorni nostri in cui si fa così tanto spreco di parole - è un tratto di stile e si può ben evitare di scrivere, ad esempio, pugno chiuso.
Nello letteratura poi è ancora tutta un'altra cosa; perché qualsiasi scostamento dalla norma è in teoria ammissibile - tautologie incluse - purché lo scrittore ne sia consapevole e quindi le deviazioni siano strumento della sua voluta capacità espressiva (e saranno i lettori a giudicare) e non semplici disattenzioni.

Inviato: gio, 14 dic 2006 18:22
di Federico
bubu7 ha scritto:Oggi, nel significato più comune, requisiti significa 'caratteristiche, qualità' e quindi è normale l'esigenza di affiancargli necessari.
Non so, secondo me adesso significa sí «caratteristiche, qualità», ma richieste: quel che mi sembra essersi persa è la sfumatura di necessità.