Re: «Boomer»
Inviato: gio, 30 dic 2021 22:47
Ai miei tempi matusa era molto comune nel gergo giovanile. A quei tempi il gergo giovanile parlava italiano.
Spazio di discussione sulla lingua italiana / Discussion board on the Italian language
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Io l'ho avevo tradotto così: Va bene, matusa.G. M. ha scritto: ven, 16 apr 2021 10:48 Per boomer c'è l'ottimo matusa; dal Treccani:matuṡa s. m. e f. [accorciamento del nome di Matusalemme (v. Matusalemme)], scherz., invar. – Nel linguaggio giovanile degli anni Sessanta e Settanta del 20° secolo, persona anziana, o anche semplicemente adulta, in quanto ritenuta depositaria di idee e concezioni superate o addirittura estinte: Il terrore di esistere non è cosa Da prender sottogamba, anzi i m. ne hanno stivata tanta nei loro sottoscala Che a stento e con vergogna potevano nascondervisi (Montale).
G. M. nel filone «Zoomer» ha scritto: dom, 09 ott 2022 21:04 Attenzione: «[b]oomer in italiano può essere reso con matusa» solo nel significato estensivo ('persona vecchia, vista come sorpassata, retrograda'); anche ipotizzando una risemantizzazione, non mi sembra un termine appropriato (né motivato) per il significato proprio ('persona nata nel periodo del baby boom').
Bummiere?Lorenzo Federici, 𝘪𝘣𝘪𝘥𝘦𝘮 ha scritto: dom, 09 ott 2022 21:05 E allora che si fa? Bumista? Bumusa — volendo riprendere (senza una giustificazione) matusa?
Aggiungo a latere una proposta per tradurre «boomer»: visto che si tratta della generazione nata nel primo periodo post-bellico, a mio modo di vedere la traducente dovrebbe richiamare tale periodo. Per esempio, posbello, posbé o simili.La ragion d'essere di «boomer» sta appunto nello scontro generazionale che, come parola, si porta dietro. Non c'è sicuramente una buona conoscenza di storia contemporanea, però c'è sicuramente la presunzione di averla: la maggior parte della cultura giovanile (mia inclusa) è costruita su micro-informazioni raccattate qui e lì che, una volta assemblate come pezzi di un giscio, danno una visione (distorta) di insieme; per cui i «boomer» sono visti come persone convinte di essere padroni del mondo, che hanno plasmato il mondo per i propri agi, privando le generazioni successive della sua bellezza e delle sue risorse. Ai «boomer» viene addossata la responsabilità di aver ammalato il pianeta Terra, di aver costruito città brutte, di aver privilegiato l'agio privato invece di incentivare quello pubblico. Come vede, questa è una questione generazionale, e un termine come «matusa» non può mai racchiudere tutto ciò perché troppo generico ed estemporaneo* – oltre al fatto che è percepito come un termine da fricchettone degli anni Sessanta.domna charola ha scritto: mer, 01 feb 2023 15:19Fuori temaÈ tutto da dimostrare, però, che i ragazzini del giorno d'oggi che ci appellano come boomer si riferiscano esattamente al modo di pensare che può avere un individuo nato in quel particolare periodo e cresciuto negli anni successivi, e non a un generico modo di pensare superato; un uso con riferimento a una precisa generazione implica per lo meno che abbiano una buona conoscenza di storia contemporanea con approfondimenti di stampo sociologico, cosa che dubito così diffusa nella massa...12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 15:11 Ha ragione, avrei dovuto esprimermi meglio: intendo dire che matusa non indica specificatamente una persona con la visione del mondo di un baby boomer, quanto genericamente una persona anziana e retrograda. Un traducente per boomer può essere solo un termine sociologico indicante un membro della stessa generazione, e lì bisogna necessariamente coniarlo.
Secondo me, il suo eccesso di drasticità sta nel ricercare un termine unico, un "monotraducente" che riporti esattamente in italiano in modo univoco tutto ciò che significa la parola inglese. Nel linguaggio non tecnico, una corrispondenza biunivoca spesso non è necessaria, e si possono usare più possibili traduzioni a seconda del contesto. Nell'àmbito della traduzione è una banalità: l'inglese spring in una certa frase lo tradurremo con primavera, in un'altra con molla, in un'altra con balzo, in un'altra con sorgente o fonte, eccetera: è il contesto che ci dice con quale significato è usato il termine in inglese, e in base a quel significato usiamo la parola più appropriata in italiano. Non c'è nulla di strano né di male.12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 19:25 Come vede, questa è una questione generazionale, e un termine come «matusa» non può mai racchiudere tutto ciò perché troppo generico [...]
Aggiungo a latere una proposta per tradurre «boomer»: visto che si tratta della generazione nata nel primo periodo post-bellico, a mio modo di vedere la traducente dovrebbe richiamare tale periodo. Per esempio, posbello, posbé o simili.
*modifica: ho scoperto solo ora che estemporaneo indica in realtà qualcosa di improvvisato; in verità intendevo "fuori dal tempo", "non collocabile temporalmente", ma non mi vengono in mente vocaboli aventi questo significato.
È una proposta "creativa" (ma non troppo... minimamente, direi) per recuperare un termine che condivide molto colle sfumature dell'anglicismo (sign. 3). Se avessimo un po' di desiderio di usare parole nostre, diciamo se fossimo linguisticamente più simili agl'ispanofoni circa quest'aspetto, credo che matusa ci sarebbe venuto naturale e lo avremmo recuperato senza difficoltà per tradurre boomer nell'accezione 3.12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 19:25 [...] oltre al fatto che è percepito come un termine da fricchettone degli anni Sessanta [...]
Apprezzo molto il suo approccio metodico alla questione, ma reputo che trascuri due aspetti fondamentali: l'intento che porta a preferire un certo termine a un altro, e il corso a cui una parola è soggetta prima di assumere una connotazione più ampia come nel caso della personalità bolognese e Cicerone.G. M. ha scritto: mer, 01 feb 2023 20:58 Secondo me, il suo eccesso di drasticità sta nel ricercare un termine unico, un "monotraducente" che riporti esattamente in italiano in modo univoco tutto ciò che significa la parola inglese.
Concordo in pieno con la chiosa, ma rimango dubbioso sulla fortuna che può avere la rivitalizzazione di un termine nato e morto con i «boomer» per definire i «boomer» stessiG. M. ha scritto: mer, 01 feb 2023 20:58 È una proposta "creativa" (ma non troppo... minimamente, direi) per recuperare un termine che condivide molto colle sfumature dell'anglicismo (sign. 3). Se avessimo un po' di desiderio di usare parole nostre, diciamo se fossimo linguisticamente più simili agl'ispanofoni circa quest'aspetto, credo che matusa ci sarebbe venuto naturale e lo avremmo recuperato senza difficoltà per tradurre boomer nell'accezione 3.
Mi pare che già concordiamo (io, lei, chiunque…): nessuno ha proposto di tradurre [baby] boomer in senso proprio (sign. 1) con matusa.12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 0:46 [...] Quindi: "matusa" è un traducente efficace nella battuta «ok boomer!», indipendentemente che il destinatario sia un «boomer» anagrafico o meno, perché l'intento è semplicemente attribuire un'etichetta spregiativa a qualcuno apparentemente recalcitrante allo stare al passo coi tempi; ma non lo è in frasi come "se volete trovare i responsabili di questa crisi, vi basta bussare alle porte dei matusa": chi sono i matusa? Cosa li definisce, a parte un generico reazionarismo? Quale termine si adopera se non «boomer»?
Il suo primo boomer è un boomer1, ma il suo secondo è (nelle mie intenzioni, nel mio discorso) un boomer3.12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 0:46 [...] rimango dubbioso sulla fortuna che può avere la rivitalizzazione di un termine nato e morto con i «boomer» per definire i «boomer» stessi.
Sì, però già negli anni '60 si pensava questo. La generazione precedente era quella che, come un padrone, aveva consegnato il mondo alla seconda guerra mondiale, mentre ora si rifiutava l'ideologia stessa della conquista e della guerra; le bruttezze architettoniche del passato erano già messe in discussione e si affacciavano ovviamente nuovi modi di concepire architettura e tessuto urbano, pensando anche a un uso collettivo, venivano prepotentemente fuori le istanze dei giovani come parte attiva della società, si guardava agli altri mondi non come riserve da saccheggiare ma come culture da condividere etc. etc.12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 19:25
La ragion d'essere di «boomer» sta appunto nello scontro generazionale che, come parola, si porta dietro. Non c'è sicuramente una buona conoscenza di storia contemporanea, però c'è sicuramente la presunzione di averla: la maggior parte della cultura giovanile (mia inclusa) è costruita su micro-informazioni raccattate qui e lì che, una volta assemblate come pezzi di un gUscio, danno una visione (distorta) di insieme; per cui i «boomer» sono visti come persone convinte di essere padroni del mondo, che hanno plasmato il mondo per i propri agi, privando le generazioni successive della sua bellezza e delle sue risorse. Ai «boomer» viene addossata la responsabilità di aver ammalato il pianeta Terra, di aver costruito città brutte, di aver privilegiato l'agio privato invece di incentivare quello pubblico. Come vede, questa è una questione generazionale, e un termine come «matusa» non può mai racchiudere tutto ciò perché troppo generico ed estemporaneo* – oltre al fatto che è percepito come un termine da fricchettone degli anni Sessanta.
Quindi, in pratica, il '68 che ha aperto la scuola a tutti e un po' di altre cosette, lo buttiamo alle ortiche? Oppure non è ancora entrato nei programmi scolastici di storia contemporanea? (rif. grassetto)12xu ha scritto: mer, 01 feb 2023 19:25
Come scritto sopra, il termine «boomer» comporta la volontà di provocare uno scontro generazionale, di lanciare una sfida alla gerontocrazia a cui vengono attribuite delle responsabilità storicamente ben definite. Questo intento racchiude tutti gli usi da lei sapientemente definiti: la sfida è rivolta in senso proprio a chi è nato tra gli anni Quaranta e la prima metà degli anni Sessanta; è rivolta a quelli che hanno formato il mondo come lo conosciamo oggi; è rivolta a quelli che si oppongono alla volontà trasformatrice giovanile e progressista.
Quindi: "matusa" è un traducente efficace nella battuta «ok boomer!», indipendentemente che il destinatario sia un «boomer» anagrafico o meno, perché l'intento è semplicemente attribuire un'etichetta spregiativa a qualcuno apparentemente recalcitrante allo stare al passo coi tempi; ma non lo è in frasi come "se volete trovare i responsabili di questa crisi, vi basta bussare alle porte dei matusa": chi sono i matusa? Cosa li definisce, a parte un generico reazionarismo? Quale termine si adopera se non «boomer»?
Avevo compreso male io, colpa miaG. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 1:11 Mi pare che già concordiamo (io, lei, chiunque…): nessuno ha proposto di tradurre [baby] boomer in senso proprio (sign. 1) con matusa.(Non so perché continuo a venire frainteso su questo punto. Evidentemente sono poco chiaro).
Beh, se sono qui è proprio per appuntare ciò che non mi convince e dare degli spunti su come, dalla prospettiva «zoomer», le proposte possono essere migliorate perché la questione della lingua mi sta a cuore e mal sopporto l'uso smodato degli anglismi da parte dei miei coetaneiG. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 1:11 Se la proposta non le piace, come sempre, non è obbligatorio usarla. Ma dato che significa la stessa cosa («persona anziana, o anche semplicemente adulta, in quanto ritenuta depositaria di idee e concezioni superate o addirittura estinte», ri-cito verbatim il Treccani) e ha pure le stesse connotazioni (gergale, informale, giovanilistico contro i vecchi) non vedo di meglio. (Francamente, da traduttore semiprofessionista oltre che da appassionato della lingua, sarei felice se per ogni nuovo anglicismo ci fosse già un termine così esatto pronto all’uso…!).
Il punto è che, come scritto sopra, è una questione generazionale storicamente ben definita. Con ciò non intendo dire che sia una cosa nuova, gli scontri generazionali esistono dai tempi di Saturno e i suoi figlidomna charola ha scritto: gio, 02 feb 2023 10:20 Quindi, in pratica, il '68 che ha aperto la scuola a tutti e un po' di altre cosette, lo buttiamo alle ortiche? Oppure non è ancora entrato nei programmi scolastici di storia contemporanea? (rif. grassetto)
Credo di aver ripetuto abbastanza spesso perché «matusa» non può essere un traducente efficace, quindi pongo una domanda: perché i giovani anglosassoni non hanno adoperato l'esistente «fogey» o «fuddy-duddy» (il loro matusa) invece di «boomer»? E anche, perché gli anglosassoni hanno la libertà di poter adoperare un termine così specifico, mentre gli italofoni devono riutilizzare «fogey»? Dal mio punto di vista questa questione è differente da quella di «cringe», anche se intimamente collegate: se «cringe» è sintomo dell'appiattimento lessicale italiano (quindi l'uso di poche parole che, combinate in delle perifrasi, trasmettono lo stesso significato di una singola parola desueta), «boomer» è sintomo della carenza creativa dei suoi parlanti.domna charola ha scritto: gio, 02 feb 2023 10:20 Per il resto, se "matusa" lo consideriamo nel suo significato originario - quello di generazione precedente, con mentalità vecchia, superata, in cui non ci si riconosce più, con visione del mondo uguale a quella di Matusalemme - i responsabili di ogni epoca successiva vista come crisi da chi ci vive dentro restano sempre e comunque dei "matusa". Si sposta il periodo di nascita, ovviamente, perché cambiano le generazioni, ma la zuppa non cambia. D'altra parte, Matusalemme è noto per la sua estrema longevità, tale da portarlo a vivere in un tempo fuori dal proprio: quindi, nella visione dei "giovani" di un dato momento, diviene sinonimo di qualcosa di ancora vivo e agente, ma secondo una mentalità di tempi andati, non contemporanea.
E fa bene e siamo felici di averla qui con noi.12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 11:52 Beh, se sono qui è proprio per appuntare ciò che non mi convince e dare degli spunti su come, dalla prospettiva «zoomer», le proposte possono essere migliorate perché la questione della lingua mi sta a cuore e mal sopporto l'uso smodato degli anglismi da parte dei miei coetanei![]()
Per come la vedo io, non è che loro «possono» per un qualche privilegio e noi «non possiamo»: è che noi… non ne abbiamo bisogno. Non c'è una necessità di replicare —cercare di imitare— pedissequamente gli esatti processi di evoluzione semantica dell’inglese, tanto più per un termine che in moltissimi casi, se non nella maggioranza assoluta, finisce per essere vago e slegato dal senso originale, non solo in italiano ma già nel contesto originale inglese.12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 11:52 Credo di aver ripetuto abbastanza spesso perché «matusa» non può essere un traducente efficace, quindi pongo una domanda: perché i giovani anglosassoni non hanno adoperato l'esistente «fogey» o «fuddy-duddy» (il loro matusa) invece di «boomer»? E anche, perché gli anglosassoni hanno la libertà di poter adoperare un termine così specifico, mentre gli italofoni devono riutilizzare [un più biunivoco equivalente di] «fogey»?
Grazie
Per come la vedo io, in realtà sì: il privilegio non sta assolutamente nella superiorità della lingua inglese come molti italiani con la puzza sotto il naso sostengono, piuttosto nel dominio culturale americano e britannico (per meglio dire, del «commonwealth»). L'interrete, almeno nell'Occidente, è dominato dall'inglese; la lingua delle pubblicazioni scientifiche e umanistiche è l'inglese; e in un mondo in cui tutta questa conoscenza percola in micro-informazioni attraverso enciclopedie libere come Wikipedia prima e attraverso le reti sociali come Twitter poi, è naturale che questa venga assorbita innanzitutto in inglese.G. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 12:38 Per come la vedo io, non è che loro «possono» per un qualche privilegio [...]
Ricollegandomi a quello che ho scritto in OT: la giovane italiana che vede il popolare cinguettio (diciamo con 20mila cuori) di un'americana che risponde «Ok boomer» a un'anziana che si lamenta di come i giovani pretendano l'università gratuita quando ai suoi tempi bisognava lavorare e indebitarsi per pagarsela, gugolerà «boomer» e scoprirà su Wikipedia che nella letteratura sociologica italiana il termine per indicare un «boomer» è esattamente l'anglismo. Adopererà dunque tale termine in situazioni analoghe perché intende replicare la condotta tenuta dall'americana in tale situazione.G. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 12:38 [...] e noi «non possiamo»: è che noi… non ne abbiamo bisogno. Non c'è una necessità di replicare —cercare di imitare— pedissequamente gli esatti processi di evoluzione semantica dell’inglese, tanto più per un termine che in moltissimi casi, se non nella maggioranza assoluta, finisce per essere vago e slegato dal senso originale, non solo in italiano ma già nel contesto originale inglese.
Io non voglio replicare pedissequamente l'inglese, vorrei che l'italiano fosse parlato e scritto in maniera più creativa perché una lingua creativa colma le sue lacune, e una lingua lacunosa è necessariamente permeabile ai forestierismi; e vorrei che si dimostrasse agli italofoni che la nostra lingua è feconda e faconda esattamente come quella inglese, e che non è vero che l'italiano è necessariamente più "preciso" (che non è necessariamente un pregio, una lingua eccessivamente precisa si presta meno ai sensi figurati) e "prolisso".G. M. ha scritto: gio, 02 feb 2023 12:38 Quindi, a che pro voler replicare pedissequamente l’inglese? Che cosa ci guadagna l’italiano? Non capisco la sua insistenza su questo punto...
Per lo stesso motivo per cui solo chi voglia usare un linguaggio ricercato chiama «codino» (accezione 4) un reazionario, rifacendosi ai codini dei monarchici durante la Rivoluzione francese. Ogni aspirante rivoluzionario vuole rivoluzionare anche il linguaggio, anche quando non ce n’è bisogno.12xu ha scritto: gio, 02 feb 2023 11:52perché i giovani anglosassoni non hanno adoperato l'esistente «fogey» o «fuddy-duddy» (il loro matusa) invece di «boomer»?
È specifico solo nella accezione 1, delle 3 riportate in questo filone. Accezione che praticamente non serve mai, che è la ragione per cui secondo me non ha molto senso tentare un traducente esatto di «boomer» in quella accezione (magari qualche sociologo dissente, ma a lui il compito di proporla).E anche, perché gli anglosassoni hanno la libertà di poter adoperare un termine così specifico, mentre gli italofoni devono riutilizzare «fogey»?