A volte sí; Città del Capo per fortuna resta prevalente.Marco1971 ha scritto:Stiamo regredendo, cancellando i nomi italiani per sostituirli coi corrispondenti inglesi?
Toponomastica e antroponimia
Moderatore: Cruscanti
La Garzanti ha preferito la traduzione italiana di un toponimo anglofono. Benissimo.
Il Calendario Atlante De Agostini 2008 scrive:
Città del Capo = Cape Town = Kaapstad
Vedremo quale forma prevarrà in occasione dei campionati del mondo di calcio del 2010, che si svolgeranno in Sudafrica. Inclino a pensare che la prevedibilmente enorme attenzione mediatica per l'evento favorirà l'ulteriore diffusione del toponimo anglofono.
Il Calendario Atlante De Agostini 2008 scrive:
Città del Capo = Cape Town = Kaapstad
Vedremo quale forma prevarrà in occasione dei campionati del mondo di calcio del 2010, che si svolgeranno in Sudafrica. Inclino a pensare che la prevedibilmente enorme attenzione mediatica per l'evento favorirà l'ulteriore diffusione del toponimo anglofono.
Non v’è dubbio che cosí sarà. Ma è solo un toponimo; quel che mi preoccupa è piuttosto il lessico.CarloB ha scritto:Vedremo quale forma prevarrà in occasione dei campionati del mondo di calcio del 2010, che si svolgeranno in Sudafrica. Inclino a pensare che la prevedibilmente enorme attenzione mediatica per l'evento favorirà l'ulteriore diffusione del toponimo anglofono.
Scommettiamo anche che Sudafrica si alternerà, in un primo tempo, a South Africa e che finirà col trionfare quest’ultimo?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ho l'impressione che i nomi degli stati tendano ad essere modificati con molto maggiore difficoltà che non gli altri toponimi. Seguitiamo a parlare e scrivere di Birmania anche se da tempo è Myanmar. E la Moldova viene tuttora definita spesso e volentieri Moldavia.
Nel caso del Sudafrica mi pare davvero improbabile che i giornalisti, sportivi e no, che copriranno i mondiali di calcio si mettano ad anglicizzarne il nome.
Nel caso del Sudafrica mi pare davvero improbabile che i giornalisti, sportivi e no, che copriranno i mondiali di calcio si mettano ad anglicizzarne il nome.
Credo però che questo accada solo perché si parla piú degli stati che delle città, anche se sono le loro capitali, spesso sconosciute. Città del Capo però è conosciutissima.CarloB ha scritto:Ho l'impressione che i nomi degli stati tendano ad essere modificati con molto maggiore difficoltà che non gli altri toponimi.
Re: Toponomastica e antroponimia
Domanda da ignorante: Londra, Parigi, Praga, Germania sono esonimi; Gesù, Riccardo Cuor di leone (o Cuordileone?), Alessandro Magno cosa sono? Ovvero: qual è — se c'è — il corrispettivo di esonimo, proprio dell'adattamento morfo-fonetico dei nomi di persona stranieri?methao_donor ha scritto:[...] Come vi comportate nell'usare i nomi stranieri di luoghi o persone? [...] abbiamo, ad esempio: Londra, Parigi, Praga, Germania; Gesù, Riccardo Cuor di leone (o Cuordileone?), Alessandro Magno [...]
Non so se esistano (non sono registrati, se ho guardato bene), ma nulla vieta di foggiare es[o]antroponimo e end[o]antroponimo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Verissimo, caro Roberto – e ben tornato!
Personalmente, avrei preferito appunto esotoponimo e endotoponimo, piú precisi.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ricordiamo anche il metonimo, che è il nome proprio (di persona, specie cognome) tradotto, in particolare se latinizzato o grecizzato, come (esempi del Treccani) «Forteguerri mutato in Carteromaco; Trapassi in Metastasio; Schwarzerd in Melanchthon, poi Melanthon, ital. Melantone; ecc.)»
E, scherzosamente, Shakespeare in Scotilancia.
E, scherzosamente, Shakespeare in Scotilancia.

Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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