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Marco1971 ha scritto:E Roberto risponderà con pasta, ma il concetto resta lo stesso: in inglese sono poche le parole italiane (comuni o tecniche) e non sconvolgono le strutture fonetiche; in italiano sono molte le parole inglesi, e creano disturbi fonetici e grafici.
Chi pensa che pizza - o anche parmigiano - sia un marchio registrato, negli Stati Uniti! dove si può comprare anche il parmigiano reggiano dall'Argentina, semplicemente non conosce la realtà americana.

Anziché con pasta preferisco rispondere con questa voce dall'Oxford Dictionary:
al dente: (of food, typically pasta) cooked so as to be still firm when bitten
Origin: Italian, literally 'to the tooth'.
Il fatto è semplicemente, e come già ci ha detto Leopardi, che chi inventa le cose ha il diritto di denominarle. Poi uno può accettare quel nome o chiamare l'oggetto con un altro nome. Che ci possiamo fare se l'Italia non inventa più niente di tecnologico ma ha inventato la buona cucina?

Sugli sconvolgimenti fonetici preferisco non commentare, mi sembra che nel filone sul terzo sistema fonologico e qui e lì abbiamo già detto tutto il possibile. C'è chi rimane sconvolto (diciamo lo 0,000001 % degli italiani) e c'è chi mantiene la calma (il 99,99999 %).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:Il fatto è semplicemente, e come già ci ha detto Leopardi, che chi inventa le cose ha il diritto di denominarle.
E Leopardi diceva anche che queste invenzioni straniere vanno rese italiane di fatto (ma lei considera valide le idee del Leopardi? Pensavo fosse antiquato e sorpassato...).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Freelancer ha scritto:Il fatto è semplicemente, e come già ci ha detto Leopardi, che chi inventa le cose ha il diritto di denominarle. Poi uno può accettare quel nome o chiamare l'oggetto con un altro nome. Che ci possiamo fare se l'Italia non inventa più niente di tecnologico ma ha inventato la buona cucina?

Sugli sconvolgimenti fonetici preferisco non commentare, mi sembra che nel filone sul terzo sistema fonologico e qui e lì abbiamo già detto tutto il possibile. C'è chi rimane sconvolto (diciamo lo 0,000001 % degli italiani) e c'è chi mantiene la calma (il 99,99999 %).
Mi scusi, ma a me sembra che gli inglesi, effettivamente, adattino (almeno foneticamente) la maggior parte delle parole italiane. Tant'è che ho spesso avuto problemi a riconoscerle, quando le pronunziano.
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Marco1971 ha scritto:
Freelancer ha scritto:Il fatto è semplicemente, e come già ci ha detto Leopardi, che chi inventa le cose ha il diritto di denominarle.
E Leopardi diceva anche che queste invenzioni straniere vanno rese italiane di fatto (ma lei considera valide le idee del Leopardi? Pensavo fosse antiquato e sorpassato...).
L'osservazione di Leopardi è atemporale, infatti la constatiamo anche oggigiorno. Già del resto il principio lo applicava Galileo a quanto da lui creato o osservato, come sappiamo: ancora, pendolo, macchie (solari).
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Intervento di Freelancer »

methao_donor ha scritto:Mi scusi, ma a me sembra che gli inglesi, effettivamente, adattino (almeno foneticamente) la maggior parte delle parole italiane. Tant'é che ho spesso avuto problemi a riconoscerle, quando le pronunziano.
Ma anche gli italiani adattano foneticamente le parole straniere, infatti un americano avrebbe problemi a riconoscere tante parole inglesi pronunciate dall'italiano medio.
Però nella maggior parte dei casi non adattano ortograficamente, ossia accolgono il prestito come integrale nella forma scritta. Che poi il flusso di scambio dei prestiti sia a tutto vantaggio numerico degli americani, è un altro discorso.
Ultima modifica di Freelancer in data mer, 25 apr 2007 1:12, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E altrettanto atemporale deve considerarsi quella riguardante i piccoli aggiustamenti. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:Però nella maggior parte dei casi non adattano ortograficamente, ossia accolgono il prestito come integrale nella forma scritta.
Non ne hanno bisogno: il loro sistema ortografico è di tipo etimologico (come quello francese). Il nostro no: è di tipo semifonetico.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971 ha scritto:E altrettanto atemporale deve considerarsi quella riguardante i piccoli aggiustamenti. :wink:

Qui purtroppo l'osservazione della realtà odierna non gli dà ragione, quindi non ha colto nel segno per quanto riguarda questa parte dell'evoluzione della lingua. Non poteva vedere 200 anni nel futuro...
:wink:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:Qui purtroppo l'osservazione della realtà odierna non gli dà ragione, quindi non ha colto nel segno per quanto riguarda questa parte dell'evoluzione della lingua. Non poteva vedere 200 anni nel futuro...
:wink:
Lo sapevo: lei prende, delle “autorità”, solo quel che le fa comodo: una cosa è atemporale e un’altra invece è datata (dello stesso autore). E sicuramente anche l’osservazione della realtà a Leopardi coeva non gli dava ragione, ma non per questo decise di arrendersi e farsi muto. E lei mi dirà: cos’ha sortito? E io risponderò: forse nulla, ma almeno non s’è adeguato, e certamente non ha difeso, come fa lei, la “realtà linguistica” (ché non ce n’è alcun bisogno).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971 ha scritto:
Freelancer ha scritto:Qui purtroppo l'osservazione della realtà odierna non gli dà ragione, quindi non ha colto nel segno per quanto riguarda questa parte dell'evoluzione della lingua. Non poteva vedere 200 anni nel futuro...
:wink:
Lo sapevo: lei prende, delle “autorità”, solo quel che le fa comodo: una cosa è atemporale e un’altra invece è datata (dello stesso autore). E sicuramente anche l’osservazione della realtà a Leopardi coeva non gli dava ragione, ma non per questo decise di arrendersi e farsi muto. E lei mi dirà: cos’ha sortito? E io risponderò: forse nulla, ma almeno non s’è adeguato, e certamente non ha difeso, come fa lei, la “realtà linguistica” (ché non ce n’è alcun bisogno).
Lei mi fraintende, non so se volutamente, quindi provo a riepilogare quanto ho affermato: la prima è un'osservazione di Leopardi, verificabile anche oggi; la seconda è un'indicazione, un suggerimento, lo chiami come vuole, che la lingua nella sua evoluzione oggi non segue. Tutto qui. Per quel che ne sappiamo, tra 200 anni il pendolo potrebbe oscillare in senso opposto.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Si attenga quindi all’evoluzione o involuzione. Osservi bene e ben segga nella sua armchair. Buonanotte.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971 ha scritto:Si attenga quindi all’evoluzione o involuzione. Osservi bene e ben segga nella sua armchair. Buonanotte.
Armchair? In italiamo diciamo poltrona.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sí, ma siccome c’è l’assonanza con poltrone (chi nell’armchair siede :D), finirà col prevalere l’anglicismo.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Marco1971 »

Già si usa in ambiti tecnici:
A seconda del senso di arrotolamento possono essere distinti tre tipi di nanotubi: se le maglie della rete sono disposte con due lati degli esagoni paralleli o perpendicolari all'asse del nanotubo, si hanno rispettivamente nanotubi a zig-zag o a armchair, a seconda del profilo che disegnano gli atomi in una sezione del nanotubo perpendicolare al suo asse; se i lati degli esagoni sono progressivamente sfalsati e determinano l'andamento a spirale, si hanno nanotubi chirali.
Il passo è breve, anche perché nei cataloghi di arredamento accanto ai termini italiani ci sono quelli inglesi. Ma naturalmente l’armchair sarà una poltrona di lusso, e le poltrone saranno segno di bassa condizione sociale.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Veramente mi sembra che il passo sia molto lungo, perché da un testo così impervio un tecnicismo come armchair trafili nel linguaggio comune. Per i cataloghi di arredamento invece non so, ma direi che poltrona non è una parola sentita plebea, quindi dovrebbe resistere bene a eventuali imbecilli che vogliano sostituirla con armchair. E poi cosa farebbero con poltronissima?
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