«Wok»

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Per yak veramente – anche se non serve, ben sòllo – io vedrei iacco (si ricordi la voce antica giacco [specie di scimmia], e l’adattamento portoghese iaque).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

Marco1971 ha scritto:Un punto di vista, in fatto di lingua, si difende con argomenti linguistici, non con paragoni impertinenti.
Beh, se uno difende il suo punto di vista linguistico dicendo "e' coerente con una lunghissima tradizione", non si puo' poi impermalosire per i paragoni impertinenti. E' questo tipo di difesa, che fa acqua dal punto di vista logico, e quindi presta il fianco a ogni tipo di caustica impertinenza.
Per quanto riguarda il fatto che una parola suoni buffa o meno, il parere di chiunque vale quanto quello di un esperto linguista. Il "suonare buffo" non e' una cosa che si studia nelle universita' nei corsi di linguistica, e' una sensazione, un'espressione di sensibilita' e di "senso della lingua", non definibile con precisione. Ma non per questo trascurabile o irrilevante.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

giulia tonelli ha scritto:...questo tipo di difesa, che fa acqua dal punto di vista logico...
Di quale logica parla?
giulia tonelli ha scritto:Per quanto riguarda il fatto che una parola suoni buffa o meno, il parere di chiunque vale quanto quello di un esperto linguista. Il "suonare buffo" non e' una cosa che si studia nelle universita' nei corsi di linguistica, e' una sensazione, un'espressione di sensibilita' e di "senso della lingua", non definibile con precisione. Ma non per questo trascurabile o irrilevante.
Certamente. Ma io vorrei capire perché sonerebbe buffo guò e non gnu. O anche gnu è buffo?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

Marco1971 ha scritto:Di quale logica parla?
Di questa.
Marco dice che X e' valido perche' segue la regola Y. Allora il caustico Bue dice: questo non sta in piedi perche' anche A, B e C seguono la regola Y, ma chiaramente A, B e C non sono validi, da nessun punto di vista.
Questa e' logica.
Se poi A, B, e C sono impertinenti, questo significa semplicemente che la regola Y non andava invocata a difesa di X, perche' e' dessa, a essere impertinente, e in realta', dal punto di vista logico, non e' una giustificazione solida per X.
Marco1971 ha scritto: Certamente. Ma io vorrei capire perché sonerebbe buffo guò e non gnu. O anche gnu è buffo?
Essendo una cosa non definibile, non capisco come possa pretendere una spiegazione. E' come cercare di spiegare perche' un certo uomo e' sexy e un altro no.
Comunque, tanto per anticipare la sua prossima obiezione, e' sicuramente questione di abitudine. Se e quando ci saremo abituati non suonera' piu' buffo. Ora non ci siamo abituati, e suona buffo.
methao_donor
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Intervento di methao_donor »

Quando si vuole schematizzare in logica formale un discorso che, per ovvi motivi, lascia molti sottintesi, sarebbe quantomeno necessario curarsi di includere tutti questi elementi.

Intanto (se non erro) nessuno dice che la regola Y è valida a priori, per qualsiasi situazione. Inoltre nessuno dice che il solo motivo che giustifica certi atteggiamenti è la suddetta regola.
Infine l'esempio di Bue è, a mio avviso, affatto impertinente proprio dal punto di vista logico.

Mi sembra che tra:
rompendo, per motivi piú che discutibili, una lunghissima e fecondissima tradizione.
(in cui si sottintende un gradimento della tradizione stessa e la mancanza di ragioni per romperla)
e il "ragionamento" che implicitamente sostiene Bue: "Sbagli perché non è vero che ogni tradizione deve sopravvivere in eterno" ci sia un salto logico piuttosto evidente.
Imputabile, secondo me, solo a un certo radicato faziosismo, dacché nessuno di voi mi sembra uno sciocco.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

giulia tonelli ha scritto:Se poi A, B, e C sono impertinenti, questo significa semplicemente che la regola Y non andava invocata a difesa di X, perche' e' dessa, a essere impertinente, e in realta', dal punto di vista logico, non e' una giustificazione solida per X.
Chiedo ulteriori lumi: perché la «regola Y» sarebbe impertinente e per quale motivo non sarebbe una giustificazione solida per X?
giulia tonelli ha scritto:Se e quando ci saremo abituati non suonera' piu' buffo. Ora non ci siamo abituati, e suona buffo.
E come si fa a abituarsi se si rifiuta in sul nascere una parola nuova? È una forma d’ostracismo che impedisce alla lingua di arricchirsi, secondo me.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Su tek: mi accontento di non leggere teak.

P.s.:
giulia tonelli ha scritto:Questa e' logica.
Certo. Solo che forse è una logica superata da qualche secolo (dai tempi di Saccheri?), visto che come giustamente fa notare methao_donor non si cura di esplicitare tutti i propri assiomi.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Federico ha scritto:Su tek: mi accontento di non leggere teak.
Qui è facile: tècca, dal malese tekka (cfr portoghese teca). :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:Ma io vorrei capire perché sonerebbe buffo guò e non gnu. O anche gnu è buffo?
La risposta, mi sembra, è semplice, e se n'è già parlato, ma comunque, repetita iuvant: gnu non è bizzarro perché è il termine univoco per designare un certo oggetto. Tutti concordano nell'usarlo. Invece *guò è un tentativo di scalzare un termine esistente, quindi si scontra con la percezione di normalità offerta da wok, e risponde perciò al criterio di bizzarria, ossia "in stridente contrasto con la normalità". Insomma, si trova a fare i conti con il gusto linguistico, che varia da una persona all'altra. Ma il gusto della maggioranza delle persone si adagia su un livello comune, conseguente a un normale percorso di studio, alla lettura (magari poca) di giornali, all'ascolto (probabilmente tanto) della televisione, e così via. Invece il gusto di pochissime persone, come lei, è filtrato da studi di linguistica.
Altri fattori entrano in gioco, e ne abbiamo pure parlato a lungo, quindi mi fermo qui per non annoiare chi ci legge. Magari continuo dopo la sua replica. :wink:
Bue
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Intervento di Bue »

Grazie all'ottimo Roberto per i suoi interventi sempre chiari, lucidi e soprattutto a pH neutro.
methao_donor ha scritto:Mi spieghi... per lei esser caustico è una necessità fisiologica?
Probabilmente... ma non più impellente del furore onomaturgico di chi deve inventare una media di due o tre nuovi adattamenti di forestierismi alla settimana. :wink:

Mi consolo con la chimica: per curare la causticità mi toccherà aumentare gli interventi acidi! :mrgreen:
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

Marco1971 ha scritto:
giulia tonelli ha scritto:Se poi A, B, e C sono impertinenti, questo significa semplicemente che la regola Y non andava invocata a difesa di X, perche' e' dessa, a essere impertinente, e in realta', dal punto di vista logico, non e' una giustificazione solida per X.
Chiedo ulteriori lumi: perché la «regola Y» sarebbe impertinente e per quale motivo non sarebbe una giustificazione solida per X?
Io non vorrei impelagarmi in una discussione di logica aristotelica, ma se uno dice "X e' valido perche' Y", e Y giustifica anche tutta una serie di cose non valide e impertinenti, allora e' la proposizione "X e' valido perche' Y" a essere non valida. In altre parole, Y non e' una giustificazione solida per X, perche' Y giustifica anche tutta una serie di cose che non sono valide (e che con X non c'entrano niente).
E' sicuramente vero, come dice methao_donor, che nessuno ha detto che Y e' l'unica giustificazione per X, e nemmeno che Y sia una giustificazione valida per qualunque cosa. Ma questo tipo di scambi fa parte della normale dialettica di una discussione nemmeno poi tanto caustica, mi pare.
Tutto sommato, io vorrei solo delle giustificazioni un po' piu' solide di "si e' sempre fatto cosi' e ci siamo sempre trovati cosi' bene" e di "se fossimo abituati, quelle parola non sembrerebbe buffa", che e' come dire "se i canoni di arrapamento fossero completamente diversi, Bruno Vespa sarebbe sexy".
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Incarcato
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Intervento di Incarcato »

se i canoni di arrapamento fossero completamente diversi, Bruno Vespa sarebbe sexy
Particolarmente interessante e da approfondire quest'ultimo argomento... :mrgreen:
I' ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch'io m'ho piú tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:La risposta, mi sembra, è semplice, e se n'è già parlato, ma comunque, repetita iuvant: gnu non è bizzarro perché è il termine univoco per designare un certo oggetto. Tutti concordano nell'usarlo. Invece *guò è un tentativo di scalzare un termine esistente, quindi si scontra con la percezione di normalità offerta da wok, e risponde perciò al criterio di bizzarria, ossia "in stridente contrasto con la normalità".
Quindi la prima volta che si usò gnu non parve bizzarro a nessuno? E wok non sembrò strano all’inizio? Certo, c’è la difficoltà dello scalzamento, ma la rimando al Migliorini, che dice anche questo:
Ogni sostituzione, anche se felicemente trovata e autorevolmente sostenuta, ha bisogno di un tempo piú o meno lungo d’incubazione. («Purismo e neopurismo» in La lingua italiana nel Novecento, Firenze, Le Lettere, 1990, p. 106.)
Freelancer ha scritto:Insomma, si trova a fare i conti con il gusto linguistico, che varia da una persona all'altra. Ma il gusto della maggioranza delle persone si adagia su un livello comune, conseguente a un normale percorso di studio, alla lettura (magari poca) di giornali, all'ascolto (probabilmente tanto) della televisione, e così via. Invece il gusto di pochissime persone, come lei, è filtrato da studi di linguistica.
Certo, il gusto è variabile, ma se le parole nuove dovessero sottostare al gusto linguistico disomogeneo delle masse e per cosí dire essere votate al loro primo apparire, gnu e molte altre (tipo bailamme, ecc.), non avrebbero mai varcato la soglia del dizionario. Basta che il neologismo (adattamento o neoformazione o risemantizzazione) venga lanciato. Tutto si risolve infine nell’uso, e non nel gusto dei parlanti, che ripetono quello che odono (e che talvolta leggono). Il gusto può entrare in gioco nel momento in cui la parola viene creata; dopodiché la diffusione, se avviene, neutralizza qualsiasi bizzarria.
giulia tonelli ha scritto:Tutto sommato, io vorrei solo delle giustificazioni un po' piu' solide di "si e' sempre fatto cosi' e ci siamo sempre trovati cosi' bene" e di "se fossimo abituati, quelle parola non sembrerebbe buffa", che e' come dire "se i canoni di arrapamento fossero completamente diversi, Bruno Vespa sarebbe sexy".
No, non è affatto lo stesso. Alle parole ci si può abituare; piú difficile che il singolo cambi radicalmente gusto nelle sue preferenze sessuali (né esistono, cara Giulia, canoni di arrapamento).
Bruno Migliorini ha scritto:Chi non dimentichi la mirabile continuità che lega da Dante a oggi tutta quanta la lingua italiana, sarà seriamente ammonito a non procedere troppo in fretta. Correr troppo, voltar bruscamente le spalle al passato significherebbe interrompere questa continuità, la piú lunga che vanti una lingua europea. Ma, si badi, altro è procedere a passi moderati, altro è fermarsi a contemplare il passato mentre gli altri camminano in fretta. (ibid., p. 101.)
Ora si può dire che non ha importanza questa continuità, è questione profondamente legata alla sensibilità personale e al valore che si attribuisce alla cultura. Ma le consiglio di leggersi, se non tutto il volume La lingua italiana nel Novecento, almeno il saggio Purismo e neopurismo, in cui troverà giustificazioni piú autorevoli e meno fastidiose delle mie.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

Ma certamente esistono canoni di arrapamento, mio caro Marco! Culture diverse, in epoche diverse, hanno considerato sexy caratteristiche completamente diverse, e l'insieme di queste caratteristiche e' cio' che io chiamo "canone di arrapamento". Cio' che una cultura in un dato momento considera sexy e' analogo a cio' che una cultura in un dato momento considera buffo. Non e' "esattamente" analogo, perche' entrano in gioco anche fattori di tipo biologico, ma e' abbastanza analogo.
E comunque io continuo a non capire questo ragionamento "basta abituarsi". Mi sembra come uno che dice "Vi piace questo cappello a forma di giglio di firenze? Secondo voi la gente poi se lo mette?" e un altro, caustico, risponde "Secondo me la gente non se lo mettera' mai perche' e' molto buffo". E lui: "E' solo questione di abitudine! Se tutti si mettessero dei cappelli cosi' non sembrerebbero piu' buffi. Allora la prima volta che uno si e' messo un cappello a cilindro non era buffo?". E' vero, che se tutti andassero in giro con dei cappelli cosi' non sembrerebbero piu' buffi, ma e allora? Possiamo certo discutere se il cappello e' fatto bene, se il materiale e' di pregio, se e' cucito a modo, se non si rovina portandolo, ma non ci si puo' arrabbiare se uno dice che e' buffo, quando esplicitamente ci si sta interrogando se e' una cosa che la gente si mettera' oppure no!
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Vorrei solo ribadire sommessamente che le affermazioni del Migliorini andrebbero calate nel periodo storico nel quale furono proferite (che non è il 1990, come qualcuno potrebbe pensare dalla citazione di Marco).
Oggi nessuno dei nostri migliori linguisti (e nemmeno penso il Migliorini, se potesse farlo) sottoscriverebbe le posizioni neopuristiche espresse in quel saggio.
(Scusate, ma quando vedo usare in questo modo i sacri testi dei Padri della nostra linguistica mi viene l'orticaria :) )
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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