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Inviato: lun, 06 mag 2013 20:26
di Souchou-sama
Carnby ha scritto:un'attra
Grazie per la conferma: mi sembrava di sentire spesso il passaggio [rt] → [tt]*, per quanto —se non sbaglio— il Canepàri non ne parli.

* Cioè, piú in generale, [rC] → [CC]. Per esempio, a volte sento «peffetto» per perfetto, se non m’inganno.

Inviato: lun, 06 mag 2013 21:03
di Carnby
Souchou-sama ha scritto:Grazie per la conferma: mi sembrava di sentire spesso il passaggio [rt] → [tt]*, per quanto —se non sbaglio— il Canepàri non ne parli.
Il fenomeno è più generale e qualche studioso (Nocentini) l'ha collegato a una precedente palatalizzazione altro > aittro > attro.
Un qualcosa di analogo si ha nelle parole aimmeno (almeno), soggo (solco), pucce (pulce), dogga (dolga), cuttello (coltello), utimo (ultimo).

Inviato: lun, 06 mag 2013 22:08
di Zabob
Carnby ha scritto:
Zabob ha scritto:Avete notato che il De Bellis considera dittongo -iu- in Giuseppe?
Una fòla simile la lessi anche in un libro di Beppe Severgnini L'inglese – Nuove lezioni semiserie, ma dalla sua il giornalista ha il fatto che non è un linguista.
Anche Gabrielli fa l'esempio di "Giuseppe":!: Sull'Enciclopedia Generale Rizzoli-Larousse (del 1969 in 7 voll.), nella sezione "Grammatica", curata da Giovanni Maria Piazza, c'è come esempio di dittongo "giudicare".

Ci sono (poche) parole in cui quella i non è un mero segno grafico: penso a "sciare". Qui c'è un iato, come in "spiare". Collocare la dieresi (dïeresi!) su parole come "spïare" potrebbe sembrare un vezzo, ma sulla i di "scïare" i puntini sarebbero utili, se non necessari, per segnalare che non si deve pronunciare /'ʃare/ (come in "lasciare") ma /ʃi'are/.

Inviato: lun, 06 mag 2013 22:41
di u merlu rucà
Carnby ha scritto:
Souchou-sama ha scritto:Grazie per la conferma: mi sembrava di sentire spesso il passaggio [rt] → [tt]*, per quanto —se non sbaglio— il Canepàri non ne parli.
Il fenomeno è più generale e qualche studioso (Nocentini) l'ha collegato a una precedente palatalizzazione altro > aittro > attro.
Un qualcosa di analogo si ha nelle parole aimmeno (almeno), soggo (solco), pucce (pulce), dogga (dolga), cuttello (coltello), utimo (ultimo).
Forme simili si ritrovano in genovese a:tru (da un precedente autru presente nel mio dialetto) e nel sardo attero.

Inviato: mar, 07 mag 2013 12:35
di Animo Grato
Zabob ha scritto:Ci sono (poche) parole in cui quella i non è un mero segno grafico: penso a "sciare". Qui c'è un iato, come in "spiare". Collocare la dieresi (dïeresi!) su parole come "spïare" potrebbe sembrare un vezzo, ma sulla i di "scïare" i puntini sarebbero utili, se non necessari, per segnalare che non si deve pronunciare /'ʃare/ (come in "lasciare") ma /ʃi'are/.
Tra l'altro - e chiedo scusa per la piccola divagazione - esistono varianti locali dell'italiano in cui la i "grafica" di sci- viene sistematicamente pronunciata (o almeno accennata). Non mi riferisco per forza a Ferrara, ma Ferrara è un ottimo esempio. Si ascoltino, in questo breve video, i vari scioglimento (poco), sciogliere e scioglie (soprattutto quest'ultimo), a 0:31, 0:40, 1:33.

Inviato: mar, 07 mag 2013 12:53
di Ferdinand Bardamu
Animo Grato ha scritto:Tra l'altro - e chiedo scusa per la piccola divagazione - esistono varianti locali dell'italiano in cui la i "grafica" di sci- viene sistematicamente pronunciata (o almeno accennata). Non mi riferisco per forza a Ferrara, ma Ferrara è un ottimo esempio. Si ascoltino, in questo breve video, i vari scioglimento (poco), sciogliere e scioglie (soprattutto quest'ultimo), a 0:31, 0:40, 1:33.
Una domanda da ignorante (siate clementi :oops:): non potrebbe trattarsi dell’influenza di sostrato della pronuncia locale, nella quale il suono [ʃ] non esiste, e, pertanto, parlando in italiano, si rende approssimativamente con [s] + [j]?

Inviato: mar, 07 mag 2013 14:41
di Souchou-sama
Direi proprio di sí. :) Comunque io sento qualcosa come [-ʃj-] —senza però la (necessaria) protrusione labiale— per il corretto [-ʃʃ-].

Inviato: lun, 28 set 2015 13:43
di Ivan92
Zabob ha scritto:A proposito di dieresi, sineresi e iati: il verso dantesco «I' vidi un fatto a guisa di liuto» si deve sillabare (metricamente): I-vi-diun-fat-toa-gui-sa-di-li-u-to (pronunciando la terza sillaba /djun/)
D'accordo cólla sillabazione, ma non sarebbe piú naturale pronunciare /diun/?

Inviato: lun, 28 set 2015 18:49
di Carnby
Ivan92 ha scritto:D'accordo cólla sillabazione, ma non sarebbe piú naturale pronunciare /diun/?
In poesia c'è abbastanza libertà: si può dire [-diu̯n-], [-di̯un-], [-djun-] o anche [-dun-], purché non si abbia un fenomeno di dieresi, facendo aumentare il numero di sillabe.

Inviato: lun, 28 set 2015 21:09
di Ivan92
La ringrazio della risposta. :) Più che altro mi riferivo al parlato: se si recitasse questo verso, verrebbe naturale, secondo me, pronunciare /-diun-/ o, al limite, /-dun-/. La variante /-djun-/ mi sembra possibile soltanto a ritmo allegro. Concorda?

Inviato: lun, 28 set 2015 21:43
di Carnby
Ivan92 ha scritto:Più che altro mi riferivo al parlato: se si recitasse questo verso, verrebbe naturale, secondo me, pronunciare /-diun-/ o, al limite, /-dun-/. La variante /-djun-/ mi sembra possibile soltanto a ritmo allegro. Concorda?
Io pronuncerei «normalmente» [-diu̯n-] (con una accennata).
La pronuncia [-djun-] mi pare un po' forzata.

Inviato: mar, 29 set 2015 12:58
di Ivan92
La ringrazio. :)

Inviato: mar, 29 set 2015 23:16
di valerio_vanni
Carnby ha scritto: In poesia c'è abbastanza libertà: si può dire [-diu̯n-], [-di̯un-], [-djun-] o anche [-dun-], purché non si abbia un fenomeno di dieresi, facendo aumentare il numero di sillabe.
Il secondo, però, mi pare che debba generare uno stacco sillabico.

Inviato: mer, 30 set 2015 20:53
di Carnby
valerio_vanni ha scritto:Il secondo, però, mi pare che debba generare uno stacco sillabico.
Direi di no: è simile a [-djun-] ma l'approssimante è più «sfumato» (Canepari portrebbe usare un «semi-approssimante», altri potrebbero tranquillamente parlare di «dittongo ascendente»).

Inviato: gio, 01 ott 2015 2:36
di valerio_vanni
Sarebbe interessante sentire un campione audio con i tre casi: [-djun-], [-di̯un-], [-di'un-].