Recentemente, a Chioggia, ho sentito un
Aloin che mi è parso del tutto accettabile come versione in veneto del termine in questione.
Rimanendo in ambito lagunare e a proposito di rituali e tradizioni attorno al periodo di Ognissanti, proprio a Chioggia ( ma un po' lungo tutta la linea di costa, Delta compreso), si narrano leggende, come quella Dei Sette Morti, sul divieto delle attività lavorative - in questo caso la pesca - e le regole da rispettare, soprattutto
Dai Morti, per non incorrere in gravi conseguenze.
Il divieto si estendeva anche agli innumerevoli mulini sul Po o Adige che, nei giorni dei Morti, non dovevano assolutamente macinare . Il
molinaro allora, prima di abbandonare il mulino, lasciava del cibo e del vino per i Morti che, in quelle notti buie e nebbiose di fine ottobre-inizio novembre, a bordo di una barchetta illuminata da deboli lucine, avrebbero attraversato il fiume per raggiungere e consumare quanto era loro dovuto.
Anche nelle campagne vi era la consuetudine di portare un piatto di polenta
infasolà in cimitero, al tramonto, per poi tornare a rinchiudersi in casa, prima che facesse buio. Trovarsi per strada, in quelle notti, magari di ritorno dall'osteria e vedersi comparire davanti una
lumassa, una sorta di globo infuocato che si muoveva a zig-zag, avanti e indietro, a tratti sparendo dietro i filari dei pioppi o le siepi per poi tornare a manifestarsi salendo da un canale e fermandosi proprio lì, in mezzo allo
stradone che si stava percorrendo, costringendo il malcapitato a fermarsi o cambiare strada... altro che Halloween.
Erano le
àneme dei Morti che tornavano a far visita ai vivi.
