Riporto una notizia d'agenzia (che poi è stata riprodotta più o meno nella stessa maniera nel sito del "Corriere della sera"), relativa alla situazione dell'insegnamento delle lingue classiche in Europa, con un riferimento a mio parere superficiale all'Italia; lo spunto in realtà è un'iniziativa del Vaticano vòlta a promuovere lo studio del latino e del greco. Faccio poi seguire un commento critico. Altre versioni della stessa notizia, pubblicate in altri quotidiani (da "La Stampa" a "Il Mattino") contengono delle pure invenzioni (non mi risulta che le ore di greco al classico siano mai state cinque e siano poi state ridotte a quattro; è vero invece che se fosse andata in porto la riforma Moratti delle superiori le ore di latino al ginnasio sarebbero state ridotte da cinque a quattro, e al triennio dello scientifico da tre/quattro a due, fino a zero l'ultimo anno: questo per far capire come la destra amasse le lingue classiche).
T. O.
"Anche un premio giornalistico tra le iniziative adottate
Vaticano: no a declino studi latino e greco
La Santa Sede vuole mobilitare anche i media: «sono in pericolo studi
storici, filologici, filosofici, teologici»
CITTÀ DEL VATICANO - A chi viaggia per lavoro può accadere, in ambito
internazionale, di rimanere «male» constatando che l'inglese parlato,
per esempio, da tedeschi, è in media largamente migliore del nostro.
Per il buon motivo che è materia meglio studiata a scuola. Ma (ancora
più umiliante), può accadere anche che perfino la loro conoscenza del
latino sia migliore della nostra. Ovvia l'obiezione: pazienza,
l'inglese serve, il latino no. Ma non tutti la pensano così, e se in
alcuni Stati esteri il valore formativo delle lingue classiche è
ancora tenuto in gran conto, nel nostro Paese, che dovrebbe essere la
culla naturale perlomeno del latino, è invece in calo. E a
preoccuparsene è, ancora, uno Stato estero, cioè la Città del
Vaticano, che teme che, in generale, il declino dello studio di greco e
latino porterà a un impoverimento degli studi non solo storici, ma
anche filologici, filosofici e teologici e a un «decadimento della
ricerca seria in quei settori». Per arginare questo interesse
declinante la Santa Sede vuole porre il problema non solo in ambito
accademico e scolastico, anche attraverso i media, «nell'ambito più
vasto dell'opinione pubblica» e per «sensibilizzare» le autorità
nazionali e «sovranazionali preposte alle scelte educative».
PREMIO GIORNALISTICO - A questo scopo il Pontificio comitato di scienze
storiche ha deciso di promuovere un «premio giornalistico» per
articoli su quotidiani o periodici dedicati a «attualità e
significato delle lingue classiche per lo sviluppo scientifico e
culturale»; «importanza delle lingue classiche sul piano
pedagogico»; «politiche sviluppate dagli Stati al fine di favorire lo
studio delle lingue classiche». Il dicastero pontificio da sempre dà
spazio al sostegno e all'incremento delle discipline umanistiche per
una maggiore valorizzazione della storia e intende contribuire alla
promozione delle lingue classiche nelle scuole e università europee e
nei paesi di cultura euorpea. Il premio è alla sua seconda edizione e
valuterà articoli dal 31 ottobre 2006 al 30 aprile 2007.
«Nonostante le deludenti politiche scolastiche adottate in questo
settore negli ultimi decenni - spiega il dicastero vaticano - occorre
ribadire con forza, e a tutti i livelli istituzionali, l'importanza
delle lingue classiche per una cultura che è alla base non solo
dell'Europa presente e futura e di Paesi che risentono di queste radici
culturali, ma che, in ultima analisi, rappresenta un patrimonio
culturale per l'intera umanità".
Sostenere in modo generico che il valore formativo delle lingue classiche sarebbe in calo nel nostro paese è il solito, consueto, luogo comune giornalistico, che si è sentito migliaia di volte, ma che è del tutto destituito di fondamento: anche perché non si basa su nessun dato
concreto, ma solo su qualche notizia ad effetto (del tipo: "in
Finlandia c'è un bollettino radiofonico in latino; in Inghilterra c'è
una nuova offerta di corsi di latino in un liceo prestigioso; in
Germania lo studio delle lingue classiche è in ripresa"). La realtà
è ben diversa, come ha ben sottolineato il latinista Mario Citroni in
un convegno sulla ricerca nell'ambito delle scienze umane all'Accademia
dei Lincei: l'Italia è l'unico (e sottolineo, l'
unico) paese al mondo
dove il greco sia materia insegnata come obbligatoria in un corso di studi secondario (il liceo classico) e non come offerta opzionale; anche il latino,
tuttavia, ormai all'estero (con l'eccezione di alcuni
Länder tedeschi)
è offerto come una materia facoltativa, al posto, spesso, delle lingue
straniere moderne (tra l'altro collane economiche come la BUR Classici
greci e latini con testo a fronte esistono solo in Italia, sebbene il
testo a fronte sia quello di prestigiose edizioni straniere come la
Oxford e la Teubner). Quindi, sostenere che "in alcuni Stati esteri il
valore formativo delle lingue classiche è ancora tenuto in gran conto"
mentre "nel nostro Paese, che dovrebbe essere la culla naturale
perlomeno del latino, è invece in calo" è la solita stupidaggine
di sapore apocalittico che solo giornalistucoli mal informati possono
sostenere. Semmai è vero che il latino in Italia viene insegnato male
e, forse, a troppe persone che sono del tutto refrattarie al suo
apprendimento (perché esso viene insegnato in circa il 40% degli
istituti superiori, licei classici, scientifici, linguistici,
socio-psico-pedagogici); ma se all'estero il suo insegnamento ottiene,
come in effetti è vero, migliori risultati, ciò non dipende affatto
dal fatto che "il valore formativo delle lingue classiche" sia "ancora
tenuto in gran conto", bensì da motivi, se non proprio opposti, in
gran parte diversi: il latino viene imparato solo da persone che
l'hanno scelto con una forte motivazione, cosicché è facile pensare
che l'apprendano con interesse e passione (spesso sono l'1 o il 2 % di
tutti gli studenti delle superiori); ma questo vuol dire che ne sono
esclusi moltissimi altri potenziali discenti che lo imparerebbero
comunque con un minimo di interesse, ossia non sarebbero né totalmente
refrattari, né provetti filologi classici. Va anche detto che le
metodologie d'apprendimento, basate sulla lettura diretta dei testi e
su metodi come quello di Ørberg, sono più efficaci dello sterile
grammaticalismo invalso nelle scuole italiane. E comunque, tutto
sommato, mi sembra che il modello italiano, con qualche correttivo
(metodi di insegnamento più efficaci, selezione in ingresso al biennio
delle superiori con
test - o prove - finalizzati ad appurare se le competenze linguistiche dell'italiano sono adeguate anche per affrontare il
latino, selezione ragionevole dal biennio al triennio), possa ancora
essere quello che più permette di trasmettere le lingue antiche a un
congruo numero di discenti. Quanto al Vaticano, ricordo che il sito
ufficiale internet (
http://www.vatican.va ) ha l'interfaccia in
italiano, inglese, tedesco, francese, spagnolo e portoghese, ma non in
latino. Come giustificano tale mancanza?