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Inviato: sab, 21 gen 2012 2:15
di Marco1971
PersOnLine ha scritto:Mal interpretato avrebbe dato un significato diverso alla frase?
No, sarebbe stato lo stesso uguale significato.
Ne approfitto per riportare quel che dice il GRADIT (che è la pattumiera, se vogliamo, della lingua):
mis- 2 le poco numerose neoformazioni risentono dell’influsso delle lingue inglese e tedesca: misinterpretare.
Inviato: dom, 04 mar 2012 0:23
di Fausto Raso
Un'altra regola fantasma: È errato l'uso della congiunzione dunque a inizio di frase.
Inviato: dom, 04 mar 2012 0:54
di Marco1971
Ho aggiornato l’elenco.
Per quanto riguarda il
dunque iniziale, c’è anche un duetto famoso dal
Barbiere di Siviglia (Rossini). Se qualcuno volesse ascoltarlo nella migliore versione, si trova
qui.

Inviato: sab, 10 mar 2012 18:40
di SinoItaliano
Si può scrivere malinterpretato tutt'attaccato?
Inviato: sab, 10 mar 2012 18:58
di Marco1971
Direi di sí, anche se non pare essere registrato.
Inviato: sab, 10 mar 2012 19:18
di Fausto Raso
SinoItaliano ha scritto:Si può scrivere malinterpretato tutt'attaccato?
Io farei un distinguo. Grafia scissa,
male interpretato, se il termine ha valore prettamente verbale: ha
male interpretato il mio pensiero; grafia unita in funzione aggettivale: un pensiero
malinterpretato.

Inviato: dom, 11 mar 2012 15:53
di SinoItaliano
Egregio Fausto Raso,
perché non «ha malinterpretato il mio pensiero», come sinonimo blando di equivocare o fraintendere?

Anche se ciò si tratterebbe di un neologismo, visto che non è registrato.
Inviato: lun, 12 mar 2012 21:18
di SinoItaliano
Nel filone
Dubbi sulla grafia «razziale» l'Egregio Marco ha scritto:
La regola di egli unico pronome maschile di terza persona singolare come soggetto è un’altra regola fantasma.
E quindi volevo chiedervi: anche l'uso di
te soggetto è accettato dalla grammatica odierna?
Inviato: lun, 12 mar 2012 21:34
di Ferdinand Bardamu
Personalmente, direi che te con funzione di soggetto è accettabile solo nel parlato molto informale. Assolutamente da evitare nello scritto, a meno che non arieggi il parlato.
È però ormai accolto anche nello scritto in unione con io: es. «ci andremo io e te». In questo caso, il mio gusto personale mi porta invece a scegliere la soluzione tu e io, che cerco d'usare il piú possibile anche parlando. Mi pare meno egocentrica e piú rispettosa dell'interlocutore.
Inviato: mer, 14 mar 2012 19:03
di Marco1971
Ho aggiunto un’altra regola fantasma, suggeritami da Fausto Raso, riguardo al verbo credere, che non potrebbe mai reggere l’indicativo. La realtà è diversa: regge il congiuntivo quando esprime una supposizione (Credo che sia vero), ma regge l’indicativo quando costituisce una professione di fede (Credo che Dio esiste), o per esprimere la posteriorità, col futuro (Credo che sarà un successo).
Inviato: gio, 15 mar 2012 13:03
di Infarinato
Concordo, ma bisognerebbe
esplicitare (come hai fatto qui): temo infatti che la «professione di fede» finirebbe col costituire per molti un
pretesto per usare sempre e soltanto l’indicativo.

Bisogna chiarire, invece, che si tratta d’un caso particolarissimo, d’una sorta di «licenza confessionale»… e ovviamente a nulla vale citare il famosissimo verso dantesco «Cred’io ch’ei
credette ch’io credesse» (
Inf., XIII, 25 [corsivo mio]).
Inviato: gio, 15 mar 2012 18:19
di Marco1971
Riporto la trattazione di Luciano Satta (Ma che modo – uso e abusi del congiuntivo):
credere ind cgt E uno dei verbi piú controversi e piú soggetti alle polemiche, nella questione del cgt. Ma in breve si puo dire: cgt se siamo in presenza di un’opinione o di un parere, ind se siamo in presenza di un atto di fede o di convinzione. - È credenza diffusa che lo abbiano aiutato molto i parenti. - Ora che mi hai visto in palestra a sollevare pesi, ci credi che sono guarito? - Dobbiamo far finta di credere che è stata rapita (N. Salvalaggio). - Oggi non credo si debbano fare piú previsioni (U. Eco). - Io credo che allora invece un poco mi amassi (R. Loy). - Credo che nella solitudine faccia lunghi sonni (L. Malerba). – Credo che anche di viso, cosí come di corpo, la ragazza sia bellissima (G. Montefoschi). - Tutto ciò ci lascia credere che il bambino sia morto a pochi mesi (P. Citati). - Non crede che Colombo scoprí l’America. - Ma credo che il movente vero fu un altro (G. Bocca). - Credo che la squadra meritasse di piú (a partita finita; e se la passione è profonda, ci può stare l’ind; ma nell’intervallo fra i due tempi si consiglia il cgt: Credo che la squadra meriti di piú). - Ho creduto che un prete deve essere uomo fra gli uomini, pazzo fra i pazzi, vile fra i vili, peccatore fra i peccatori (N. Salvalaggio). - Mia moglie crede che non le voglio piú bene (S. Mannuzzu; e addirittura l’inizio del primo racconto di La figlia perduta; ma nella pagina seguente: Credo tema la morte; e nella stessa pagina iniziale ci sono cgt “canonici”, con probabile, gradire, disturbare. – C’è bisogno di credere che la morte non è la fine di tutto (C. Marabini). – Un esempio con il condizionale: Credete che non saremmo capaci? (G. Melega).
Inviato: gio, 15 mar 2012 21:48
di Ferdinand Bardamu
Nel caso di una convinzione, non sarebbe egualmente possibile il congiuntivo, se la suddetta convinzione non è particolarmente forte o è segnata dal dubbio?
Per esempio, in «dobbiamo far finta di credere che è stata rapita», cause di forza maggiore, per cosí dire, impongono («dobbiamo») di fingere di credere al rapimento, perciò io considererei piú adatto un congiuntivo; l'indicativo mi sembra proprio di un registro piú basso.
Inviato: gio, 15 mar 2012 22:51
di Marco1971
Io direi che in questa frase la «chiave» è proprio fare finta di avere quella convinzione, cioè mostrarla come realtà; senza, avremmo regolarmente Dobbiamo credere che sia stata rapita.
Inviato: gio, 15 mar 2012 22:57
di PersOnLine
Ho l'impressione che spesso il confine tra «opinione» e «convinzione» sia (o è?) talmente sfumato che è davvero difficile usare tale differenza come guida: nel dubbio trovo il congiuntivo sempre preferibile e più elegante.
Io credo che allora invece un poco mi amassi
In questa frase, invece, sentirei meglio l'imperfetto, ma forse è (questa è è opportuna?) perché è fuori contesto.