Ferdinand Bardamu ha scritto:E il che non cogeminante di piuccheperfetto a che cosa può essere dovuto, secondo lei?
Tutte le attestazioni antiche (non anteriori al Cinquecento, comunque) presentano —mi pare, Marco mi corregga— la grafia staccata,
ergo bisognerebbe vedere quale grammatico ha usato per primo la grafia unita [
senza raddoppiamento dopo
che]… che non è nemmeno detto rispecchiasse la pronuncia dello scrivente (…è un po’ come se i nostri posteri evincessero [anche] per i parlanti [centromeridionali] di oggi una pronuncia quale /pidu'ista/ dalla grafia [di gran lunga piú comune, ma poco raccomandabile]
piduista anziché la reale /piddu'ista/).
Poiché si tratta d’un tecnicismo d’uso assai ristretto [anche fra i parlanti colti], avrà finito col prevalere [magari di pochissimo] una delle due grafie unite (quale che fosse, probabilmente quella «meno corretta») senza che vi fosse strenua opposizione da parte dei sostenitori dell’altro «partito».
Ferdinand Bardamu ha scritto:Tirando un po' le fila del discorso, sia chi va là? sia chi vive? sono esclamazioni di origine francese. […] ci dovrebb'essere una normalizzazione secondo la pronuncia toscana cogeminante dell'imprestito dal francese…
Non credo che le due locuzioni siano comparabili.
Chi vive? può essere interpretata soltanto come uso particolare [= «militare»] dell’omografa [e omofona] proposizione interrogativa, e quindi non può che essere pronunciata allo stesso modo (intonazione a parte).
Chi va là?, invece, (lo abbiamo già detto) non ha corrispondenti diretti in italiano [toscano, antico o moderno],
ergo, soprattutto se giuntavi già con laterale degeminata e caratteristica intonazione militaresca, dovette risultare difficilmente riconoscibile ai parlanti nativi da non indurli a «raddrizzarne» la quantità consonantica.
Chiudo con un’ultima considerazione sul [canepariano] «bilanciamento eufonico», a scanso d’equivoci: esso è sicuramente reale, ma —direi— vale di piú per la pronuncia moderna che per quella tradizionale (il raddoppiamento fonosintattico
di tipo toscano [al contrario di altri] soffre davvero pochissime eccezioni:
cfr. Agostiniani 1992,
op. cit., e M. Loporcaro,
L’origine del raddoppiamento fonosintattico: saggio di fonologia diacronica romanza, Basel and Tübingen: «Francke Verlag», 1997) e piú per i lunghi enunciati [con molti monosillabi forti] che per quelli brevi.