A me pare che in questo passo si esca ampiamente dal seminato, tentando di giustificare a ogni costo — e, necessariamente, a posteriori — l’interpretazione, quanto meno dubbia, di una frase. (Ma, a dire il vero, non è dubbia: se supponiamo che ad oggi equivalga a fino ad oggi, è proprio errata.)bubu7 ha scritto:Il giornalista ha deciso di riservare l'indicazione temporale alla sola locuzione e di limitare l'informazione della "conoscenza" al solo contenuto semantico mediante l'uso di un tempo neutro e meno marcato, il presente indicativo. In questo modo la frase risulta più snella senza perdere nessun contenuto informativo. Rispetto alle regole grammaticali attuali la frase risulta anomala ma la lingua ha mantenuto il suo compito di veicolare l'informazione completa in maniera snella ed economica.
Ora, tralasciando la critica al linguaggio giornalistico, che ci condurrebbe troppo lontano, nella frase in questione il Nostro ha semplicemente voluto dire che, allo stato attuale, a tutt’oggi (=«ad oggi»), Draghi e Renzi non si conoscono. La scelta del tempo verbale è ovvia, ché la presenza di oggi àncora il discorso al momento dell’enunciazione: non c’è bisogno, quindi, di supporre chissà quali rarefatti ragionamenti a priori da parte del giornalista, che, con ogni probabilità, avrà scritto di getto e sotto pressione.
Mutamenti linguistici? Non le pare di correre troppo? Dopotutto, 1) stiamo parlando di un’interpretazione molto dubbia di una frase che, di per sé, non porrebbe alcun problema (se non legittimi scrupoli di stile), se considerassimo, com’è normale, ad oggi un’innovazione di a tutt’oggi; 2) in ogni caso, saremmo di fronte a un solo, isolato, esempio, per di piú giornalistico.bubu7 ha scritto:Voglio dire che quel che considero di primaria importanza è il nostro atteggiamento nei confronti dei mutamenti linguistici interni.