Inviato: lun, 16 gen 2012 11:20
Alcuni anni fa lessi un articolo di una associazione inglese per la lotta contro le discriminazioni razziali dove si diceva che non è necessario accertare quale sia il significato delle parole e dell'agire del presunto offensore; l'opinione e la condanna di chi si ritiene vittima di una discriminazione razziale basta a far scattare la censura. Mi sembra che, purtroppo, alcuni applichino un ragionamento del genere alla questione sull'uso dell'articolo davanti ai cognomi delle donne.
Non ho mai conosciuto nessuno che abbia detto o scritto 'la Moratti' o 'la Bonino' (o la piú un qualsiasi altro cognome) con intento denigratorio. Se di casi ce ne sono stati, sono certamente rarissimi.
L'esempio di Giulia Tonelli secondo me non è davvero indicativo: il suo interlocutore con 'la' Giulia forse intendeva semplicemente la 'cara' Giulia, come a sottolineare che amico suo non è e non vuol essere (ricordo un mio professore al liceo che a volte, rivolgendosi a noi studenti, si soffermava un attimo sull'articolo in maniera affettuosa: ma tu guarda, la Francesca, e anche, scherzosamente, il Paolo).
È inoltre interessante notare come lei, Giulia, usi con disinvoltura la parola negro, termine considerato oggigiorno molto offensivo se riferito a una persona di colore. Anche qui, pur essendo il suo intervento non razzista, qualcuno si sarebbe potuto offendere parecchio. Ne avrebbe avuto il diritto, visto che lei era chiaramente in buona fede?
P.S. Mi scusi Giulia se l'ho chiamata in causa riguardo a dei suoi interventi vecchi di quasi sette anni, ma ho visto che lei è sempre attiva in questo fòro.
Non ho mai conosciuto nessuno che abbia detto o scritto 'la Moratti' o 'la Bonino' (o la piú un qualsiasi altro cognome) con intento denigratorio. Se di casi ce ne sono stati, sono certamente rarissimi.
L'esempio di Giulia Tonelli secondo me non è davvero indicativo: il suo interlocutore con 'la' Giulia forse intendeva semplicemente la 'cara' Giulia, come a sottolineare che amico suo non è e non vuol essere (ricordo un mio professore al liceo che a volte, rivolgendosi a noi studenti, si soffermava un attimo sull'articolo in maniera affettuosa: ma tu guarda, la Francesca, e anche, scherzosamente, il Paolo).
È inoltre interessante notare come lei, Giulia, usi con disinvoltura la parola negro, termine considerato oggigiorno molto offensivo se riferito a una persona di colore. Anche qui, pur essendo il suo intervento non razzista, qualcuno si sarebbe potuto offendere parecchio. Ne avrebbe avuto il diritto, visto che lei era chiaramente in buona fede?
Concordo in pieno e aggiungo: secondo me è attraverso l'esaltazione delle caratteristiche che le differenziano dagli uomini che le donne possono sperare di raggiungere una vera (cioè gratificante) 'parità'. Continuando a voler essere trattate da uomini (specie in ambito ufficiale) dimostrano che purtroppo non hanno ancora superato quel terribile complesso d'inferiorità che è stato loro inculcato in secoli di emarginazione sociale.Ferdinand Bardamu ha scritto:Ma, a mio modesto avviso, la discriminazione sta altrove, come nell'accettazione, da parte delle donne, del maschile nelle cariche pubbliche o nelle professioni, es. «il ministro Fornero» o «l'avvocato Bongiorno».
P.S. Mi scusi Giulia se l'ho chiamata in causa riguardo a dei suoi interventi vecchi di quasi sette anni, ma ho visto che lei è sempre attiva in questo fòro.