Gianna Marcato e Flavia Ursini in Dialetti veneti. Grammatica e storia, Unipress, Padova, 1998, pp. 53-54, affermano cheLigure ha scritto:Tra l'altro, non credo neppure che la "caduta" di [o] dopo [l/r], che si verificò in [niŋ'sjol] = lenzuolo e [kae'gɛr] = calzolaio, sia generalizzabile nei dialetti veneti.
Gli esperti di veneto potrebbero fornire qualche chiarimento.
La struttura della parola nelle varietà venete è fortemente caratterizzata da una norma fonetica che ha interessanti riflessi sulla morfologia: la caduta delle vocali atone finali. Nel padovano, vicentino e polesano -e ed -o finali si elidono soltanto dopo nasale (pan 'pane', caìn 'catino'). Nel veneziano -e cade dopo n, r, l (paron 'padrone', missier 'suocero', luminal 'abbaino'), -o dai nomi derivati col suffisso latino -eolu (ninsiol 'lenzuolo'). Nel veronese la regola è un po' più estesa che nel veneziano: -e cade dopo n, r, l , anche quando nella base etimologica compaiono consonanti lunghe (veronese val contro il veneziano vae da VALLE(M) latino, -o cade dopo n e nel suffisso -ar (da -ARIUS latino: mulinar 'mugnaio'. Spostandosi a nord, fra trevigiano e bellunese, le vocali finali tendono a una caduta sempre più generalizzata, non solo dopo consonanti semplici (dur 'duro', tosat 'ragazzo', foc 'fuoco', lof 'lupo', ledan 'letame'), ma anche dopo consonanti originariamente lunghe (pel 'pelle', fer 'ferro', fat 'fatto') e gruppi consonantici (tant 'tanto', bosc 'bosco', sorth 'sorcio')
Le forme del suffisso derivato dal latino -ARIUS : -aro, -ar, -èr, -ér, a grandi linee attribuiscono -èr alle province di Venezia, Treviso e Belluno, -aro a quelle di Vicenza, Padova e Rovigo, ma nel veronese -ér convive con -ar e nel veneziano che confina col padovano, -aro con -èr.
Di una cosa sono certa: il caleghèr del veneziano è lo scarpàro dalle mie parti, il pan rimane tale, il ninsiol diventa il ni(n)zòlo.
