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Inviato: sab, 15 dic 2012 16:19
di Jonathan
Riapro questo vecchio filone perché, leggendo l'introduzione dei Promessi Sposi, ho notato che Alessandro Manzoni non si faceva problemi a scrivere gl' seguito da parola iniziante per a (gl'anni, gl'Amplissimi, gl'altri). Sono consapevole che trattasi di soluzioni non piú accettabili, ma la domanda [mi] rimane: perché ciò che oggi è considerato un errore gravissimo, dugent'anni fa andava bene?
Inviato: sab, 15 dic 2012 16:34
di Carnby
Jonathan ha scritto:perché ciò che oggi è considerato un errore gravissimo, dugent'anni fa andava bene?
Lei scriverebbe
lo passo, come faceva Dante, peraltro in ossequio a una legge linguistica allora ancora produttiva? Leopardi usava il
se senz'accento; Foscolo scriveva
Gennajo e
Febbraro (entrambi maiuscoli); nell'Ottocento ci sono non poche attestazioni «colte» di
qual'è e
Macchiavelli (in riferimento a Niccolò). Le regole cambiano e si armonizzano con il tempo: oggi una casa editrice prestigiosa non farebbe stampare un libro con dei
perchè come avrebbe fatto, senza dubbio, un secolo fa.
Inviato: sab, 15 dic 2012 17:16
di Ferdinand Bardamu
Peraltro, le parole citate da Jonathan si trovano nell’Introduzione, nella trascrizione del passo del supposto autore secentista da cui Manzoni – nella finzione letteraria – ha tratto la storia. La perfetta imitazione dello stile barocco riguardava anche le consuetudini grafiche (h etimologiche, uso dell’i lunga dopo i, uso di u per rappresentare sia per /u/ sia per /v/ e cosí via). Quindi, Manzoni era consapevole d’usare una grafia desueta: il suo era, per cosí dire, solo un esercizio di stile…
Inviato: sab, 15 dic 2012 18:27
di Jonathan
Jonathan ha scritto:Lei scriverebbe lo passo, come faceva Dante, peraltro in ossequio a una legge linguistica allora ancora produttiva? Leopardi usava il se senz'accento; Foscolo scriveva Gennajo e Febbraro (entrambi maiuscoli); nell'Ottocento ci sono non poche attestazioni «colte» di qual'è e Macchiavelli (in riferimento a Niccolò). Le regole cambiano e si armonizzano con il tempo: oggi una casa editrice prestigiosa non farebbe stampare un libro con dei perchè come avrebbe fatto, senza dubbio, un secolo fa.
Non sta forse generalizzando un po' troppo? Ci sono forme che nel tempo spariscono completamente dall'uso comune (come
lo passo, che, mi corregga se sbaglio, troviamo ancora solo in certi dialetti); altre che non ne hanno mai fatto parte (il
se senz'accento del Leopardi); altre forme ancora, se impiegate, verranno avvertite come scelte arcaizzanti o inutilmente affettate, ma nessuno le giudicherà opera d'analfabeti (vedi il
Gennajo con la
j da lei citato), e via dicendo. Non sempre quello che cade in disuso diventa errore, o almeno errore grave. Visto che nel parlato si dice normalmente «
gl'anni» e non
gli anni (e lo si fa da secoli, immagino; stessa storia per il comunissimo ed egualmente censurato [
solo nello scritto, ovviamente]
c'hai al posto di
ci hai), io mi chiedevo perché in questo caso l'uso non è riuscito, nel corso di tutto quel tempo, a cambiare la regola. Se ho detto delle fesserie, la prego non abbia pietà.
Ferdinand Bardamu ha scritto:Peraltro, le parole citate da Jonathan si trovano nell’Introduzione, nella trascrizione del passo del supposto autore secentista da cui Manzoni – nella finzione letteraria – ha tratto la storia. La perfetta imitazione dello stile barocco riguardava anche le consuetudini grafiche (h etimologiche, uso dell’i lunga dopo i, uso di u per rappresentare sia per /u/ sia per /v/ e cosí via). Quindi, Manzoni era consapevole d’usare una grafia desueta: il suo era, per cosí dire, solo un esercizio di stile…
Che vergogna, questo m'era sfuggito clamorosamente...

Inviato: sab, 15 dic 2012 18:46
di Ferdinand Bardamu
Jonathan ha scritto:Non sempre quello che cade in disuso diventa errore, o almeno errore grave.
Se non è errore, è comunque una scelta marcata che deve trovare adeguata giustificazione. Nel caso che lei ha citato, probabilmente s’è abbandanata la grafia senza l’
i diacritico per questioni di trasparenza di pronuncia; per questo io non vedo possibile alcun recupero moderno. L’uso di
j – che non vedrei affatto male, soprattutto perché avvicinerebbe la scrittura alla pronuncia – è comunque inusuale, perché estraneo alle regole ortografiche sincronicamente valide.
Noto di passata che un eventuale ricupero di forme come
gl’altri introdurrebbe un’incoerenza analoga a quella del famigerato
c’ha. Quest’ultimo sembra rispondere piú a esigenze di trasparenza morfo-sintattica che altro: prova ne sia la sostanziale marginalità di scrizioni alternative – ma piú coerenti – come
cià.
Inviato: sab, 15 dic 2012 19:55
di Jonathan
Ferdinand Bardamu ha scritto:Noto di passata che un eventuale ricupero di forme come gl’altri introdurrebbe un’incoerenza analoga a quella del famigerato c’ha. Quest’ultimo sembra rispondere piú a esigenze di trasparenza morfo-sintattica che altro: prova ne sia la sostanziale marginalità di scrizioni alternative – ma piú coerenti – come cià.
Secondo lei [voi] l'introduzione d'una regola che prevede una diversa pronuncia delle sequenze
gl+a/h/o/u e
c+h a seconda della presenza o no dell'apostrofo danneggerebbe la struttura della lingua italiana? Meglio continuare a scrivere
gli hanno e
ci hanno per poi leggerli quasi sempre in maniera diversa? Solo curiosità la mia, s'intende.

Inviato: sab, 15 dic 2012 20:48
di Ferdinand Bardamu
Fermo restando che ci sono persone molto piú competenti di me che possono risponderle molto meglio, direi che ci sono varie considerazioni da fare al riguardo. Innanzitutto, la grafia è un sistema «vischioso», che recepisce parzialmente e in ritardo le evoluzioni della pronuncia. Poi, come ha ricordato in diverse occasioni Marco, il modo in cui scriviamo le parole è convenzionale e risente di diversi fattori, come il prestigio della lingua madre: per cui si hanno, per es., due grafemi diversi per un unico fonema, come in
cuore (lat. *
CŎRE[
M]) /ˈ
kwɔre/ e
quota (lat.
QUŎTA [
PARS]) /ˈ
kwɔta/.
Appurato che non esiste una perfetta sovrapposizione fra scrittura e pronuncia, l’introduzione di ulteriori incongruenze è da evitare. Nel caso di
c’ha, le alternative corrette ci sono, ma sono avvertite o come poco trasparenti (
cià,
ciò,
ciànno) o come troppo di nicchia (
cj hanno). Tuttavia, il cosiddetto «ci attualizzante» è un costrutto proprio dei registri piú bassi della lingua; una grafia «popolaresca» come
cià, oltre a trovare conferma in scrittori come Gadda, calzerebbe a pennello, senza scomodare la piú precisa soluzione canepariana. Ma tant’è, questo vuole l’uso.
Quanto a forme come
gl’altri, sono già in uso, perlomeno come
alternative sottostàndare (molte occorrenze in fori e blogghi, dov’è diffuso il «parlato nello scritto»). Qui però non è una questione di scelta: l’unica forma corretta è
gli altri, perché la laterale palatale /ʎ/ è sempre resa in italiano dal trigramma
gli.
Inviato: dom, 16 dic 2012 12:09
di Jonathan
Ferdinand Bardamu ha scritto:Qui però non è una questione di scelta: l’unica forma corretta è gli altri, perché la laterale palatale /ʎ/ è sempre resa in italiano dal trigramma gli.
Dopo aver riflettuto ed essermi ripetuto piú volte
gli hanno e
ci ho a una velocità normale, mi sono reso conto che non c'è proprio motivo di preferire le grafie
gl'hanno e
c'ho: esse, infatti, non possono in alcun modo essere considerate delle migliori rappresentazioni della lingua parlata. A volte anche la scoperta dell'acqua calda richiede tempo...
Inviato: mar, 22 gen 2013 13:39
di GianDeiBrughi
Ma voi riuscite veramente a dire "gli altri" senza pronunciare la "i" di "gli"?

Io se ci provo il 99,9% delle volte finisco col dire "l'altri".
Ad ogni modo vorrei porre un quesito:
è considerato molto inopportuno al giorno d'oggi elidere il pronome "che" lasciando solo la "c"?
Mi spiego con un esempio: "credo che abbia ragione"

"credo c'abbia ragione" (al posto di "credo ch'abbia ragione).
Inviato: mar, 22 gen 2013 15:08
di Carnby
GianDeiBrughi ha scritto:Ma voi riuscite veramente a dire "gli altri" senza pronunciare la "i" di "gli"?
Io sì, ma non vale: la mia è una delle zone dov'è più resistente [ʎ]: si dice
gli è vero,
un gli è mi'a, mentre a Firenze prevale
l'è vero,
ull'è mi'a.
GianDeiBrughi ha scritto:Mi spiego con un esempio: "credo che abbia ragione" → "credo c'abbia ragione" (al posto di "credo ch'abbia ragione).
Oggi sarebbe perlopiù interpretato come *«credo che ci abbia ragione».
Inviato: mar, 22 gen 2013 15:17
di Jonathan
GianDeiBrughi ha scritto:Ma voi riuscite veramente a dire "gli altri" senza pronunciare la "i" di "gli"?

Io se ci provo il 99,9% delle volte finisco col dire "l'altri".
Piú che andarsene, direi che quella
i diventa una
j, ovvero
gli hanno suona come
gl'janno. Mi si perdoni il linguaggio poco rigoroso, qualcuno dopo di me risponderà di sicuro con ben altra competenza.
Inviato: mar, 22 gen 2013 15:32
di Carnby
Jonathan ha scritto:Piú che andarsene, direi che quella i diventa una j, ovvero gli hanno suona come gl'janno. Mi si perdoni il linguaggio poco rigoroso, qualcuno dopo di me risponderà di sicuro con ben'altra competenza.
Ovvero [
ʎ'ʎjanno] (Canepari metterebbe il crono: [-an:-])? Possibile, ma non tanto frequente secondo me.
Inviato: mar, 22 gen 2013 15:48
di Jonathan
Carnby ha scritto:Ovvero [ʎ'ʎjanno] (Canepari metterebbe il crono: [-an:-])? Possibile, ma non tanto frequente secondo me.
Scusi, ma
gli hanno, per effetto del «legato», non diventa una specie di
gljànno? Che differenza c'è tra la pronuncia da me trascritta alla buona e quella [
ʎ'ʎjanno] da lei citata?
P.S. Scusate se ho modificato la parte finale del messaggio.
Inviato: mar, 22 gen 2013 22:30
di Souchou-sama
Il problema non è la trascrizione piú o meno «alla buona», ma la pronuncia stessa: quella
i non si dovrebbe sentire in alcun modo! Non [-ʎja-], ma [-ʎa-]. In italiano
neutro, s’intende.

Inviato: mar, 22 gen 2013 23:28
di PersOnLine
Jonathan ha scritto:..., qualcuno dopo di me risponderà di sicuro con ben'altra [:shock:] competenza.
Perché l'elisione?