Inviato: lun, 14 ott 2013 20:56
Neanch'io ho mai sentito il /wu/.
Spazio di discussione sulla lingua italiana / Discussion board on the Italian language
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Allegroform per [suum'pa:lo]?ippogrifo ha scritto:Ma esiste davvero chi pronuncia [swum'pa:lo] con "w" -"wu" -? Mai sentito.
Il DOP in rete non parla affatto di questa pronuncia.Amedeo De Dominicis nell’[i][url=http://www.treccani.it/enciclopedia/fonologia_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/]Enciclopedia dell’Italiano[/url][/i] ha scritto:L’assenza di */ji/, */wu/, */ij/ e */uw/ può essere spiegata come un caso particolare di applicazione di un principio di organizzazione fonologica noto come OCP (Obligatory Contour Principle). Si tratta di un vincolo negativo che inibisce nei sistemi linguistici la creazione di adiacenze soggiacenti di fenomeni identici o fortemente affini (Leben 1973; Goldsmith 1976). Nel nostro caso, spiega come mai non appaiano dittonghi formati da due foni di timbro uguale.
O, forse, vale, ma è più alta la soglia sotto la quale due suoni "fortemente affini" vengono ancora percepiti come sufficientemente distinti. Potrebbe essere?ippogrifo ha scritto: [...] vincolo fonologico [c]he, ovviamente, vale per l'italiano, ma non vale, ad es., per l'inglese e neppure - come scrive il Canepari - per il cinese mandarino.
Domanda difficile, che ci riporta ai tentativi di costruzione di una «grammatica universale» ancora lontani da una conclusione scientifica attendibile.Animo Grato ha scritto:O, forse, vale, ma è più alta la soglia sotto la quale due suoni "fortemente affini" vengono ancora percepiti come sufficientemente distinti. Potrebbe essere?
Mi ricorda di una cosa che mi venne detta all'università. A proposito del principio del «minimo sforzo» (che si trova anche in Malmberg) venne fatto un controesempio per cercare di dimostrare che ci fosse anche un principio di «distintività» che contrastava la tendenza all'assimilazione. L'esempio era il rumeno lapte < LACTE dove -pt- pare obbedire a una logica di «massimo sforzo articolatorio», ma questo non è dovuto necessariamente a un'esigenza di differenziazione fonematica e prova ne è il fatto che in rumeno -CT- passa sempre a -pt-.ippogrifo ha scritto:L'origine di determinati dittonghi è "spiegata" tramite il principio di "Vokaldifferenzierung". Il "contrasto" rende più "saliente" la pronuncia, "attira" più agevolmente l'attenzione dell'interlocutore. Sarà pure così. Mezza pagina dopo per spiegare l'evoluzione dello stesso, ma anche di altri dittonghi s'invoca un principio che - per semplificare - tradurrei con assimilazione e si giustifica il fenomeno storicamente determinatosi mediante l'esigenza di economicità / ergonomicità dell'impegno articolatorio. Si corre davvero il rischio di fornire spiegazioni "ad hoc".
E' difficile trovare una risposta forte, mi sa che la cosa rientri nel gusto personale.Zabob ha scritto:Al di là dell'aneddoto, fino a che punto mi dovrei spingere io? e fino a che punto deve spingersi un attore professionista (dove quello "spingersi" implica anche un "allontanarsi dalla tendenza modernizzante")?
Il pubblico fa caso a cose diverse, a seconda della propria parlata.Zabob ha scritto:Ciò anche in rapporto agli altri, perché non so cosa è peggio, se sentire tre "sorelle" sul palco che parlano di una zia dicendo l'una "la/tsts/ia", l'altra "la/dz/ia" e la terza "la/dzdz/ia" oppure sentire da tutte e tre una dizione magari "impropria" ma almeno concorde (ammesso poi che il pubblico ci faccia caso, ma questo è un altro discorso...).
Per carità adotti la pronuncia tradizionale o quella [canepariamente] «moderna», ma non faccia «misti» delle due (tranne, eventualmente, per quei vocaboli per i quali la dizione riportata per seconda dal DOP coincida con la variante moderna) o inserendovi elementi estranei a entrambe.Zabob ha scritto:Secondo voi qual è la pronuncia che dovrebbe adottare un moderno attore di teatro, seppur dilettante? Conformarsi alla pronuncia tradizionale o accogliere le tendenze di quella moderna?
Può farmi qualche esempio?Infarinato ha scritto:...non faccia «misti» delle due (tranne, eventualmente, per quei vocaboli per i quali la dizione riportata per seconda dal DOP coincida con la variante moderna)
Mi scusi, ma codesto non è un problema di dizione, sibbene di quieto vivere: Lei è ovviamente libero di fare le sue scelte. Nulla però vieterebbe a Lei personalmente d’adottare [tacitamente] la pronuncia tradizionale e, qualora fosse ripreso dall’insegnante, laconicamente rispondere: «Mi scusi, ma [qui] io m’attengo alla pronuncia tradizionale fiorentina della lingua italiana».Zabob ha scritto:[H]o già sentito un nuovo insegnante dire (e naturalmente far dire) "pranzo" con la 'z' sorda e ho pensato che non sta bene che un allievo ultimo arrivato faccia il saccente correggendo l'insegnante (che a sua volta ne saprà di più di me su mille altri aspetti della recitazione).
Con codesto atteggiamento non si va da nessuna parte (ed è sostanzialmente la ragione per cui in Italia abbiamo mille varianti di dizione attoriale): troppo comodo!Zabob ha scritto:[È] praticamente impossibile conoscere tutte le regole ed eccezioni dell'una e dell'altra, quindi qualche "errore" prima o poi scappa…
E Lei, coi discrasici obbrobri che si sentono a giro tra i «professionisti», si fa codesti scrupoli «filologici»? Stiamo parlando delle pronunce tradizionale e moderna, non —per dire— di quelle regionali lombarda e siciliana!Zabob ha scritto:[D]ocenti a parte, su un palco si va in tanti, sarebbe assurdo che io scelga un'impostazione "tradizionale" se poi un altro segue quella "moderna"…