Alinei e AIS
Inviato: lun, 07 set 2015 16:37
Ritengo che la confutazione delle teorie dell'Alinei non meriti tanto impegno. Né il nostro tempo.
Anche perché essa è già stata brillantemente effettuata dagli studiosi. Scrive il Loporcaro nel Profilo linguistico dei dialetti italiani – pag. 45 -: “Sostenere che una forma linguistica dev'essere necessariamente antica quanto l'invenzione del suo referente (è questo il criterio dell' autodatazione lessicale di Alinei) vuol dire ignorare il principio dell'autonomia del significante. Dato un segno linguistico articolato, saussurianamente in significante (forma fonica) e significato (nel nostro caso /mattea/ “bastone”, poi “aratro/vomere”), quel che certamente si «autodata» entro la lingua con la datazione dell'innovazione tecnologica è il significato, non certamente uno specifico significante, essendo il rapporto tra i due di natura arbitraria.”
Né la linguistica dev'essere “moralistica”. Non dobbiamo corrispondere alle indubbie “arrampicate sugli specchi” dell'autore con la legge del contrappasso ricorrendo a prestazioni di natura assimilabile o superiore.
Tornando a bomba. Se si esamina con occhi limpidi e scevri da preconcetti la tavola dell'AIS dedicata al vomere, essa parla abbastanza chiaramente. Nonostante alcune difficoltà e conseguenti pasticcetti dei giovani tedeschi.
Essa dice assai semplicemente che una parte significativa dell'Italia settentrionale aveva il termine mazza , pronunciato massa da lunghi secoli. Il fonema [ʦ] non si conservò in questa parte d'Italia, come in molte altre - se non in zone relegate dotate di linguaggio particolarmente arcaico - in continuità anche con quanto si verificò nelle due lingue della Francia, nel castigliano, nel catalano et c. . . . . La spiegazione è del tutto banale e discende da un dato fonetico (non semantico) oggettivo e di estesissima generalizzabilità. Ipotizzare un'alchimia tale per cui si debba essere intrusivamente inserito il termine massa - e non la sola pronuncia! - ad un certo punto dell'evoluzione linguistica (e per motivi non noti e non specificabili!) viola qualsiasi principio di parsimonia esplicativa - v. rasoio di Ockham et c. -. In un contesto linguistico che ignorava fino a qualche generazione fa la stessa voce massa!
Si è verificato - sempre sulla stessa tavola dell'AIS - quali siano i punti “siciliani” in cui si dice massa ? Sono i punti gallo-italici - Aidone, S.Michele - e zone da essi influenzate. Quindi nulla aggiungono (e nulla tolgono) al discorso sin qui fatto. Rimandano nuovamente all'Italia settentrionale e alle considerazioni fatte. Se mai, ciò può risultare interessante in merito alla datazione della “colonizzazione” gallo-italica della Sicilia e alla durata temporale di questi processi d'immigrazione. Ma risulta essere tutt'altro discorso . . .
Si ritorna sempre alla transizione fonetica evolutiva del fonema [ʦ], al ceppo in legno dell'aratro su cui s'innestò il vomere, al bastone col quale si forava la terra per inserire il seme come si vede rappresentato anche nei sussidiari delle scuole.
Risulta quasi impossibile - a mente serena - contrastare la limpidità e la chiarezza. D'altronde, le teorie dell'Alinei non hanno bisogno di ulteriori confutazioni. Men che meno di malcerte. Ne hanno già ricevute molte, assolutamente limpide e chiare - v. ad es., nel § 2.3 del Profilo del Loporcaro citato, di cui ho sinteticamente e letteralmente riferito -
Anche perché essa è già stata brillantemente effettuata dagli studiosi. Scrive il Loporcaro nel Profilo linguistico dei dialetti italiani – pag. 45 -: “Sostenere che una forma linguistica dev'essere necessariamente antica quanto l'invenzione del suo referente (è questo il criterio dell' autodatazione lessicale di Alinei) vuol dire ignorare il principio dell'autonomia del significante. Dato un segno linguistico articolato, saussurianamente in significante (forma fonica) e significato (nel nostro caso /mattea/ “bastone”, poi “aratro/vomere”), quel che certamente si «autodata» entro la lingua con la datazione dell'innovazione tecnologica è il significato, non certamente uno specifico significante, essendo il rapporto tra i due di natura arbitraria.”
Né la linguistica dev'essere “moralistica”. Non dobbiamo corrispondere alle indubbie “arrampicate sugli specchi” dell'autore con la legge del contrappasso ricorrendo a prestazioni di natura assimilabile o superiore.
Tornando a bomba. Se si esamina con occhi limpidi e scevri da preconcetti la tavola dell'AIS dedicata al vomere, essa parla abbastanza chiaramente. Nonostante alcune difficoltà e conseguenti pasticcetti dei giovani tedeschi.
Essa dice assai semplicemente che una parte significativa dell'Italia settentrionale aveva il termine mazza , pronunciato massa da lunghi secoli. Il fonema [ʦ] non si conservò in questa parte d'Italia, come in molte altre - se non in zone relegate dotate di linguaggio particolarmente arcaico - in continuità anche con quanto si verificò nelle due lingue della Francia, nel castigliano, nel catalano et c. . . . . La spiegazione è del tutto banale e discende da un dato fonetico (non semantico) oggettivo e di estesissima generalizzabilità. Ipotizzare un'alchimia tale per cui si debba essere intrusivamente inserito il termine massa - e non la sola pronuncia! - ad un certo punto dell'evoluzione linguistica (e per motivi non noti e non specificabili!) viola qualsiasi principio di parsimonia esplicativa - v. rasoio di Ockham et c. -. In un contesto linguistico che ignorava fino a qualche generazione fa la stessa voce massa!
Si è verificato - sempre sulla stessa tavola dell'AIS - quali siano i punti “siciliani” in cui si dice massa ? Sono i punti gallo-italici - Aidone, S.Michele - e zone da essi influenzate. Quindi nulla aggiungono (e nulla tolgono) al discorso sin qui fatto. Rimandano nuovamente all'Italia settentrionale e alle considerazioni fatte. Se mai, ciò può risultare interessante in merito alla datazione della “colonizzazione” gallo-italica della Sicilia e alla durata temporale di questi processi d'immigrazione. Ma risulta essere tutt'altro discorso . . .
Si ritorna sempre alla transizione fonetica evolutiva del fonema [ʦ], al ceppo in legno dell'aratro su cui s'innestò il vomere, al bastone col quale si forava la terra per inserire il seme come si vede rappresentato anche nei sussidiari delle scuole.
Risulta quasi impossibile - a mente serena - contrastare la limpidità e la chiarezza. D'altronde, le teorie dell'Alinei non hanno bisogno di ulteriori confutazioni. Men che meno di malcerte. Ne hanno già ricevute molte, assolutamente limpide e chiare - v. ad es., nel § 2.3 del Profilo del Loporcaro citato, di cui ho sinteticamente e letteralmente riferito -