Pagina 4 di 4
Inviato: lun, 07 mag 2007 11:07
di Bue
Aggiungerei che camera oscura nel senso di "stanza in cui si sviluppano le fotografie" e` gia` il risultato di un'estensione semantica, giacche' originariamente camera oscura stava a significare "camera ottica", il dispositivo ottico alla base della fotografia. Quando Canaletto dipingeva le sue vedute servendosi della camera oscura, non andava certo a sviluppare foto!
Inviato: lun, 07 mag 2007 11:20
di bubu7
giulia tonelli ha scritto: Ma quando si tratta di un termine che uno CONOSCE, un termine di cui sa le sfumature, un termine che sa come si usa, allora si rende conto perfettamente che l'estensione semantica e' impossibile. Un applauso.
Se avesse evitato il maiuscolo per
conosce avrebbe meritato il primo premio per l'ironia (si dovrà accontentare del secondo...

).
Neanche Bue l'ha capita...

Inviato: lun, 07 mag 2007 11:51
di Bue
bubu7 ha scritto:
Neanche Bue l'ha capita...


Non l'ho capita! (soprattutto la storia del maiuscolo)

Inviato: lun, 07 mag 2007 13:30
di Marco1971
giulia tonelli ha scritto:Marco1971 ha scritto:Solo che, in quel senso, mi pare che nessuno direbbe camera oscura... Tutto qui.
Stupendo. Quando si tratta di termini informatici, allora le estensioni semantiche vanno benissimo, e se uno osa dire "ma nessun informatico direbbe mai cosi'!" si viene subissati di sprezzanti commenti, di non tanto velati insulti di codardia, di essere reazionari, assurdi e incapaci di cogliere le meravigliose rivoluzionarie opportunita' che la lingua offre, pecoroni che non siamo altro. Ma quando si tratta di un termine che uno CONOSCE, un termine di cui sa le sfumature, un termine che sa come si usa, allora si rende conto perfettamente che l'estensione semantica e' impossibile. Un applauso.
Non posso certo impedire alla signorina Giulia Tonelli di nutrire per me una naturale avversione, né di avvalersi d’ogni possibile cavillo per deridermi. Faccio tuttavia notare che le sue considerazioni sono inesatte: la maggior parte dei termini per i quali propongo un’alternativa italiana sono a me noti per uso e significato. Inoltre non mi pare d’aver detto da nessuna parte che l’estensione semantica, in questo specifico caso, sia
impossibile. Qui mi riferivo piú che altro – benché non l’abbia espresso chiaramente – alla lunghezza del termine
camera oscura per
darkroom, parola che mi sembra si potrebbe rendere collo svelto e espressivo
buia.
Chiusa la digressione, spero che la discussione prosegua in un clima piú sereno e costruttivo. Grazie.
Inviato: lun, 07 mag 2007 14:18
di bubu7
Federico ha scritto:giulia tonelli ha scritto:Tra l'altro, dimostra che perfino un neologismo, se coniato sul campo dagli addetti al settore, non crea difficoltà alcuna. Un addetto al settore sa, istintivamente, cosa è accettabile e cosa è ridicolo in un certo ambiente.
Sicuramente è meglio se i neologismi sono creati da chi li deve effettivamente usare e ne conosce l'ambito, tuttavia da qui a dire che un neologismo se creato dagli addetti è sicuramente giusto (per magia? per quali motivi arcani che non rendano possibile altro percorso?) mentre uno suggerito dall'esterno non può che risultare dannoso e controproducente, ne corre...
Osservazioni interessanti... ma io direi che anche un addetto ai lavori, che si mettesse a coniare traducenti, avrebbe serie difficoltà a far accettare i propri termini. Un esempio analogo è quello del traduttore tecnico che si permettesse d'inserire neologismi come traducenti:
Freelancer e
Bue ci hanno raccontato vari aneddoti sulle poco benevole reazioni dei revisori...
Diverso è il caso della creazione estemporanea di cui parla
Giulia Tonelli. Lì per lì questa è compresa immediatamente, dato il contesto sociale e psicologico nel quale nasce; ma il passaggio dall'uso gergale all'uso comune nell'ambiente tecnico è tutt'un'altra cosa (non vi è traccia, su uno dei maggiori motori di ricerca, di
*cortolista- to/ti/re).
Inviato: lun, 07 mag 2007 14:33
di giulia tonelli
Marco, quando fa cosi' il sussiegoso e' irresistibile. Io non ho nessuna avversione, tantomeno "naturale", nei suoi confronti. Semplicemente mi diverto a prenderla in giro, quando esagera nei toni, o quando usa un argomento che invece condanna se usato da altri. Lei non ha mai lasciato passare a nessuno l'argomento "nessuno del ramo direbbe mai cosi'". Ha sempre reagito, e con un'avversione molto meno scherzosa della mia.
p.s.: Donna Lucrezia consiglia: quando ci si rivolge a una donna della mia eta', il bon ton richede di chiamarla signora, non signorina.
Inviato: lun, 07 mag 2007 18:12
di Marco1971
Allora, Giulia, vorrei chiarire solo una cosa: io non ho detto – o non intendevo dire – che chi frequenta quel ch’io chiamo le buie non si sognerebbe mai di chiamarle
camere oscure. Il mio commento, ripeto, (seppur implicito) riguardava il fatto che probabilmente nessuno abbandonerebbe un termine come
darkroom per una parola piú lunga; non già il fatto che l’estensione semantica di
camera oscura sia di per sé un’aberrazione (perché non lo penso affatto). Come s’è ripetuto fino alla nausea, oggi si tende a preferire le parole brevi.
Mi scusi per il «signorina». In realtà pensavo che l’avrebbe gradito proprio perché la ringiovanisce.

Inviato: lun, 07 mag 2007 18:41
di Freelancer
Marco1971 ha scritto:Il mio commento, ripeto, (seppur implicito) riguardava il fatto che probabilmente nessuno abbandonerebbe un termine come darkroom per una parola piú lunga; non già il fatto che l’estensione semantica di camera oscura sia di per sé un’aberrazione (perché non lo penso affatto). Come s’è ripetuto fino alla nausea, oggi si tende a preferire le parole brevi.
Secondo me si tende a dare un peso eccessivo all'importanza che la brevità dell'anglismo ha sulla sua diffusione, e quindi sul fatto che un possibile sostituto se breve o se tende a riprodurre per calco la brevità dell'inglese, automaticamente si qualifica come appropriato.
È senz'altro vero che la brevità conta laddove la parola esprime con estrema sintesi il concetto, perché assolutamente originario, e quindi la resa italiana non potrebbe che richiedere una perifrasi. Un esempio banale tra i tanti possibili:
sit-in.
Ma a meno di non voler mettersi a contare le lettere - né varrebbe la pena quando si pensi al fatto che gli italiani non si spaventano per niente a usare parole lunghe e anche alla faccia della cacofonia, si pensi a
razionalizzazione - non si spiega perché nel settore informatico, ad esempio, tante persone dicano
tool anziché
strumenti, né perché abbia buona diffusione
esternalizzazione come alternativa a
outsourcing.
Inviato: lun, 07 mag 2007 21:05
di Federico
bubu7 ha scritto:Diverso è il caso della creazione estemporanea di cui parla Giulia Tonelli. Lì per lì questa è compresa immediatamente, dato il contesto sociale e psicologico nel quale nasce; ma il passaggio dall'uso gergale all'uso comune nell'ambiente tecnico è tutt'un'altra cosa (non vi è traccia, su uno dei maggiori motori di ricerca, di *cortolista- to/ti/re).
Verissimo: tuttavia, una creazione estemporanea come questa, o in generale una scelta quasi isolata, ha qualche possibilità di diventare comune all'interno di un gruppo ristretto se sostenuta da una sua intrinseca efficacia o dall'autorevolezza del proponente, e una volta costituitosi uno zoccolo duro può espandersi, e magari essere poi registrata in un glossario, dizionario o altro testo specialistico, raggiungendo cosí un pubblico molto piú vasto; è difficile arrivare allo stesso risultato senza il primo passaggio.
Pensavo ad esempio alla possibilità che un qualche professore attento all'esigenza di farsi capire dai propri studenti conii o adotti un termine italiano in sostituzione di un tecnicismo straniero, dando inizio alla sua diffusione fra i propri studenti.
Ma può valere come esempio anche una persona che all'interno di un gruppo di amici introduca una nuova parola per indicare un oggetto comune.
Inviato: mer, 09 mag 2007 19:50
di Decimo
Perdonatemi se interrompo brevemente la vivace disputa, ma vorrei per un attimo prestare attenzione al titolo del filone: vi prego pertanto di considerare questo mio intervento come una brevissima parentesi.
Dei termini mancanti in lista vi sono anche
overfitting e
backpropagation.
La voce di
Wikipedia dà per il primo "
adattamento eccessivo", ma con una semplice ricerca su
Google è possibile constatare la discreta presenza di
sovradattaménto e anche di
sovrapprendiménto (evidente calco del francese
surapprentissage): io insisterei sul primo.
Per il secondo basta
retropropagazióne, anch'esso piuttosto diffuso.
Inviato: mer, 09 mag 2007 21:15
di Marco1971
Questi termini non li conosco (né li trovo nell’OED [versione 3.1], ma forse ho guardato male). Cosa significano di preciso?
Nel GRADIT c’è
sovradattamento con questo significato:
sovradattamento TS elettr. accoppiamento tra un carico e un generatore in modo che il primo abbia un’impedenza maggiore di quella del secondo SIN. Iperadattamento.

Inviato: gio, 10 mag 2007 0:07
di methao_donor
Per backpropagation intende il sistema di apprendimento delle reti neurali? Io l'ho trovato in quel contesto, non so se abbia anche altri significati.
Comunque, naturalmente, retropropagazione è perfetto e, se non erro, l'ho già sentito usare (come del resto conferma la sua ricerca su google).
Sui dizionari che ho consultato non lo trovo, ma, del resto, non riportano neanche backpropagation. Probabilmente è "troppo" tecnico per i dizionari (a meno che, appunto, non abbia altri significati oltre a quello a me noto).
Comunque, sempre se ben rammento, ho trovato anche propagazione all'indietro e propagazione inversa (ma su quest'ultimo ho un dubbio che sia un "calco mentale" dal ceco).
Inviato: gio, 10 mag 2007 10:11
di bubu7
Infarinato ha scritto: Bimbi, posso chiedervi di aprire [in questa sezione] un nuovo filone per ogni nuova proposta che volete discutere? Dopotutto, questa è la prassi che avremmo sempre dovuto seguire.
Questo filone diventerà [modifica di bubu7] tecnicamente ingestibile oltre che assai poco utile, vista la difficoltà di rintracciare alcunché nel suo mare magnum.
Grazie.
