Ahahah. Mi scusi, non avevo capito.fiorentino90 ha scritto:Lei è stato un giudice spietato![]()
! Mi riferivo alla sua alunna, cioè «professoressa», che ha trovato mille scuse per difendersi dalle accuse!

Moderatore: Cruscanti
Ahahah. Mi scusi, non avevo capito.fiorentino90 ha scritto:Lei è stato un giudice spietato![]()
! Mi riferivo alla sua alunna, cioè «professoressa», che ha trovato mille scuse per difendersi dalle accuse!
Mi rendo conto che l'argomento cui accenna l'utente non risulta centrale nell'ambito della discussione, ma ritengo, dato che la confusione che egli dimostra si riscontra non infrequentemente anche in persone colte, che vada ben chiarito il fatto che il tratto - allofonico - relativo alla "quantità" dei fonemi vocalici della lingua italiana non ha nulla a che vedere con quella che era la "quantità" delle corrispondenti vocali latine etimologiche.Bue ha scritto: ven, 07 set 2007 18:22Beh io sapevo che si era mutata gia` nel latino parlato all'epoca di Cicerone in distinzione tra vocali aperte e chiuse (basse e medioalte), che e` rimasta fonemica in italiano, anche se non so quante (credo nessuna) coppia minima in italiano ad esempio tra "i" ed "e" chiusa, o tra "e" chiusa e aperta venga direttamente dalla corrispondente coppia minima in latino tra I lunga e breve o tra E lunga e breve.... L'unica coppia latina che mi viene in mente e` (appunto) vĕnit (presente, vocale breve) vs. vēnit (perfetto, vocale lunga) che ha avuto come esito viene/venne (in cui la lunghezza relativa delle vocali si e` invertita...)Marco1971 ha scritto: Aggiungo che la distinzione tra vocali lunghe e brevi s’era persa già in latino (il che spiega la fortuna di bucca[m] al posto di ōs, ōris [lunga], che si confondeva con ŏs, ŏssis [breve]).
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