Discussione sui traducenti di forestierismi

Spazio di discussione su prestiti e forestierismi

Moderatore: Cruscanti

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miku
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Intervento di miku »

Federico ha scritto:
Gino Zernani ha scritto:si pensi a Gotha, presente quale traducente per elite: seguendo il suo ragionamento farebbe Gota (con buona pace delle guance!).
Infatti vi è solo per la ricerca del "meno peggio". In prospettiva, l'obiettivo potrebbe essere di scriverlo "gota", né ci vedrei nulla di male.
Ehm, non so come dirlo, ma Gotha è il nome di un almanacco, dalla città della Germania dove veniva stampato... giù le dita dell'adattamento da Gotha! :lol:
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Intervento di Freelancer »

Federico ha scritto:... la conservazione della «sacrosanta veste alloglotta» - come l'ha definita Marco -
"sacrosanta veste alloglotta" è espressione usata da Arrigo Castellani nel saggio Vendistica e il concetto di bizzarro.

Suggerirei, a chi partecipa a un'impresa di tentativi di italianizzazione come quella che si svolge in questo forum, di leggersi e rileggersi tutti gli scritti di Castellani sugli anglismi, come chiaramente ha fatto Marco, perché ne costituiscono l'ossatura.

:-)
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Federico
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Intervento di Federico »

Freelancer ha scritto:
Federico ha scritto:... la conservazione della «sacrosanta veste alloglotta» - come l'ha definita Marco -
"sacrosanta veste alloglotta" è espressione usata da Arrigo Castellani nel saggio Vendistica e il concetto di bizzarro.

Suggerirei, a chi partecipa a un'impresa di tentativi di italianizzazione come quella che si svolge in questo forum, di leggersi e rileggersi tutti gli scritti di Castellani sugli anglismi, come chiaramente ha fatto Marco, perché ne costituiscono l'ossatura.

:-)
Grazie. È effettivamente una lacuna da colmare...
Hmm... in biblioteca dovrebbero averli.

Vi sottopongo un'altra questione.
Lo "speakeraggio" è anche
Treccani in linea ha scritto:Nel montaggio di documentarî televisivi, spec. di carattere pubblicitario, la preparazione del testo parlato da sovrapporre alle immagini.
Non si potrebbe allora chiamarlo col nome di doppiaggio, che è
Treccani in linea ha scritto:In cinematografia, registrazione del parlato che, nell'approntamento della colonna sonora, viene fatta in un tempo successivo alla ripresa. operazione tecnica indispensabile quando si debba ottenere il parlato in una lingua diversa dall'originale, quando il film è stato girato in esterni e in condizioni sfavorevoli per la registrazione della voce, quando l'attore abbia una dizione imperfetta, ma a cui si ricorre anche in altri casi, per avere una migliore qualità tecnica (e allora può essere l'attore stesso che si doppia).
?
fabbe
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Intervento di fabbe »

Si, io credo che anche "lettura" sia sufficiente in molti casi.
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Intervento di Freelancer »

Federico ha scritto:Vi sottopongo un'altra questione.
Lo "speakeraggio" è anche
Treccani in linea ha scritto:Nel montaggio di documentarî televisivi, spec. di carattere pubblicitario, la preparazione del testo parlato da sovrapporre alle immagini.
Non si potrebbe allora chiamarlo col nome di doppiaggio, che è
Treccani in linea ha scritto:In cinematografia, registrazione del parlato che, nell'approntamento della colonna sonora, viene fatta in un tempo successivo alla ripresa. operazione tecnica indispensabile quando si debba ottenere il parlato in una lingua diversa dall'originale, quando il film è stato girato in esterni e in condizioni sfavorevoli per la registrazione della voce, quando l'attore abbia una dizione imperfetta, ma a cui si ricorre anche in altri casi, per avere una migliore qualità tecnica (e allora può essere l'attore stesso che si doppia).
?
Pur non occupandomi di mestiere né di doppiaggio né di speakeraggio credo di poter dire che non sono la stessa cosa, perché il primo ha luogo dopo una traduzione e il testo va adattato non semplicemente alla durata delle immagini, come nel caso del secondo, bensì anche al movimento delle labbra degli attori.
Gino Zernani
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Intervento di Gino Zernani »

Federico ha scritto:
Gino Zernani ha scritto:non hanno nulla a che vedere con il nome proprio di una fazione di tifosi di calcio.
Per la verità non si tratta di questo: pare sia il nome di una famiglia se non ricordo male irlandese particolarmente rissosa, arrivato in Italia attraverso la Russia (questo non so quando: probabilmente se n'è persa memoria e abbiamo reimportato direttamente dall'Inghilterra il termine hooligan, nel frattempo passato a definire i tifosi violenti).
NO. Quella della famiglia irlandese mi giunge nuova e potrebbe pure essere: non è questo il punto. Hooligan è certamente il nome proprio della fazione più violenta, un gruppo di "ultrafanatici", della squadra (di calcio) del Liverpool, passati alla storia per la trista faccenda dello stadio belga Heisel, in cui morirono parecchi italiani tifosi della Juventus in maniera agghiacciante. E dunque è un nome proprio: una designazione per antonomasia. Proprio come Gotha, città della Turingia. Aggiungo a quanto le ha già detto il buon Miku al riguardo che l'almanacco in questione colà impresso raccoglieva la genealogia dei rami nobiliari Europei più prestigiosi, la crema della nobiltà, donde Gotha.
Il mio parere è: al giorno d'oggi non traducibile. Ai tempi di Cartesio e Bacone (interessante per noi: non fecero Francesco Pancetta)
sicuramente nessuno avrebbe eccepito uligano: vi è che quei sei che avrebbero potuto farlo, erano sempre d'accordo!

Quanto all'"amburghese" di Mac Donald: è già tanto definirlo svizzera, ché le svizzere del macellaio sotto casa son di gran lunga più buone.
Avatara utente
Freelancer
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Intervento di Freelancer »

Sto rileggendo, nelle pause del lavoro, qualche pagina del Klajan, Influssi inglesi nella lingua italiana, opera la cui lettura è indispensabile per chi si vuole occupare degli anglismi, e vorrei consegnare alle riflessioni dei partecipanti del forum queste righe, scritte da Klajan nel 1977:
La principale innovazione fonologica dell'italiano moderno è senza dubbio la diffusione, dalla metà del secolo scorso in poi, delle parole a consonante finale: un fenomeno giudicato tanto decisivo dal Devoto da indurlo a parlare di un"terzo sistema fonologico" nella storia dell'italiano. [...] Molto pertinente a questo riguardo ci sembra l'osservazione di Folena, secondo cui la lingua italiana, "unica delle grandi lingue di cultura", non accetta facilmente le parole a finale consonantica, eppure è costretta a farlo per non privarsi di centinaia di termini d'uso internazionale. Infatti, una restrizione tanto severa qual è l'esclusione delle consonanti in fine di parola impedisce lo sviluppo naturale della lingua, e prima o poi deve cadere davanti alle esigenze dell'arricchimento lessicale. Ne abbiamo prova in altre lingue, a partire dall'inglese stesso. [L'inglese una volta non tollerava la finale -a (cf. ancor oggi nei dialetti idee, Barbary, Californy ecc.) ma essa vi è penetrata attraverso i numerosi prestiti del tipo umbrella. Il serbocroato, che fino al secolo scorso eliminava i nessi consonantici finali dei forestierismi per mezzo dell'epentesi vocalica (Aleksandar, ritam) oggi li lascia inalterati persino in parole come infarkt o ansambl.]
L'italiano per secoli ha cercato di reagire assiilando le finali consonantiche, aggiungendo cioè una vocale paragogica (la letteratura italiana è piena di forme quali Minosse, Gerusalemme, Saulle ecc.; o più raramente, eliminando la consonante come in Gionata, Belzebù. Oggi tale adattamento non è più possibile, se si eccettua l'aggiunta di un vago suono vocalico nella pronuncia di alcuni individui, soprattutto toscani e meridionali (vedi club, boom, yacht, jeep in 3.3). Per quanto certi lessicografi, fino a tempi molto recenti, abbiano caldeggiato le forme "toscane" come gasse, gasso, rumme, golfe, revolvere, filme, filmo ecc., la lingua nazionale non ha potuto accettarle, perché si sentono come antiquate o dialettali.
Le cause di questo mutato atteggiamento sono in gran parte interne: il generale decadimento dell'assimilazione, l'economia linguistica [De Mauro vede, in queste parole, "il segno più evidente, a un tempo un effetto e una causa, di una notevole trasformazione delle norme di utilizzazione dei fonemi italiani... tendente a un impiego più economico dei fonemi esistenti attraverso un accresciuto numero di possibilità combinatorie".] e, non meno importante, il desiderio di evitare l'incertezza fra le varie forme adattate (in -e, in -o, con consonante raddoppiata, con consonante semplice, ecc.). È la tendenza chiamata dal Fochi polemicamente "precisionismo" e che secondo De Mauro è caratteristica dell'italiano di oggi: il mantenimento per ogni parola di un'unica forma fissa, anteponendo le esigenze lessicali alle fonetiche.
[...] È certo, tuttavia, che la trasformazione non si sarebbe verificata così rapidamente senza l'invasione dei forestierismi, che negli ultimi due secoli sono arrivati in numero troppo grande perché le già languenti forze assimilative potessero opporvisi.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Il Klajn sembra di parte, e soprattutto, almeno nel brano riportato, pare capir poco dei fenomeni fonetici: la finale -a non tollerata dall’antico inglese (a suo dire) e sostituita, nei dialetti, da altre vocali, non ne altera la struttura in modo alcuno. Quelli che il Klajn chiama «alcuni individui» sono un numero piuttosto consistente di parlanti, considerando non solo la popolazione residente al disotto della linea La Spezia-Rimini, ma anche i molti emigrati nelle grandi città settentrionali. E se crede alla fantasmatica esistenza di forme come gasso e filmo, allora proprio non c’è piú nulla da fare per lui...

Quanto alla presunta dialettalità delle forme con vocale d’appoggio, vorrei ben vedere che, se la televisione cominciasse a renderle familiari, non lo diventassero, come se tutta la popolazione avesse lo stesso sentimento di rigetto di fronte a forme del tutto normali.

Non v’è, inoltre, alcun senso d’incertezza, in questi adattamenti, per quanto riguarda l’eventuale raddoppiamento della consonante (almeno per chi sa qualcosa di fonetica)... Manteniamo adunque un’unica forma fissa, senz’oscillazioni: bumerango, búnchero, clicco, computiere, ecc. In tal modo non c’isoliamo, ma diamo all’apporto lessicale forestiero una forma naturale.
Avatara utente
Federico
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Iscritto in data: mer, 19 ott 2005 16:04
Località: Milano

Intervento di Federico »

Freelancer ha scritto:Pur non occupandomi di mestiere né di doppiaggio né di speakeraggio credo di poter dire che non sono la stessa cosa, perché il primo ha luogo dopo una traduzione e il testo va adattato non semplicemente alla durata delle immagini, come nel caso del secondo, bensì anche al movimento delle labbra degli attori.
Certo. Questo è l'uso attuale (non del tutto rispettato dai non addetti ai lavori), però a partire dalla definizione di base di "doppiaggio" è possibile una piccola estensione.
Lettura è una traduzione piú generica, ma certo utile.
fabbe
Interventi: 454
Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 20:57

Intervento di fabbe »

Io non credo sia avvenuta questa presunta innovazione del sistema fonologico italiano. Le parole straniere sono in uso maggiormente nei sistemi di comunicazione di massa, non fra la gente (almeno secondo me).

Qui si va fuori tema però perché il nocciolo della questione dei foresterismi non è (solamente) la vocale finale ma l'importazione di parole prese pare pare da un'altra lingua (incluso scrittura, grammatica e fonetica), da un altra cultura e quindi non generate dai parlanti italiani dal basso ma diffuse dai sistemi di comunicazione dall'alto.

Quindi anche ammettendo il nuovo sistema fonetico dovremmo comunque trovare traducenti italiani dove si esprima quella diversità italiana che la distingue come lingua.

Allora se ci interessa che l'italiano continui a creare e che continui a differenziarsi nel lessico dalle altre lingue è saggio preparare adattamenti.
primastrega
Interventi: 38
Iscritto in data: ven, 21 ott 2005 13:18

Intervento di primastrega »

Freelancer ha scritto:Federico ha scritto:
...ma mettere bumerango nella lista male non fa.



Invece male fa, perché può provocare una reazione di rigetto totale in chi magari partirebbe con le migliori intenzioni di non abusare di certi anglismi.

Sono pienamente d’accordo con Freelancer.

Segnalo soltanto:
per flou: va bene sfocamento ma è preferibile e più usato sfocatura o sfuocatura; dissolvenza non va bene: è un’altra cosa .

Speaker: è anche una figura professionale e speakeraggio è l’atto dello speakerare. Come si può notare, speakeraggio e speakerare sono adattamenti (e se non sono inseriti nei dizionari, posso senz’altro affermare che sono usatissimi tra gli addetti ai lavori).
Può andar bene in alcuni casi lettore, in altri lettura ma, appunto, solo in alcuni casi (e in tali casi vengono usati).

fabbe ha scritto:il nocciolo della questione dei foresterismi non è (solamente) la vocale finale ma l'importazione di parole prese pare pare da un'altra lingua (incluso scrittura, grammatica e fonetica)
Mi sembrava di ricordare, in verità, che il nocciolo della questione fosse la ricerca degli anglismi inutili…
In ogni caso, non mi vengono in mente parole che, prese pare pare da altre lingue e scritte pare pare, influenzino la grammatica e la fonetica italiana. Per esempio, se scriviamo speaker (paro paro), lo pronunciamo all’italiana (spìcher) e addirittura lo adattiamo grammaticalmente, formando un verbo (speakerare o, per chi non conosce l’inglese, spicherare) e vari sostantivi derivati (speakeraggio/spicheraggio; speakerata/spicherata; speakerina/spicherina, ecc.). E questo avviene naturalmente (così come è assai più naturale, nel 2006, pronunciare film anziché filme, per lo meno a un livello di cultura medio-alto).
E per hobby (pronuncia italiana: òbbi), scusate, non è sufficiente l’usatissimo passatempo?

Perdonate il tono critico, spero solo di poter essere utile per evitare che la lista assuma toni eccessivamente creativo-dilettanteschi.
Non interverrei se non considerassi più che interessante l’intento del vostro lavoro.

Buona domenica! :)
fabbe
Interventi: 454
Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 20:57

Intervento di fabbe »

primastrega ha scritto:
Buona domenica! :)
Buona domenica anche a lei!
primastrega ha scritto: Per esempio, se scriviamo speaker (paro paro), lo pronunciamo all’italiana (spìcher)
Certo, infatti io credo che, anche volendo, sia molto difficile riprodurre in pieno il suono della lingua di provenienza. Il problema è che non è quello l'obiettivo. Forse secondo lei l'italiano applica il suo accento appositamente alle parole inglesi per marcare l'ambito d'uso italiano?

Riassumendo: i sostantivi sono inglesi, cercano di essere pronunciati all'inglese e si scrivono all'inglese spesso prendendo la esse al plurale.

La lista è enorme (ben oltre quella proposta qui), si incomincia da flirt, leader, authority (che oggi ho letto anche al plurale!), refrain etc.

Quei sostantivi non esprimono la diversità che distingue l'italiano come lingua (per quanto riguarda quei sostantivi).

Per i verbi - ed altri derivati - è vero quello che dice lei.
Avatara utente
Federico
Interventi: 3008
Iscritto in data: mer, 19 ott 2005 16:04
Località: Milano

Intervento di Federico »

primastrega ha scritto:Perdonate il tono critico
Le critiche sono sempre utili e bene accette.
primastrega ha scritto:spero solo di poter essere utile per evitare che la lista assuma toni eccessivamente creativo-dilettanteschi.
Non corriamo questo rischio, direi, ma certo abbiamo bisogno di "esperti settoriali" per i termini piú tecnici...
primastrega ha scritto:E per hobby (pronuncia italiana: òbbi), scusate, non è sufficiente l’usatissimo passatempo?
Pare che non sia sufficiente, no: certi "hobby" sono "piú" che passatempi.
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giulia tonelli
Interventi: 370
Iscritto in data: mar, 12 lug 2005 10:51
Località: Stoccolma

Intervento di giulia tonelli »

Hub vuol dire anche un'altra cosa, oltre a nodo. Vuol dire nodo se si parla tipo di "hub aeroportuale di Malpensa", ma hub è anche (o meglio, è prima) quel dispositivo hardware che permette di "moltiplicare" le prese di rete. È un po' come fosse una "presa multipla", solo che invece di riferirsi alla rete elettrica si riferisce alla rete dati. Si può anche decidere di non tradurlo, in questa accezione, anche perché altrimenti bisognerebbe avventurarsi nella traduzione di switch, router, cavo cross, e allora auguri. Però magari metterci una nota che nodo traduce hub in senso figurato e non letterale non sarebbe male.

Nella C manca il clacson.
fabbe
Interventi: 454
Iscritto in data: mar, 26 apr 2005 20:57

Intervento di fabbe »

Per "hub" io ho usato anche "centralina".
Chiuso

Chi c’è in linea

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