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Inviato: lun, 29 mag 2006 17:43
di Marco1971
E io cito questi due brani.
Leopardi ha scritto:[...] grandissima parte, dico, di queste voci, sono le stesse in tutte le lingue colte d'Europa, eccetto piccole modificazioni particolari, per lo più nella desinenza.
Cosa sono queste piccole modificazioni particolari? E cosa sono le desinenze?
Leopardi ha scritto:Le dette voci ch'io raccomando alla lingua italiana, sono ottime e necessarie, non sono ignobili, ma non sono eleganti. La bella letteratura alla quale è debito quello che si chiama eleganza, non le deve adoperare, se non come voci aliene, e come si adoprano talvolta le voci forestiere, notando ch'elle son tali, e come gli ottimi latini scrivevano alcune voci in greco, così per incidenza.
A mo’ di citazioni, insomma, magari sottolineate nella scrittura a mano, e in corsivo nella stampa.
Inviato: mar, 30 mag 2006 9:23
di bubu7
Federico ha scritto:C'è di buono che a furia di provocazioni e citazioni parziali ad effetto ci stiamo tutti rileggendo Leopardi...

Lei, caro
Federico, ha colto, ancora una volta, uno degli aspetti più importanti della discussione.
Un
bravo a
Infarinato per lo spirito con cui affronta l’argomento.
Quello che davvero comincia a preoccuparmi è
Marco.
Marco1971 ha scritto: Leopardi ha scritto:Le dette voci ch'io raccomando alla lingua italiana, sono ottime e necessarie, non sono ignobili, ma non sono eleganti. La bella letteratura alla quale è debito quello che si chiama eleganza, non le deve adoperare, se non come voci aliene, e come si adoprano talvolta le voci forestiere, notando ch'elle son tali, e come gli ottimi latini scrivevano alcune voci in greco, così per incidenza.
A mo’ di citazioni, insomma, magari sottolineate nella scrittura a mano, e in corsivo nella stampa.
Possibile che non riesca a capire quello che dica Leopardi?
Marco riporta la precedente citazione evidenziando (e così stravolgendo) ancora una volta il pensiero di Leopardi senza accorgersi di avere sotto il naso, nelle due righe precedenti, in vero argomento che sta trattando in quella parte lo scrittore: l’inopportunità dei forestierismi
nella letteratura.
Inviato: mar, 30 mag 2006 12:45
di Marco1971
bubu7 ha scritto:...in vero argomento che sta trattando in quella parte lo scrittore: l’inopportunità dei forestierismi nella letteratura.
Grazie, gentil bubu: senza i numinosi suoi rai a simil scoperta giammai saremmo giunti. Quello che preoccupa me, invece (e che invero mi dà da riflettere), è il suo non [voler] intendere – o ignorare per partito preso – che quanto da me evidenziato qui e altrove non ha mai avuto lo scopo, che lei mi attribuisce, di riassumere o rappresentare l’intero contenuto dei pensieri in questione, sibbene quello di lumeggiare
un aspetto, sul quale il Poeta piú volte torna in vari luoghi dell’opera sua, sia pur talvolta a margine di altre considerazioni, che è quello dello specifico carattere, della particolare indole, dell’inconfondibile natura della lingua fin entro la sua pulsante polpa. Ma di lei or piú nulla mi può stupire.
Inviato: mar, 30 mag 2006 13:34
di bubu7
Marco1971 ha scritto: ...sibbene quello di lumeggiare un aspetto, sul quale il Poeta piú volte torna in vari luoghi dell’opera sua, sia pur talvolta a margine di altre considerazioni, che è quello dello specifico carattere, della particolare indole, dell’inconfondibile natura della lingua fin entro la sua pulsante polpa...
Sì, ma quest’aspetto sul quale Leopardi torna in più luoghi, e sul quale si sofferma nel passo da lei citato, non è la presenza di barbarismi
in tutti i registri della lingua ma solo nella lingua della letteratura, ché in altri ambiti egli non contrasta l’uso dei forestierismi anzi, in certi casi, lo accoglie a causa della precisione da essi veicolata.
Riportando in grassetto solo determinate parti, come ha fatto lei, sta cercando di far passare per pensiero di Leopardi un’indebita estensione delle considerazioni del poeta a tutta la lingua. Cosa che neanche a margine dell’argomento principale è presente nel brano che stiamo trattando.
È questo tentativo di manipolazione
pro domo sua (che si evince anche dal suo commento al brano citato) che mi risulta inaccettabile.
Inviato: mar, 30 mag 2006 14:11
di Marco1971
Quando parla in generale della lingua, Leopardi accetta i forestierismi, ma, appunto, con «piccole modificazioni particolari, per lo piú nella desinenza». Avrebbe egli accettato che si scrivesse, in un trattato scientifico, analyse o analysis in vece di analisi? O oxygène e non ossigeno?
Veramente io non manipolo niente; espongo soltanto il mio modo di vedere.
Inviato: mar, 30 mag 2006 14:49
di bubu7
Marco1971 ha scritto: Avrebbe egli accettato che si scrivesse, in un trattato scientifico, analyse o analysis in vece di analisi? O oxygène e non ossigeno?
Penso di no.
Egli forse avrebbe
auspicato le piccole modifiche di cui parlava. Sarebbe invece stato contrario a rispolverare termini desueti e a proporre nuove coniazioni.
Ma queste affermazioni mi fanno venire l'orticaria.
Se vogliamo trattare Leopardi col dovuto rispetto non possiamo estrapolare le sue affermazioni dai contesti culturali e storici in cui sono state elaborate.
Possiamo parlare del suo atteggiamento nei confronti del purismo dell'epoca, del romanticismo, ma non ipotizzare cosa avrebbe accettato oggi.
Questo non toglie che possiamo meditare e trarre insegnamento dalle sue riflessioni, ma solo per elaborarne di nostre.
P. s.
Comunque, nei trattati scientifici, i termini che lei ha indicato vengono solitamente tradotti. Anche nei testi universitari, in chimica, si parla di
ossigeno e in matematica, generalmente, di
analisi.
Inviato: mar, 30 mag 2006 15:42
di Marco1971
bubu7 ha scritto:Sarebbe invece stato contrario a rispolverare termini desueti e a proporre nuove coniazioni.
Questo non mi sembra vero, parla in piú luoghi delle ricchezze antiche alle quali non dovremmo rinunziare, e dei fenomeni di derivazione, e del fatto che non si può condannare una parola che non è nel vocabolario, ecc. Un esempio (fornitomi in privato da Ladim, che ringrazio): il verbo
procombere, Leopardi lo attinse dal latino (e il Tommaseo commentava sprezzante nel suo dizionario «Lo usa un verseggiatore [!] moderno...»). Naturalmente Leopardi non poteva usare, invece di
procomberò, il latino crudo
procumbam, ma neanche optò per il vocalismo dòtto (
procumberò): egli lo toscanizzò e l’impiegò (nonostante non fosse mai stato usato da nessuno) in
All’Italia (v. 38).
Inviato: mar, 30 mag 2006 15:57
di bubu7
Non ho detto che Leopardi fosse contrario in assoluto ai termini desueti o alle neoconiazioni. Come fine classicista era contrario solo all’adozione del “linguaggio di Perpetua” tanto caro, ad esempio, al Petrocchi e ad altri epigoni manzoniani.
Io mi riferivo al caso specifico che stiamo trattando del linguaggio non letterario e, in particolare, alla citazione che ho riportato qualche intervento fa:
Leopardi ha scritto:...quando anche potessimo ritrovare nel nostro Vocabolario…
Inviato: mar, 30 mag 2006 16:20
di Marco1971
bubu7 ha scritto:Non ho detto che Leopardi fosse contrario in assoluto ai termini desueti o alle neoconiazioni.
Aveva omesso
in assoluto, che comunque non cambia la sostanza di quanto aveva affermato: o si è contrari o non si è (malgrado i buon gradi).
C’è forestierismo e forestierismo. Nel caso di concetti scientifici internazionali Leopardi dice non esser fecondo il non accettare la parola straniera (ma con quei piccoli aggiustamenti, mica cruda cruda, eh

) perché creerebbe un ostacolo alla comprensione fra Paesi. Fuori del linguaggio scientifico, però, mi par di capire invece che biasima il ricorso pedíssequo allo xenismo (si veda quella citazione, già menzionata,
in questo sito).
Inviato: mar, 30 mag 2006 16:56
di bubu7
Marco1971 ha scritto: Aveva omesso in assoluto...
Non l’avevo omesso. Per rispondere alla domanda che mi aveva fatto non era semplicemente necessario.
Marco1971 ha scritto:...che comunque non cambia la sostanza di quanto aveva affermato: o si è contrari o non si è (malgrado i buon gradi).

E invece no. La sostanza del pensiero di Leopardi sta proprio nella sua contrarietà all'uso dei forestierismi nella lingua letteraria, perché poco eleganti, ma non nella lingua comune.
Marco1971 ha scritto:C’è forestierismo e forestierismo. Nel caso di concetti scientifici internazionali Leopardi dice non esser fecondo il non accettare la parola straniera (ma con quei piccoli aggiustamenti, mica cruda cruda, eh

) perché creerebbe un ostacolo alla comprensione fra Paesi. Fuori del linguaggio scientifico, però, mi par di capire invece che biasima il ricorso pedíssequo allo xenismo...
Non è così.
Non confondiamo i
concetti scientifici col
linguaggio scientifico.
Egli dice che per i concetti scientifici o comunque universali, si può ricorrere,
nel linguaggio comune, anche al barbarismo.
Biasima, ovviamente, il ricorso pedissequo al termine di origine straniera.
Inviato: mer, 31 mag 2006 11:18
di Incarcato
Bubu7
dixit:
La sostanza del pensiero di Leopardi sta proprio nella sua contrarietà all'uso dei forestierismi nella lingua letteraria, perché poco eleganti, ma non nella lingua comune.
A me pare che qui si faccia un po' di confusione e si perda di vista il punto di partenza fondamentale di tutta la spinosa questione del
morbus.
Qui non è questione di capire se Leopardi fosse contrario o no all'uso degli xenismi nel linguaggio comune, da cui si vorrebbe far seguire che se Leopardi era di questo parere allora dovremmo esserlo anche noi; la questione invece è
fino a che punto tali xenismi vadano tollerati.
Cioè, ci dovremmo accordare, magari — questo sí — anche coll'aiuto di Giacomino (

), sul livello che per noi, oggi, è stimabile pericoloso per l'integrità dell'italiano.
Se ho solo ribadito una banalità, ditelo pure.
Inviato: mer, 31 mag 2006 11:53
di bubu7
Non ha detto una banalità, ma mi sembra che sia lei a fare un po’ di confusione.
L’argomento principale di questo filone, sebbene ci siano state delle divagazioni, è la posizione di Leopardi sui forestierismi.
La mia osservazione, da lei citata, è quindi perfettamente in tema.
Detto questo, personalmente mi sono sempre mostrato refrattario, sicuramente più di altri interlocutori, a trarre conseguenze dal pensiero di Leopardi che fossero immediatamente applicabili all’oggi.
Inviato: mer, 31 mag 2006 12:08
di Incarcato
Sí, certo; ma a suo avviso Leopardi sarebbe stato favorevole ai forestierismi nella lingua comune a qualunque condizione o soltanto fino a una certo segno? Questo è il punto.
Inviato: mer, 31 mag 2006 13:16
di bubu7
Questo non è il punto.
La sua domanda propone solo un gioco che nessuna seria metodologia storica può assecondare.
Non posso che ribadirle la mia allergia nei confronti di questi ragionamenti, fermo restando quanto affermavo in precedenza:
Questo non toglie che possiamo meditare e trarre insegnamento dalle sue riflessioni, ma solo per elaborarne di nostre.
Inviato: mer, 31 mag 2006 13:50
di Incarcato
Quindi il pensiero di Leopardi deve rimanere confinato al suo secolo e non è applicabile oggi?