Marco1971 ha scritto:Freelancer ha scritto:Marco, lei come me ha letto attentamente i vari saggi di Migliorini sui neologismi e forestierismi - a volte mi chiedo anzi se io e lei siamo gli unici qui ad averli letti - e sa quindi che adoperare un certo termine è solo uno dei requisiti perché esso scalzi un altro termine ormai radicato nell'uso.
Lei stesso – o era bubu7? – ha detto, se non erro, che l’epoca del Migliorini favoriva l’attecchimento dei sostituti italiani, o qualcosa del genere. Non ho ora ben presenti gli altri requisiti, ma mi pare che la diffusione da parte di mezzi ad ampio raggio come i mèdia, in primo luogo, e vari forum, in secondo luogo, siano strumenti non del tutto incapaci di dare il via alla «riforma dell’italiano».

Visto che lei mi costringe a dirlo... Scrive Migliorini: "Come attraverso le lingue speciali, dei tecnici, si sono diffusi gran parte dei forestierismi, così le loro surrogazioni hanno attecchito ogni volta che hanno potuto essere portate all'uso generale dai
competenti." (corsivo mio)
E poi passa agli esempi di
regista che sostituì
metteur en scène perché, tra l'altro, energicamente appoggiata da un'autorità in materia teatrale come quella di Silvio D'Amico, e di
primato che la vinse su
record per l'uso che ne fece il Ministero dell'Aeronautica.
Ossia: se *
computiere fosse sostenuto dalla Microsoft e dagli specialisti dell'informatica, forse prima o poi potrebbe sostituire
computer; se
abbuio (proposto da Castellani) fosse adoperato costantemente dall'Enel, nel tempo sostituirebbe
blackout. Ma finché i sostituti vengono proposti - mi creda, non voglio offendere né lei né nessun altro - da un pinco pallino, nessuno o quasi ci farà caso.
Marco1971 ha scritto:Gl’italiani non si sono mai messi d’accordo su nulla, e men che meno sulla lingua.
Scherza, vero? Tutti gli italiani (quasi tutti, se le fa piacere) si sono messi d'accordo su
computer,
file (per favore non mi si porti l'esempio di
archivio usato sul Mac, stiamo parlando di termini ampiamente diffusi),
marketing e così via.
Marco1971 ha scritto:
Freelancer ha scritto:Sull'insistenza a rifutarsi di accettare che ormai computer è parola usata dal 99,99 percento degli italiani, sia nello scritto (libri, manuali e chi più ne ha più ne metta) sia nel parlato, che dire tranne che con questo atteggiamento si dimostra - almeno riguardo a questo termine come pure a marketing e altri analoghi - di essere avulsi dalla realtà linguistica in cui si vive?
Se preferisce il conformismo, non sarò certo io a poterglielo o volerglielo impedire. Ma finché sussiste un barlume di buon senso e la volontà di preservare la lingua da influssi difficilmente definibili proficui, credo che ci si debba opporre a parole cosí poco sensate come
computer e
marketing, anche se le usa la sua forse ottimistica percentuale.
Per favore, Marco, non confonda il conformismo - ossia l'abuso degli anglismi - con l'impiego di termini ormai radicati nell'uso, particolarmente dei tecnicismi, per la loro stessa natura recalcitranti alle surrogazioni.
Marco1971 ha scritto:
Anzitutto, footing e autostop sono creazioni francesi e non italiane, e questo lo saprà visto che ha il GRADIT e può consultare il TLFi in linea. L’Italia, com’è suo costume, ha accolto i termini cosí. Trotterello e fermauto sarebbero proposte sostenibili. Lei certo non si starà schiantando dal ridere, vista la sua sensibilità linguistica – e il suo conclamato interesse in materia.
D'accordo su
footing (ma accolto subito dagli italiani perché avrebbe potuto essere creato da loro secondo un procedimento tipico, come quello che ha portato a
baby parking) non tanto su
autostop perché è un termine internazionale (ma non nei paesi di lingua inglese ovviamente).
Se lei cerca di sostituire un falso esotismo, non afferra il punto, ossia che esso nasce rispondendo a un'esigenza dei parlanti - deprecabile se vuole ma esistente - di tecnicità e monoreferenzialità.
Marco1971 ha scritto:
In definitiva, non capisco la sua mancanza d’iniziativa e la sua passività di fronte all’uso imperante, a meno che le giustifichino motivi personali, come quelli esposti da Giulia Tonelli.
Le ho già detto altre volte che non sono passivo; nel mio lavoro traduco quanto più posso, quando magari altri traduttori lascerebbero in inglese, ma ho dei vincoli precisi, ossia devo adeguarmi all'uso e al registro del settore in cui sarà letto il documento che traduco; nell'uso non professionale potrei distaccarmi dagli anglismi ormai radicati (non quelli inutili, che non uso comunque) ma non ne vedo il motivo. Si tratta di gusto personale direi; il suo va in una certa direzione, accoglie moduli linguistici ormai superati, ossia cerca di ripetere le operazioni che ci hanno dato
bistecca,
bolina e così via - superati nel senso che il metodo alla loro base viene ormai rifiutato dalla maggioranza dei parlanti, quindi dall'uso.
Per quanto riguarda l'abuso degli anglismi, non mi dispiacerebbe fare qualcosa, ma in modo mirato, mentre vedere buttare tutto nello stesso calderone, ad esempio considerare l'uso (orami stabilizzato) di
computer alla strega dell'uso ridicolo di
agreement per
accordo (prendo a caso dall'elenco), mi causa una reazione di rigetto, mi dispiace vedere sprecate così energie che potrebbero essere indirizzate meglio. Le buone intenzioni ci sono, ma la metodologia è carente.