Be', intanto per cominciare, perché codesti termini, con l'eccezione di "fine settimana", non sono traducenti, in senso stretto. Sono comuni parole italiane, che si sono affermate prima dell'introduzione dei forestierismi e sono rimaste termini comuni per tutto questo tempo.
Il fatto, che convivano insieme ad un termine straniero che esprime esattamente lo stesso concetto, è più che altro il risultato del modo e modello di espressione contemporaneo, che pregia la
variatio e lo sfoggio di erudizione. Il termine straniero così consente sia di variare, che di mostrare la conoscenza delle lingue. Aggiungo anche che tale tendenza non è nuova, se non nelle dimensioni e nella percezione (il
latinorum di Don Abbondio è oggetto di ridicolo, l'itanglese di certi commentatori è oggetto di ammirazione).
Ci sono già state
alcune riflessioni, tra queste pagine, su questi moderni stili di espressione.
La ragione per cui "fine settimana" sia diventato parola comune a fianco di "weekend", mi pare che possa ascriversi all'evidente difficoltà, per l'italiano che non conosce l'inglese, a riconoscere, leggere ed interpretare il termine scritto, anche avendolo incontrato oralmente. Altri termini diffusisi più o meno nello stesso periodo, come "bar", "film", "stop", non ponevano quel problema.
Inoltre c'è un problema di trasparenza: "fine settimana" si può comprendere rapidamente senza averlo mai sentito prima; "pellicola" per "film" richiede di sapere come fossero tecnicamente realizzati i
film, cioè impressionando tramite un apposito apparecchio una sottile striscia di celluloide, chiamata "pellicola". Così "pellicola", in contesto cinematografico, oggi è termine da "specialisti", mentre "film" è il termine più comune.
Si tratta, insomma, di una situazione completamente diversa rispetto a quella di un termine nuovo, che entra nel linguaggio comune prima di essere seguito da un brutto traducente, che non ha alcuna speranza di sostituire la parola straniera, né alcun merito per farlo.