Lo Stato e la Crusca
Inviato: dom, 07 ott 2007 15:33
What a surprise!
Leggete qui…

Spazio di discussione sulla lingua italiana / Discussion board on the Italian language
https://www.achyra.org/cruscate/
Penso di poter prevedere la risposta di Severgnini: che per parlare di giornalismo bisogna aver studiato e praticato il giornalismo, mentre un giornalista si occupa per mestiere della scrittura e quindi è autorizzato a parlare di lingua. Infatti, come aveva detto Otto Jespersen (ce lo racconta Bruno Migliorini in Purismo e neopurismo, "[...] non c'è campo delle conoscenze umane in cui il primo venuto creda d'aver maggior titolo ad esprimere senza studio scientifico una propria opinione che nelle questioni concernenti la lingua materna: [...]".Dario Brancato ha scritto:A tali sconfinamenti da parte dei giornalisti nel mondo della linguistica nessuno controbatte: nessuno, infatti, si sognerebbe mai di dare a Severgnini lezioni di giornalismo (già mi immagino i velenosi inviti da parte del giornalista di Crema a non immischiarmi nella deontologia professionale se scrivessi "Giornalismo: lezioni semiserie").
In realtà, secondo me, le risorse finanziarie ci sarebbero, se fossero distribuite con maggior senno; e sicuramente ci sarebbero linguisti che, degnamente retribuiti, si dedicherebbero alla terminologia.Freelancer ha scritto:E chiunque si rende conto che questo sarebbe un lavoro a tempo pieno per più persone semplicemente per produrre un manipolo di termini (dieci? quindici?) ogni settimana.
Insomma, mancano le risorse finanziarie (senza parlare del fatto che non tutte le persone - anzi forse poche - con le competenze adatte, vorrebbero dedicare le proprie forze esclusivamente alle ricerche terminologiche).
Questo è vero, caro Roberto, ma dobbiamo ricordare che anche dopo il ventennio Migliorini auspicava una maggiore attenzione da parte dei linguisti nei confronti di quei processi che avrebbero potuto indebolire la compattezza della lingua (pur riconoscendo improponibile un intervento del tipo di quelli proposti durante il periodo fascista). È lo stesso atteggiamento che, seppure in maniera più sfumata, ha Serianni.Freelancer ha scritto: Chi invece potrebbe parlare in modo autoritativo, ossia gli specialisti, ossia i linguisti, come ancora dice Migliorini nel saggio Primi lineamenti di una nuova disciplina: la linguistica applicata o glottotecnica, schiva questo compito perché "[...] il loro storicismo...li induce a rifiutare ogni intervento in quello che essi ritengono il fatale andare delle lingue."
Ricordiamo anche che il fiorire di tentativi "pubblici" di traduzioni e adattamenti, che Migliorini cercò di guidare con oculatezza, ebbe luogo nel periodo di autarchia linguistica. Chi mai (intendo: tra i linguisti) scriverebbe oggi articoli come Come tradurre guardrail? che Migliorini scriveva spesso?
Anch’io! Secondo me il fatto è che non si capisce bene che mantenere integra la lingua non significa affatto adottare una politica linguistica di rigetto in blocco dei forestierismi; significherebbe, invece, adottare solo quelli indispensabili (che non si possono tradurre o rendere con neoconi), adattandone almeno la grafia – se troppo costa andare fino in fondo e fare l’adattamento completo (come bovindo da bow-window).Dario Brancato ha scritto:...concordo con il principio di fondo dell'autrice, cioè sul fatto che sarebbe ora di superare l'equazione che pone sullo stesso livello fascisti e difensori della lingua.
Ciò che trovo allarmante è proprio il fatto che molti linguisti ritengano del tutto normale lasciare che si saccheggi la lingua, e che se ne lavino le mani col nobile concetto di «evoluzione spontanea», atteggiandosi a elaboratori elettronici che non oltrepassano la dimensione analitica per giungere a una visione critica.Dario Brancato ha scritto:Solo cosí, infatti, sarebbe possibile ridestare l'interesse dei linguisti. Per tale ragione, sono d'accordo con Marco e Roberto: secondo me (ma forse sono ingenuo) la creazione di un osservatorio sulla lingua patrocinato dallo stato, non sarebbe né impossibile, né costosa. Si potrebbe, infatti, alleviare l'onere dei costi richiedendo la collaborazione delle università straniere e degli istituti italiani di cultura. E chissà che non salti fuori un vecchio mecenate pronto a donare un milione di dollari alla Crusca...