Le parole che non cambiano

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Moderatore: Cruscanti

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LCS
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Le parole che non cambiano

Intervento di LCS »

Buongiorno.

Le parole in oggetto costituiscono il titolo di un articolo apparso oggi su "Corriere.it" (qui); mi permetto di segnalarlo per gli interessati a cui fosse sfuggito. Sempre sulle pagine elettroniche del Corsera, nel forum "Italians" di Servegnini è anche presente questa riflessione del giornalista.

Buona giornata
ECG
CarloB
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Intervento di CarloB »

Due osservazioni.
Perché non gugolare invece di googlare? Severgnini non ci legge :(
Disattenzione (sciatteria?) giornalistica. L'università di Reading, dove ha insegnato per decenni il nostro Meneghello, è diventata di Reding, come l'eurocommissaria Viviane.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Grazie mille per le segnalazioni, cara LCS.

Per quanto riguarda il primo articolo, quello sulle parole che non cambiano, mi sembra pieno di fesserie (l'articolo, non lo studio che non conosco).
L'articolo di Severgnini penso che sia al di sotto delle sue possibilità con molte osservazioni superficiali.
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
Bue
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Intervento di Bue »

Beh io invece (tanto per contraddire bubu :mrgreen:) gli ho scritto per complimentarmi, e per comunicargli che per jet-lag esiste "mal di fuso", da me usato nella mia ultima traduzione, di prossima pubblicazione (sapete com'e`, se non ci si aiuta tra noi autori...)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

E comunque, gugolando, si vede che comincia a diffondersi. Ecco un esempio dal sito TRECCANI Scuola:
La delicatezza di questi meccanismi segnatempo è provata da un fenomeno di cui si parla con frequenza e che è strettamente correlato col tema del viaggio di cui ci occupiamo in questo numero: il jet lag. Parola inglese di difficile traduzione (potremmo dire ‘mal di fuso orario’), sta a indicare la sindrome dovuta al rapido cambiamento di luogo che oggi ci è consentito dai viaggi aerei intercontinentali, e che si manifesta con disturbi del sonno, dell’apparato digerente, malessere generale, stanchezza.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Qualche motivazione alla mia precedente osservazione sull'articolo di Severgnini.
Severgnini ha scritto:Però, lo ammetto: non ho mai letto, né sentito, il verbo skypare (pronuncia, "scaipare"). L'ho usato d'istinto perché la traduzione italiana - "telefono con Skype" - è più lunga (sedici lettere contro cinque). Per lo stesso motivo, credo, s'imporrà googlare (= "cercare con Google", celeberrimo motore di ricerca). Le resistenze dipendono dalla coniugazione del verbo, un po' goffa ("Gloria mi ha detto d'avermi googlato. E se la googlassi anch'io?").

Da come parla sembra che questo modo di formare verbi da un anglicismo sia insolito, invece è normalissimo. Un po' di riflessione da parte di Severgnini avrebbe consentito di presentare questo procedimento come usuale e non come una sua trovata originale.
Severgnini ha scritto:Non va sempre così. Lettera, telegramma e email non hanno prodotto verbi all'altezza. Letterare, telegrammare ed emailare si sono schiantati (giustamente) al primo ostacolo. Non c'è stato bisogno di commissioni ministeriali: il tribunale dell'uso è più spietato. I parlanti e gli scriventi - orrendi participi presenti, ma rendono l'idea - sono saggi, risparmiano energie, hanno orecchio e fantasia.

Quindi con scannerare o scannerizzare si risparmierebbero energie e con letterare no... :roll:
Severgnini ha scritto:Torniamo ai neologismi legati a tecnologie, scoperte o nuove abitudini. Perché alcuni si sono imposti nella lingua originale (quasi sempre l'inglese), mentre altri hanno sfondato in traduzione?

Risposta: se troviamo rapidamente un buon equivalente italiano, lo utilizziamo volentieri (a parte i modaioli, i pigri, i pavidi e i conformisti). E' il caso di tastiera per keyboard. schermo per screen, allegato per attachment, scaricare per download. Niente da fare, invece, se la traduzione è inefficace (puntatore per mouse), pedante (collegamento per link), inesistente (marketing!) o troppo lunga (malessere che segue i lunghi viaggi aerei dovuto al rapido cambiamento di fusi orari invece di jet-lag: ora che lo si pronuncia, si è arrivati a destinazione).

Non capisco perché collegamento sia pedante e allegato no. Questa spiegazione è troppo a posteriori: si parte dall'osservazione dell'esistente e si cerca una spiegazione, in questo caso molto discutibile.
Severgnini ha scritto:Quindi, ora dobbiamo decidere: cosa ne facciamo di skype e google? Traduciamo, conserviamo, coniughiamo? Io ho scelto: dall'Australia, skyperò. Voi, fatemi sapere.
Infine manca qualsiasi osservazione sullo stato della nostra lingua, su cosa sia l'italiano e quali siano i suoi problemi e le possibili soluzioni.
Viviamo nel migliore dei mondi possibili e qualsiasi scelta facciamo ha lo stesso peso culturale: io ho scelto questo, voi cosa scegliete?
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Marco1971
Moderatore
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Condivido in toto le osservazioni di bubu7. Ma Severgnini linguista non è (che io sappia), sicché possiamo essere clementi e perdonargli qualche leggerezza.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Bue
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Iscritto in data: lun, 08 nov 2004 11:20

Intervento di Bue »

E ogni tanto dice qualche sciocchezzuola, come quando sostenne che il "piuttosto che" disgiuntivo milanese sarebbe mutuato da "rather than" in inglese. :shock:
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Freelancer
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Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37

Intervento di Freelancer »

bubu7 ha scritto:Qualche motivazione alla mia precedente osservazione sull'articolo di Severgnini.
Severgnini ha scritto:Però, lo ammetto: non ho mai letto, né sentito, il verbo skypare (pronuncia, "scaipare"). L'ho usato d'istinto perché la traduzione italiana - "telefono con Skype" - è più lunga (sedici lettere contro cinque). Per lo stesso motivo, credo, s'imporrà googlare (= "cercare con Google", celeberrimo motore di ricerca). Le resistenze dipendono dalla coniugazione del verbo, un po' goffa ("Gloria mi ha detto d'avermi googlato. E se la googlassi anch'io?").

Da come parla sembra che questo modo di formare verbi da un anglicismo sia insolito, invece è normalissimo. Un po' di riflessione da parte di Severgnini avrebbe consentito di presentare questo procedimento come usuale e non come una sua trovata originale.
A me sembra (correggetemi se sbaglio) che il procedimento di creare un denominale sia normalissimo quando il nome è comune (film: filmare) o da proprio è diventato comune (boycott: boicottare), mentre negli altri casi è improprio (secondo me: affettazione).

Nel caso di Google siamo in una fase intermedia, perché ancora non esiste (magari esisterà tra anni) nel senso linguistico google (con la minuscola, si badi bene) nel significato cercare in rete. Ci sono ancora, e vengono adoperati, altri motori di ricerca.
Questo vale ancora di più nel caso di Skype, che è ben lontano dal significare telefonare tramite Internet a esclusione di qualsiasi altro prodotto analogo.

Occorre poi distinguere tra il caso in cui la mancanza di spazio rende lecito qualsiasi codice o stravolgimento della norma linguistica - già lo si faceva scrivendo i telegrammi, e quindi sbalordendosi per un banale skypo in un sms si scopre l'acqua calda - dalla conversazione o scrittura normale in cui non ci sono esigenze di brevità assoluta e in cui, al contrario di quanto scrive Severgnini, il fatto di abusare degli assolutamente e roba del genere non è un altro discorso, bensì l'altra faccia della medaglia. Ossia, chi vorrebbe a tutti i costi dire o scrivere scaipare o gugolare anziché telefonare con Skype o cercare con Google lo fa perché crede di essere moderno, sbrigativo, efficace ecc. (non mi riferisco necessariamente a chi frequenta questo forum) e poi magari inzeppa i propri scritti di ridondanze, periodi farraginosi e così via; sappiamo che la concisione è privilegio di pochi.
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Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Freelancer ha scritto:A me sembra (correggetemi se sbaglio) che il procedimento di creare un denominale sia normalissimo quando il nome è comune (film: filmare) o da proprio è diventato comune (boycott: boicottare), mentre negli altri casi è improprio (secondo me: affettazione).
Esistono tuttavia verbi tratti dal nome d’un autore + -eggiare: boccacceggiare, leopardeggiare, dannunzieggiare, ecc. Per quanto mi riguarda, non vedo nulla d’improprio nel dire, familiarmente, gugolare o scaipare.

P.S. Si pensi anche al verbo coventrizzare (dalla città inglese Coventry).

P.P.S. Il verbo to google esiste.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Freelancer
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Iscritto in data: lun, 11 apr 2005 4:37

Intervento di Freelancer »

Marco1971 ha scritto:
Freelancer ha scritto:A me sembra (correggetemi se sbaglio) che il procedimento di creare un denominale sia normalissimo quando il nome è comune (film: filmare) o da proprio è diventato comune (boycott: boicottare), mentre negli altri casi è improprio (secondo me: affettazione).
Esistono tuttavia verbi tratti dal nome d’un autore + -eggiare: boccacceggiare, leopardeggiare, dannunzieggiare, ecc. Per quanto mi riguarda, non vedo nulla d’improprio nel dire, familiarmente, gugolare o scaipare.

P.S. Si pensi anche al verbo coventrizzare (dalla città inglese Coventry).

P.P.S. Il verbo to google esiste.
Naturalmente la parola improprio che ho usato è sbagliata, avrei dovuto scrivere insolito. E concordo con Marco (ma l'ho già accennato sopra), to google sta diventando un verbo comune. Ma come si vede nell'esempio della ragazzina che dice (trasformiamolo in italiano) gugolavo le mie calze, il significato si diluisce, si banalizza. Ovviamente è questione di gusto personale, ma a me fa un po' effetto vedere usare il verbo per dire una frase banale come ho cercato con Google, mi fa più o meno lo stesso effetto di chi indossa abiti griffati o anche una semplice camicetta con il nome dello stilista e ne diventa una pubblicità ambulante.
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