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[NAP] scaienza

Inviato: gio, 20 ott 2005 18:01
di atticus
Alla fine del secondo atto di Non ti pago (autore Eduardo De Filippo), il protagonista Ferdinando Quagliuolo lancia la maledizione a Mario Bertolini, "colpevole" d'aver vinto al lotto grazie ai quattro numeri che il padre del primo ha dato in sogno al secondo:
«... peste e culera, friddo e miseria, scaienza e famma dint' 'a casa 'e Bertolini...»
Qui urge l'intervento di un parte-nopeo, affinché il significato di "scaienza" mi si chiarisca. Grazie.[/b]

Inviato: gio, 20 ott 2005 18:42
di arianna
Avendo letto la commedia un po' di tempo fa, mi sembra di ricordare che il termine scaienza significherebbe scadenza, povertà ma non ne sono piu' sicura, allora possedevo il dizionario del dialetto napoletano e mo' non ce l'ho piu' :-(
Attendiamo lumi :wink:

Inviato: gio, 20 ott 2005 18:56
di arianna
Ho trovato il significato vuol dire "sfortuna"

Inviato: gio, 20 ott 2005 19:46
di amicus_eius
In effetti dovrebbe derivare da un'ipotetica voce tardo-latina *excadentia, scadenza, scadimento, avaria (del cibo), donde poi danno, infortunio, dispendio, scalogna (trapasso semantico inevitabile, in una società agricola). Fra l'altro, il passo di "Non ti pago" ha in tal senso un'esemplare dittologia: "scaienza e famma". Il termine è vernacolo stretto ed ha connotazione greve e dura, da napoletano delle età oscure delle dominazioni, come ben si addice alla cupissima maledizione, che in sé e per sé non ha nulla di comico: si tratta dell'invocazione che un paterfamilias adirato rivolge ai mani: da quel momento lo sventurato futuro genero del protagonista diventa sacer, perseguitato da un genius familiare ostile, la cui minaccia continuerà a pendere sul capo del misero Bertolini anche dopo la conciliazione finale.

Inviato: gio, 20 ott 2005 22:04
di atticus
Ringrazio Arianna e Amicus eius; e approfitto subito subito del secondo per domandargli se il dialetto usato da Eduardo fosse stato, come dire, "recuperato" dal grande drammaturgo, piuttosto che ripreso tal quale. Mi pare, infatti, che alcuni termini erano in disuso già ai suoi tempi.

Inviato: ven, 21 ott 2005 9:42
di u merlu rucà
http://www.classicitaliani.it/muratori/dissert19.htm
Il Du-Cange interpreta la voce Excadentia così: Bona caduca, quae in Fiscum cadunt, seu ex commisso, seu alia quavis ratione. Quanto a me, credo significar quella voce le eredità de’ pellegrini e forestieri che mancavano di vita senza far testamento, e senza eredi chiamati dalla legge, le quali erano prese dal Fisco. Ludovico Antonio Muratori Antichità italiane Dissertazioni DISSERTAZIONE XIX De’ Tributi, delle Gabelle,
e di altri oneri pubblici de’ secoli barbarici
Forse si può togliere l'asterisco da excadentia :wink:
P.S. Finalmente un po' di vita nel filone dialetti.

Inviato: sab, 22 ott 2005 17:07
di amicus_eius
In effetti l'asterisco l'avevo messo, perché la voce excadentia non era proprio classica classica -nel mio intervento era intesa come femminilizzazione di un neutro plurale, non come neutro plurale tout court, quindi si era in profondo sermo vulgaris, anzi, quasi in mano al protoromanzo... :wink:

Sul dialetto di Eduardo, rispondo ad Atticus.

In effetti non so se certi termini fossero in disuso. Molto più verosimilmente, si tratta di parole vernacole all'epoca ancora vive in uno strato nativo del dialetto, nelle profondità del ventre di Napoli, forse nella parlata benaugurale (o malaugurale) degli anziani (si sa, la formula magica, lo *ious indeuropeo, ha un linguaggio iperconservativo :lol: ). Oggi sicuramente è assai difficile trovare qualcuno che parli un vernacolo tanto scrio.

Un altro aspetto interessante nella maledizione del protagonista di "Non ti pago" è la struttura metrico-verbale, nettamente scandita e caratterizzata da omeoteleuti:

"...peste e culera
fame e miseria
scaienza e famma
in casa Bertolini fino alla settima generazione..."

Raccogliendo dalla parlata viva la dinamica comunicativa della formularità rituale, Eduardo ha riproposto inconsciamente la struttura e la valenza comunicativa del carmen, il canto incantesimo filastrocca religiosa, magica, giuridica del latino arcaico, che di questi parallelismi si serviva. Viene in mente la preghiera benaugurale dei suovetaurilia (sacrificio di un maiale, una pecora e un toro per purificare i campi)riportata da Catone il Vecchio nel De agri cultura (e risalente a epoche remotissime della latinità):

Uti tu morbos
visos invisosque
calamitates
intemperiasque
prohibessis defendas averruncesque...


("che tu possa allontanare, stornare, annientare i morbi visibili e invisibili, le calamità e le intemperie...")

Quasi che nell'area più antica del mondo greco-italico certi archetipi strutturali siano rimasti immutati negli ultimi venticinque secoli...