Pagina 1 di 1

partecipare a una gara

Inviato: lun, 14 apr 2008 17:25
di bartolo
Nella frase «partecipare a una gara» si individua secondo voi un complemento di fine o di termine (o altro)?

Grazie :roll:

Re: partecipare a una gara

Inviato: mar, 15 apr 2008 0:06
di Fausto Raso
bartolo ha scritto:Nella frase «partecipare a una gara» si individua secondo voi un complemento di fine o di termine (o altro)?

Grazie :roll:
Probabilmente sarò in errore. Nella frase su riportata non vi ravviso nessuno dei due complementi. Ci "vedrei" un complemento di luogo figurato.
Che ne pensa il cortese Marco 1971?

Inviato: mar, 15 apr 2008 8:31
di Ladim
Termine.

Inviato: gio, 17 apr 2008 20:04
di Fausto Raso
Gentile Ladim, facendo l'analisi logica, quindi, della proposizione Giovanni partecipa a una gara di scacchi, avremo:
Giovanni soggetto
partecipa predicato verbale
a una gara complemento di termine
di scacchi complemento di specificazione.

È cosí? grazie

Inviato: ven, 18 apr 2008 11:37
di Ladim
La 'persona' o la 'cosa' a cui è 'destinato' il senso del processo verbale (o il concetto espresso da un aggettivo) corrispondono a quello che le grammatiche individuano coll'etichetta di «complemento di termine». Il «complemento di fine», in certo modo, può essere inquadrato come una sua sottospecie: qui il processo verbale prende su di sé il concetto di destinazione, ma 'mirato' ad acquisire un risultato. Invitare qualcuno a pranzo è di fine, questo libro appartiene a Marco è di termine; nel secondo caso l'azione è per dir così statica, nel primo telica. Anche partecipare a una gara contiene un processo stativo – diversamente in andare a caccia è telico (= 'andare per cacciare'; ma in andare a teatro ancora stativo [termine], ché non può voler dire 'andare per il teatro').
Fausto Raso ha scritto:Gentile Ladim, facendo l'analisi logica, quindi, della proposizione Giovanni partecipa a una gara di scacchi, avremo:
Giovanni soggetto
partecipa predicato verbale
a una gara complemento di termine
di scacchi complemento di specificazione.

È cosí? grazie
È così.

Inviato: ven, 18 apr 2008 16:41
di Bue
Ladim ha scritto:Invitare qualcuno a pranzo è di fine [...] ma in andare a teatro ancora stativo [termine]
Quindi "invitare qualcuno a teatro" è di fine, mentre "andare (con qualcuno) a teatro" è di termine?

Io non ci vedo tutta questa differenza, francamente.
Se "partecipare a" regge il complemento di termine, immagino lo regga anche "prender parte a". E allora "far parte di", che a me sembra uguale? Specificazione?
Da quando mi sono stati instillati tempo fa, ho sempre piu` dubbi sull'utilita` e sul senso della moltiplicazione dei complementi nell'analisi logica. Se il concetto di "partecipare" regge "logicamente" il complemento di termine, perche' ad esempio in inglese regge la preposizione "in"?
Voglio dire - ribadendolo - e` davvero necessario sforzarsi di catalogare e classificare il tipo di complemento? Perche' non basta dire e sapere qualcosa del tipo " Il verbo 'partecipare' regge (un complemento obliquo introdotto dal)la preposizione 'a' "?

Inviato: sab, 19 apr 2008 19:33
di Marco1971
Credo che Ladim abbia già risposto, e in maniera esauriente.

Inviato: sab, 19 apr 2008 20:00
di Ladim
Per il caro Bue, sommariamente.

Che invitare introduca un 'riempimento' di fine mi pare pacifico. Su andare, grava un'ipotesi – sembrerebbe che in determinati contesti possa anche indicare un'abitudine a frequentare una certa circostanza, e la contesa, nel mio esempio in particolare, coinvolgerebbe comunque il concetto di 'direzione' (complemento di moto) e quello di 'destinazione' (complemento di termine), escludendo la 'finalità'.

Così, andare fisicamente a teatro con qualcuno vorrebbe un complemento di 'moto' senz'altro; se mi vuol tener buona l'«inutile» mia sottigliezza (per cui andare diverrebbe un verbo indicante uno 'stato' e non più un 'movimento' etc.), di 'termine' (resta ferma la differenza tra i Suoi due primi esempi, che non possono essere confusi: procedere verbum de verbo è una prassi poco utile anche se dobbiamo interpretare una sola lingua).

Per il resto, non è un caso troppo insolito scoprire che con una stessa sostanza del contenuto possiamo immaginare differenti realizzazioni: prendere parte a un movimento e far parte di un movimento – dimenticandoci per un attimo dell'aspetto verbale (altrimenti fondamentale) etc. – potrebbero dire anche la stessa cosa in modo diverso: nel primo caso si usa l'idea della 'destinazione', nel secondo, l'idea della 'specificazione': nulla osta.

È ancora meno sorprendente vedere come il latino determini, ad esempio, col dativo lo stesso verbo [e costruisca anche la stessa idea] che l'italiano determina col sociativo (gratulor alicui vs mi congratulo con qualcuno); o, per un altro aspetto, vedere ancora nell'italiano un verbo costruito coll'accusativo prima e con una specificazione poi (sempre collo stesso significato): appropriarsi il vs appropriarsi di (lasciamo da parte le considerazioni più e meno puristiche).

In linea di massima, non è il concetto di 'destinazione' a imporre assolutamente l'uso di una preposizione in particolare; ma è la lingua che sceglie di esprimere [a suo modo] quel concetto 'con' o 'senza' preposizione, e se 'con', con quale.

Sul senso della catalogazione: dipende. Può essere un esercizio ad ogni modo utile; oppure ozioso (detto un po’ banalmente: che la terra giri o meno intorno al sole è un'informazione tutto sommato utile soltanto a pochi, mi pare).

Poi, direi che può essere sufficiente aver chiare le funzioni sintattiche fondamentali (che possiamo chiamare ancora nominativa, genitiva, dativale, accusativa, ablativa, locativa, di moto etc.), e approfondire l'analisi solo quando il buon senso lo richiede (e la mia può rimanere una piacevole conversazione in uno spazio di discussione linguistica).